La missione One Year in Space è giunta al termine. Gli studi sull'austronauta statunitense Scott Kelly e il fratello gemello aiuteranno a studiare gli effetti della microgravità in missioni di lunga durata, come quella per Marte.
di Paolo Antonio Magrì
L’astronauta statunitense Scott Kelly – assieme ai colleghi russi Mikhail Kornienko e Sergeij Volkov – lo scorso 2 marzo è tornato sulla Terra dopo avere trascorso 340 giorni consecutivi in orbita (il record è di 438 giorni, maturato da Valeri Polyakov tra il 1994 e 1995). Kelly non era alla sua prima missione spaziale – il primo volo nel 1999 sullo Space Shuttle Discovery – e può essere considerato un veterano dello Spazio con i suoi 543 giorni complessivi di permanenza in orbita, un ulteriore nuovo record per gli USA.
Partito il 28 marzo 2015 dal cosmodromo di Baikonur in Kazakistan, Scott Kelly è stato prescelto perché ha un gemello anch'egli astronauta, circostanza che permetterà di studiare meglio gli effetti della permanenza nello Spazio sul corpo umano confrontando i parametri biologici di Scott a fine missione con quelli del fratello Mark rimasto sulla Terra. Gli studi dovranno stabilire se la microgravità abbia influito, oltre che sul sistema immunitario, circolatorio, osseo e della vista, pure sul profilo genetico. L’intera missione mira, infatti, anche a una verifica indiretta di una delle tante implicazioni della Teoria della Relatività di Einstein. Secondo la teoria dello zio Albert, il tempo per i due fratelli Scott e Mark non è passato allo stesso modo perché – così ci ha insegnato Einstein – il tempo non è un’entità assoluta e immutabile.
Le differenze di invecchiamento tra il “gemello spaziale” e quello “terrestre “ saranno infinitamente piccole da non mostrare segni apparenti, ma forse analizzando il loro Dna potrebbero scaturire interessanti informazioni sul come le diverse condizioni di vita, nello spazio e sulla Terra, hanno differenziato le medesime – almeno fino a prima della missione – sequenze genetiche dei due astro-gemelli. La verifica più importante riguarderà i telomeri del Dna, parti terminali del cromosoma il cui accorciamento è considerato responsabile dell’invecchiamento. Questi studi saranno di fondamentale importanza per organizzare le future missioni di esplorazione dello Spazio, soprattutto in vista di un ritorno sulla Luna e in futuro sul pianeta Marte.
Come è ormai abitudine per gli astronauti, Kelly ha raccontato la vita a bordo della Stazione Spaziale Internazionale sui social network, soprattutto attraverso Twitter e Instagram (più di 700 foto pubblicate). Nel suo poco tempo libero in orbita ha scattato fotografie meravigliose della Terra vista a oltre 400 chilometri di distanza, aurore boreali coloratissime e immagini dall’interno della ISS per mostrare come si sta “in una enorme lattina piena di computer e con altri quattro compagni di viaggio”.
Una curiosità: sono circa 400 gli esperimenti effettuati da Scott Kelly a bordo della ISS. Tra questi i più curiosi sono stati la coltivazione di zinnie e la produzione di insalata romana che, tra l’altro, è stata anche consumata a bordo.
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Fonti: blastr.com - dailybest.it
di Paolo Antonio Magrì
L’astronauta statunitense Scott Kelly – assieme ai colleghi russi Mikhail Kornienko e Sergeij Volkov – lo scorso 2 marzo è tornato sulla Terra dopo avere trascorso 340 giorni consecutivi in orbita (il record è di 438 giorni, maturato da Valeri Polyakov tra il 1994 e 1995). Kelly non era alla sua prima missione spaziale – il primo volo nel 1999 sullo Space Shuttle Discovery – e può essere considerato un veterano dello Spazio con i suoi 543 giorni complessivi di permanenza in orbita, un ulteriore nuovo record per gli USA.
Partito il 28 marzo 2015 dal cosmodromo di Baikonur in Kazakistan, Scott Kelly è stato prescelto perché ha un gemello anch'egli astronauta, circostanza che permetterà di studiare meglio gli effetti della permanenza nello Spazio sul corpo umano confrontando i parametri biologici di Scott a fine missione con quelli del fratello Mark rimasto sulla Terra. Gli studi dovranno stabilire se la microgravità abbia influito, oltre che sul sistema immunitario, circolatorio, osseo e della vista, pure sul profilo genetico. L’intera missione mira, infatti, anche a una verifica indiretta di una delle tante implicazioni della Teoria della Relatività di Einstein. Secondo la teoria dello zio Albert, il tempo per i due fratelli Scott e Mark non è passato allo stesso modo perché – così ci ha insegnato Einstein – il tempo non è un’entità assoluta e immutabile.
Le differenze di invecchiamento tra il “gemello spaziale” e quello “terrestre “ saranno infinitamente piccole da non mostrare segni apparenti, ma forse analizzando il loro Dna potrebbero scaturire interessanti informazioni sul come le diverse condizioni di vita, nello spazio e sulla Terra, hanno differenziato le medesime – almeno fino a prima della missione – sequenze genetiche dei due astro-gemelli. La verifica più importante riguarderà i telomeri del Dna, parti terminali del cromosoma il cui accorciamento è considerato responsabile dell’invecchiamento. Questi studi saranno di fondamentale importanza per organizzare le future missioni di esplorazione dello Spazio, soprattutto in vista di un ritorno sulla Luna e in futuro sul pianeta Marte.
Come è ormai abitudine per gli astronauti, Kelly ha raccontato la vita a bordo della Stazione Spaziale Internazionale sui social network, soprattutto attraverso Twitter e Instagram (più di 700 foto pubblicate). Nel suo poco tempo libero in orbita ha scattato fotografie meravigliose della Terra vista a oltre 400 chilometri di distanza, aurore boreali coloratissime e immagini dall’interno della ISS per mostrare come si sta “in una enorme lattina piena di computer e con altri quattro compagni di viaggio”.
Una curiosità: sono circa 400 gli esperimenti effettuati da Scott Kelly a bordo della ISS. Tra questi i più curiosi sono stati la coltivazione di zinnie e la produzione di insalata romana che, tra l’altro, è stata anche consumata a bordo.
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