mercoledì, gennaio 13, 2016
“Dio si commuove e intenerisce per noi come una madre quando prende in braccio il suo bambino”.

Radio Vaticana - È una delle tante immagini che il Papa ha usato nella catechesi dell’udienza generale, tenuta in Aula Paolo VI. E con il primo appuntamento del mercoledì del 2016 Francesco ha fatto coincidere l’inizio di un nuovo ciclo di catechesi sulla “misericordia secondo la prospettiva biblica” per “imparare la misericordia – ha detto – ascoltando quello che Dio stesso ci insegna con la sua Parola”. Il servizio di Alessandro De Carolis: ascolta

Né i tuoni né i fulmini di un Dio irascibile e indifferente alle cose umane, perché troppo in alto e distante per occuparsene. Chi usa questo stanco cliché per affermare la lontananza di Dio è solitamente perché non ne ha mai sperimentato la vicinanza di Padre buono e attento. Che invece, ricorda Papa Francesco all’inizio della catechesi, è esattamente ciò che di sé Dio rivela a Mosè autodefinendosi “misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà”.

Bontà “viscerale”
È dunque fin dall’inizio della Bibbia, spiega Francesco inaugurando con uno sguardo all’Antico Testamento il suo ciclo di catechesi giubilari, che la misericordia appare come il “nome” di Dio – che è anche il titolo del suo libro-intervista appena presentato. Il Papa esamina uno a uno i quattro appellativi, a cominciare dal primo e principale, “Dio è misericordioso”:

“L’immagine che suggerisce è quella di un Dio che si commuove e si intenerisce per noi come una madre quando prende in braccio il suo bambino, desiderosa solo di amare, proteggere, aiutare, pronta a donare tutto, anche sé stessa. Quella è l’immagine che suggerisce questo termine. Un amore, dunque, che si può definire in senso buono ‘viscerale’”.

L’abbraccio del Padre
Il secondo appellativo contenuto nel versetto del libro dell’Esodo è “pietoso”, “nel senso – afferma Francesco – che fa grazia, ha compassione e, nella sua grandezza, si china su chi è debole e povero, sempre pronto ad accogliere, a comprendere, a perdonare:

“È come il padre della parabola riportata dal Vangelo di Luca: un padre che non si chiude nel risentimento per l’abbandono del figlio minore, ma al contrario continua ad aspettarlo - lo ha generato! - , e poi gli corre incontro e lo abbraccia, non gli lascia neppure finire la sua confessione - come se gli coprisse la bocca -, tanto è grande l’amore e la gioia per averlo ritrovato”.

Amore paziente, gratuito, sollecito
Inoltre, prosegue il Papa, Dio “è lento all’ira” – perché in Lui è il “respiro ampio della longanimità e della capacità di sopportare” con una pazienza che l’uomo non ha – e soprattutto, quarto appellativo, è “grande nell’amore e nella fedeltà”.

“Com’è bella questa definizione di Dio! (...) La parola ‘amore’, qui utilizzata, indica l’affetto, la grazia, la bontà. Non è l’amore di telenovela... È l’amore che fa il primo passo, che non dipende dai meriti umani ma da un’immensa gratuità. È la sollecitudine divina che niente può fermare, neppure il peccato, perché sa andare al di là del peccato, vincere il male e perdonarlo.

Il “fedele sempre”
Per concludere, Francesco cita un passo del Salmo 121, che celebra il Signore “Custode” che vigila sempre sull’umanità, e rammenta una frase di San Paolo, nella seconda Lettera a Timoteo, su Dio che rimane sempre fedele anche se l’uomo manca di fedeltà:

“La fedeltà nella misericordia è proprio l’essere di Dio. E per questo Dio è totalmente e sempre affidabile. Una presenza solida e stabile. È questa la certezza della nostra fede. E allora, in questo Giubileo della Misericordia, affidiamoci totalmente a Lui, e sperimentiamo la gioia di essere amati da questo ‘Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e grande nell’amore e nella fedeltà’”.

E sempre nello spirito dell’Anno Santo, Papa Francesco ha detto a fine udienza di auspicare “che il passaggio dalla Porta Santa incoraggi a fare esperienza delle opere di misericordia corporali e spirituali”.


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