venerdì, agosto 12, 2016
In Libia continua l’assalto a Sirte, roccaforte dei jihadisti dello Stato Islamico nel Paese.

Radio Vaticana - Per le forze libiche la città è riconquistata al 70% mentre continua il sostegno dell’aviazione americana e dei britannici. Confermata dalla Farnesina anche la presenza di forze speciali italiane, con compiti di supporto e di addestramento. Il servizio di Michele Raviart: ascolta

“Sirte sarà liberata in due giorni, dopo aver ripulito la città dalle bombe, dagli ordigni e dalle mine lasciate dai jihadisti”.

Lo afferma il portavoce del generale libico Al-Ghasri, il giorno dopo la conquista del Centro Ouagadougou, quartier generale dello Stato Islamico nella città. Almeno sedici i miliziani libici uccisi negli scontri di ieri, mentre si ignora il numero delle vittime dei jihadisti, che rimangono assediati in tre aree residenziali e in una villa vicina al mare. Postazioni bombardate da oltre trenta raid americani, che insieme ad altri Paesi occidentali stanno sostenendo lo sforzo militare dell’esercito libico e delle milizie fedeli al governo. Tra questi anche l’Italia, che ha inviato alcune decine di uomini dei corpi d’élite per svolgere operazioni a Tripoli, Misurata e Bengasi. Una risposta all’aiuto chiesto dal premier libico Al-Serraj, ha spiegato il ministro degli Esteri italiano Gentiloni, per dei soldati che rispondono direttamente al presidente del Consiglio e ai servizi segreti.

Lo sforzo internazionale si sta dimostrando decisivo per sconfiggere l’Is, afferma Massimo Campanini, professore di Islamistica e storia dei Paesi islamici all’Università di Trento: ascolta

R. – E’ evidente che l’intervento militare può essere risolutivo e questo ci conduce in qualche modo a chiederci ancora una volta come mai si sia aspettato così a lungo a intervenire in maniera decisa. Questo, non solo in Libia ma anche in Siria e nel Nord dell’Iraq. Questo dimostra anche il fatto che l’Is, dal punto di vista militare, sul campo è destinato alla sconfitta, cioè non ha la forza militare per poter resistere effettivamente a una coalizione internazionale. E questo, naturalmente, può essere pericoloso nella misura in cui chi non ha la forza militare per resistere sul campo, più facilmente poi ricorre al terrorismo.

D. – Dando per scontato poi – ma lo dicono le stesse forze militari libiche – che lo Stato islamico sparirà dalla Libia, almeno questa è l’intenzione: qual è il futuro della Libia senza lo Stato islamico?

R. – Credo che lo Stato islamico non sia mai stato veramente in grado di determinare le condizioni e l’evoluzione della Libia, a prescindere da un coinvolgimento internazionale. Ma comunque rimangono in ogni caso in piedi i problemi costituzionali e istituzionali della Libia: la Libia è un Paese che è stato cucito insieme, a causa del colonialismo, che precedentemente non esisteva; e quindi è evidente che si ripropongano i problemi di sempre: trovare e rifondare un sentimento nazionale che non è mai esistito. Gheddafi teneva insieme i vari spezzoni della Libia inventando una repubblica delle masse che coagulava degli elementi tribali che non erano mai stati univoci e quindi anche questo problema rimane un problema aperto.

D. – Allo stato attuale, l’intervento delle forze occidentali è stato decisivo. Perché ora e in che modo stanno contribuendo al sostegno del governo libico?

R. – Questo ruolo degli americani e dei britannici è decisivo, cioè io non credo che l’esercito libico da solo sarebbe stato in grado di estirpare questa presenza. E’ anche ovvio che le potenze occidentali vorranno avere un guadagno da questo, quindi probabilmente vorranno tenere sotto controllo soprattutto quella risorsa fondamentale che è il petrolio libico. La Libia, tra l’altro, ha un petrolio di ottima qualità, perché è uno dei petroli più puri che ci siano in Medio Oriente. Quindi, oltre ad averne tanto è anche un petrolio puro. Io penso che un intervento occidentale, poi, vorrà essere remunerato, quindi vorrà cercare di condizionare le potenziali evoluzioni dello Stato libico.

D. – Qual è il ruolo dell’Italia in tutto questo? Vediamo che il ministro degli Esteri Gentiloni ha per la prima volta confermato la presenza di forze speciali…

R. – E’ evidente: l’Italia ha un passato coloniale in Libia, oltre ad avere degli interessi relativi al petrolio con l’Eni, fin dai tempi di Enrico Mattei; e in prospettiva questo, secondo me, vuol dire due cose. E cioè, da una parte consolidare gli interessi storico-economici che il nostro Paese ha tradizionalmente in Libia e dall’altra parte garantire una proiezione mediterranea alla politica estera italiana, perché l’Italia ha sempre, tradizionalmente – e deve avere, dal punto di vista geopolitico – una proiezione mediterranea.


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