Con due concerti, il 14 e 15 maggio 2016 nel teatro Karl Marx dell'Avana, è calato il sipario sul Buena Vista Social Club, una delle più straordinarie avventure musicali del XX secolo. Finisce una leggenda raccontata da Wim Wenders nel documentario del 1999.
Mentre Cuba si muove verso una nuova storia, cala il sipario sul Buena Vista Social Club. Con due concerti, il 14 e 15 maggio, nel teatro Karl Marx dell'Avana, si è conclusa la storia del gruppo di vecchie glorie della musica cubana pre-rivoluzionaria, che negli anni '90, in pieno "periodo especial" - la grande crisi castrista dopo la caduta del Muro - portò il mondo a prestare nuovamente orecchio alla piccola isola.
Il tour "Adios" si è avviato al termine e la storia, dopo averli riscoperti tra le sue pieghe, si sta davvero richiudendo sui tanti protagonisti.
Ci sono ancora la crooner Omara Portuondo e il chitarrista Eliades Ochoa. Se ne sono andati per sempre Compay Segundo (che suonò perfino per Papa Giovanni Paolo II), Ibrahim Ferrer, Ruben Gonzalez e Orlando "Cachaito" Lopez. Ma sopratutto è Cuba che sta voltando pagina, per una progressiva, inarrestabile armonizzazione con il resto di un mondo da cui si è tenuta lontano e da cui è stata tenuta a distanza per oltre cinquant'anni.
Resterà indimenticabile l'avventura discografica del Buena Vista. A fine anni '90, un mercato infestato da compilation danzerecce, salsa annacquata e ritmi afro campionati, si affacciava un piccolo capolavoro figlio di sei giorni di sessions agli Egrem Studios dell'Avana.
Il produttore Juan De Marcos Gonzalez, Nick Gold, fondatore dell'etichetta World Circuit Records, ed il musicista Ry Cooder compirono un vero e proprio viaggio nel cuore della storia musicale cubana.
Il cantante Ibrahim Ferrer, all'epoca ancora si guadagnava da vivere lustrando scarpe. Il pianista Ruben Gonzalez, sofferente di artrite, viveva ormai in totale ritiro. Omara Portuondo, invece, il Buena Vista se la ritrovò davanti all'Egrem: stava incidendo in un'altra sala degli studios. Compay Segundo, maestro del "tres" e dell'armonico, chitarra a sette corde di sua invenzione, lavorava in una fabbrica di sigari.
Questi incredibili personaggi in cerca d'autore avevano vissuto da protagonisti l'epoca d'oro della musica cubana negli anni Quaranta.
Durante la dittatura di Batista, la divisione etnica della società cubana era istituzionalizzata e ci si ritrovava in club e associazioni divise razzialmente. Uno di quei luoghi era proprio il Club Social Buena Vista, dove la fusione tra il retaggio ritmico degli schiavi africani e gli stilemi ispanici veniva insegnata, aggiornata e raffinata di continuo.
Il passaggio dai bordelli alle sale da ballo della Cuba godereccia, della mafia e dei turisti americani in cerca d'avventure esotiche, era breve. Con la rivoluzione castrista, però, i club e le sale da giochi dei gringos furono chiusi. Sorte che toccò anche al Buena Vista. E su tutta quella scena calò l'oblio.
A farli riemergere dal passato fu quell'album del 1996, venduto in milioni di copie, ad oggi otto. A vincere un Grammy. E divenuto, nel 1999, un documentario di Wim Wenders candidato all'Oscar.
Tra le foto d'epoca, cala dunque il sipario al Teatro Karl Marx, che sia un addio o un arrivederci. Adios amigos, Adios Cuba.
Il tour "Adios" si è avviato al termine e la storia, dopo averli riscoperti tra le sue pieghe, si sta davvero richiudendo sui tanti protagonisti.
Ci sono ancora la crooner Omara Portuondo e il chitarrista Eliades Ochoa. Se ne sono andati per sempre Compay Segundo (che suonò perfino per Papa Giovanni Paolo II), Ibrahim Ferrer, Ruben Gonzalez e Orlando "Cachaito" Lopez. Ma sopratutto è Cuba che sta voltando pagina, per una progressiva, inarrestabile armonizzazione con il resto di un mondo da cui si è tenuta lontano e da cui è stata tenuta a distanza per oltre cinquant'anni.
Resterà indimenticabile l'avventura discografica del Buena Vista. A fine anni '90, un mercato infestato da compilation danzerecce, salsa annacquata e ritmi afro campionati, si affacciava un piccolo capolavoro figlio di sei giorni di sessions agli Egrem Studios dell'Avana.
Il produttore Juan De Marcos Gonzalez, Nick Gold, fondatore dell'etichetta World Circuit Records, ed il musicista Ry Cooder compirono un vero e proprio viaggio nel cuore della storia musicale cubana.
Il cantante Ibrahim Ferrer, all'epoca ancora si guadagnava da vivere lustrando scarpe. Il pianista Ruben Gonzalez, sofferente di artrite, viveva ormai in totale ritiro. Omara Portuondo, invece, il Buena Vista se la ritrovò davanti all'Egrem: stava incidendo in un'altra sala degli studios. Compay Segundo, maestro del "tres" e dell'armonico, chitarra a sette corde di sua invenzione, lavorava in una fabbrica di sigari.
Questi incredibili personaggi in cerca d'autore avevano vissuto da protagonisti l'epoca d'oro della musica cubana negli anni Quaranta.Durante la dittatura di Batista, la divisione etnica della società cubana era istituzionalizzata e ci si ritrovava in club e associazioni divise razzialmente. Uno di quei luoghi era proprio il Club Social Buena Vista, dove la fusione tra il retaggio ritmico degli schiavi africani e gli stilemi ispanici veniva insegnata, aggiornata e raffinata di continuo.
Il passaggio dai bordelli alle sale da ballo della Cuba godereccia, della mafia e dei turisti americani in cerca d'avventure esotiche, era breve. Con la rivoluzione castrista, però, i club e le sale da giochi dei gringos furono chiusi. Sorte che toccò anche al Buena Vista. E su tutta quella scena calò l'oblio.
A farli riemergere dal passato fu quell'album del 1996, venduto in milioni di copie, ad oggi otto. A vincere un Grammy. E divenuto, nel 1999, un documentario di Wim Wenders candidato all'Oscar.
Tra le foto d'epoca, cala dunque il sipario al Teatro Karl Marx, che sia un addio o un arrivederci. Adios amigos, Adios Cuba.
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