martedì, aprile 26, 2016
LPL News 24 incontra Max Cavallari. 

intervista a cura di Emanuela Biancardi

Dopo la malattia dell’inseparabile amico e collega Bruno Arena, che ha diviso la coppia storica dei Fichi d’India, Max si reinventa una vita artistica.
Sul palco si esibisce da solo, ma Bruno è sempre al suo fianco.



Ti aspetti ancora di vederli arrivare insieme. Ti aspetti che dall’auto, che li accompagna a bordo palco, esca per primo Max Cavallari e che poi si giri invitando l’amico di sempre a fare altrettanto. Basta un’istante per rendersi conto che non è così. L’applauso del pubblico presente ti riporta alla realtà. Max Cavallari si esibisce da solo sui palcoscenici di tutta Italia. Il suo primo impulso, dopo quel 17 gennaio 2013, era stato quello di mollare tutto. E per un po’ lo ha fatto, dedicandosi completamente all’amico che in quel momento aveva bisogno di lui. In seguito è stato proprio Bruno Arena a fargli capire che stava sbagliando tutto, che il loro progetto - frutto di tanti anni di gavetta e sacrifici - non poteva e non doveva terminare così.

 Il pubblico, caro Max, ti vuole bene. Non solo perché sei un bravo comico… anche per la tua forza e le tue fragilità, dopo quanto è successo.
Sì. Io e Bruno abbiamo festeggiato i 26 anni insieme… Lo vedo più di quanto un marito veda la moglie… Ho sempre bisogno del suo appoggio, della sua approvazione, dei suoi sorrisi. Gli racconto tutto quello che faccio. E’ un po’ come il mio gemello.

Come ci si reinventa una vita artistica? Tu volevi abbandonare il mondo dello spettacolo e lui ti ha fatto capire che non era la scelta giusta.
E’ vero, io ho pensato di smettere, di aprire un bar... E’ stato lui a convincermi, a suo modo, che i Fichi d’India dovevano andare avanti. Così ora mi esibisco da solo. Sono in tour con “Questa sera sono Fico”, poi c’è Colorado… e tante altre belle cose in cantiere. Insomma, mi sono rimesso in gioco. Ho passato un anno e mezzo a studiare, scrivere e rivedere tutti i miei personaggi. Vado avanti perché lui ed io vogliamo questo.

Far ridere è uno dei mestieri più difficili.
Sì, è un mestiere difficile perché abbiamo dei politici che fanno ridere molto più di noi… Scherzi a parte c’è bisogno di ridere di pancia, di farci una risata grassa che scacci i pensieri negativi, bisogna ricominciare a far ridere anche i bambini e le famiglie intere. Il ridere è una terapia che funziona sempre e non costa nulla.

“Diva” è il musical che quest’anno era per te una nuova scommessa e si è rivelato un grande successo.
Sì, una scommessa davvero. Ho interpretato un personaggio gay, drammatico, a fianco di Lorenza Mario. Il tema era molto importante: l’adozione gay. Per la prima volta si è visto in teatro un “Fico” più maturo. Al Teatro della Luna in prima fila c’era Bruno. La canzone “Da soli mai”, che canto nel musical, era per lui. E’ stato un momento commovente che si è concluso con un grande abbraccio.

Voi siete stati un po’ i pilastri della comicità. Avete continuato nel tempo perché una gavetta, probabilmente, vi ha permesso di farlo. Ai giovani che vogliono avvicinarsi alla comicità che cosa ti senti di dire?
Io consiglio sempre la gavetta nei villaggi turistici, per farsi le proverbiali ossa. Oggi basta inventarsi un tormentone, una macchietta, per passare un provino e finire in televisione…e magari diventare famoso. Ma dieci minuti di repertorio non possono bastare per definirsi un comico. Bisogna fare gavetta, studiare tanto, lavorare tanto, fare squadra, seguire laboratori e non montarsi la testa. Far ridere è un lavoro molto serio.

Max ci saluta. Il tempo di qualche autografo e selfie con i fan, e scompare all’interno dell’auto che è tornata a riprenderlo. La sensazione, osservandolo andarsene, è che sia in buona compagnia. Il suo “gemello” è sempre al suo fianco, pronto a ricordargli l’importanza di restare “Fichi”.


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