venerdì, giugno 03, 2016
Quattro arresti, una decina d'indagati e spunta il nome di Antonella Petrocelli, il segretario generale di Roma capitale, nell'inchiesta sulle presunte irregolarità nel progetto delle paratie sul lungo lago di Como.

di Lorenzo Carchini

Fra i dieci indagati dell’inchiesta sul "Mini Mose" di Como c’è anche Antonella Petrocelli, il segretario generale di Roma capitale, chiamata nel gennaio scorso dal Commissario straordinario Francesco Paolo Tronca a garantire la legalità degli atti di governo.

L'intercettazione che mette nei guai la Petrocelli risale al 26 gennaio. Quattro giorni prima che diventasse segretario generale del Campidoglio. Nella telefonata la "guardiana della legalità" sbotta: "Gilardoni, ma quando io ti dissi: 'Ma questo potrebbe essere un frazionamento, facciamo una gara di rilievo comunitario... (E Gilardoni): 'Eh, ma no, poi vince un’altra... e poi ora che lo guardano...'".

Secondo gli inquirenti, dunque, la conversazione dimostrerebbe che la Petrocelli era consapevole che gli incarichi per la redazione della terza perizia di variante non potevano essere affidati a trattativa privata. La mancata opposizione alle richieste dei dirigenti comunali mostrando al contrario la "totale inerzia nell'attivazione dei doverosi poteri di intervento riconosciuti dalla legge".

Solo mercoledì scorso erano scoccati i primi arresti nell'indagine sugli appalti per la costruzione delle paratie di contenimento del lungolago di Como, il cosiddetto "Mini Mose". Le accuse sono di abuso d’ufficio, turbativa nella scelta del contraente e corruzione.

In carcere Pietro Gilardoni, dirigente del Settore "Reti tecnologiche, Strade, Acque e Arredo Urbano" del Comune di Como e Roberto Ferrario, imprenditore referente dell’azienda Imothep S.r.l. Ai domiciliari, invece, Antonio Ferro, dirigente del Settore "Grandi opere", poi "Opere pubbliche e manutenzione edilizia comunale" del Comune di Como e Giovanni Foti, titolare e consigliere delegato della impresa edile Foti srl di Bulgarograsso (Como).

L'opera, i cui costi sono lievitati in meno di un decennio da 11 a 31 milioni di euro, è stata oggetto di polemiche sin dalla sua prima menzione nella legge regionale Valtellina del 1992. Nel gennaio scorso l'interessamento da parte della Guardia di Finanza, quando a finire nel mirino su la ditta appaltatrice veneziana Sacaim, con indagini a carico dei medesimi dirigenti comunali e perquisizioni nella sede della ditta (già commissariata nel 2008).


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