lunedì, maggio 11, 2015
"Non irritati da ipotesi europee, ma servono soldi, nell'ordine delle centinaia di milioni" "Campi di smistamento? Ci vogliono anche compensazioni per i comuni" "Quest'anno probabilmente 200mila migranti" "Accoglienza sulla base del PIL non sarà mai unico criterio" 

"Gli sbarchi noi comunque li avremo, quindi se si tratta semplicemente di metterci le risorse per poterci aiutare a gestirli, allora il discorso io lo ritengo tutt'altro che irritante". Così il sottosegretario all'Interno, Domenico Manzione, intervenuto a Effetto Giorno, su Radio 24 in merito all'ipotesi che vengano istituiti campi di smistamento in Italia e l'identificazione sia gestita da squadra internazionali. "E’ un’ipotesi che va attentamente valutata - dice Manzione a Radio 24 - soprattutto sul profilo della fattibilità. In realtà noi abbiamo già avuto l’anno passato 170 mila sbarchi e quest’anno, stando ai numeri se facciamo una proiezione di tipo squisitamente aritmetico, arriveremo probabilmente ad averne 200mila.

La cosa importante quindi diventa più il secondo aspetto della piattaforma europea, vale a dire l’equa distribuzione all’interno dell’Europa che ci permetterebbe di saltare gli accordi di Dublino. Sulla prima parte, in realtà, dipende tutto dalle risorse che l’Europa ha intenzione di mettere in campo per poter realizzare quello che intende realizzare. Servono risorse umane e materiali che ci mettano in condizione di affrontare il problema". E' circolata la cifra di 60 milioni di euro che l'Europa sarebbe disposta a mettere in campo. "A mio modo di vedere le cose, è assolutamente inadeguata. Anche perché creare delle strutture di accoglienza che possano ricevere un numero di migranti simile a quello di cui abbiamo discusso fino ad ora, richiede uno sforzo di carattere economico e finanziario non indifferente. In più va tenuto conto che va a impattare con la realtà locale, cioè del posto dove vengono realizzati quindi bisogna immaginare anche tutta una serie di misure compensative nei confronti di territori che altrimenti corrono il rischio di essere devastati. Ci si immagini una sorta di militarizzazione di una zona, i porti che noi utilizziamo sappiamo tutti quali sono, da Catania a Pozzallo a Augusta. Ecco lei si immagini una sorta di militarizzazione anche con personale proveniente dall'estero ai fini di identificare sbrachi che variano e che con l'aiuto dell'Europa si intensificheranno, almeno con riferimento ai singolo sbarchi. C'è bisogno di strutture ma che bisogno anche di non creare per i territori che eventualmente le devi ospitare, situazioni ingestibili e invivibili".

Ma di che cifra ci potrebbe essere bisogno? "Guardi non vorrei fare calcoli perché se i calcoli che sono stati fatti fino ad ora parlano di 60 milioni mi sembra che sino molto ma molto lontani dalla realtà, siamo senz'altro nell'ordine delle centinaia di milioni diciamo. Complessivamente l'idea può anche essere accettabile, tuttavia va meditata bene, ecco".

Si è parlato anche di quote sulla base del PIL: "Sulle quote di profughi fissate in base al pil, è uno dei criteri ai quali si è molto attaccata la Germania, però non è l’unico criterio e anche qualora dovesse essere utilizzato, gli altri criteri rimangono tutti perfettamente in campo e vanno, come è intuibilissimo, dall’estensione territoriale dello stato che deve ospitare, al numero dei residenti ed eventualmente al numero di ingressi che ha già avuto. Quindi in realtà non potrà mai essere un unico criterio, tanto meno quello del prodotto interno lordo".

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