L’attacco portato da un commando talebano nella scuola pubblica dell’esercito nella città settentrionale di Peshawar, non lontano dal confine afghano, ha fatto finora 132 morti, di cui sei attaccanti e il resto in stragrande maggioranza studenti.
Misna - Ancora superiore il numero dei feriti ricoverati negli ospedali cittadini, che sono in emergenza per la mancanza di sangue per le trasfusioni. Per le fonti militari, l’azione di rastrellamento all’interno della scuola, ormai evacuata da studenti e personale sopravvissuti, è ancora in corso con alcuni presunti militanti in fuga. L’operazione, avviata alle 10.30 di mattina da almeno sei uomini pesantemente armati e carichi di esplosivo, pare travestiti da agenti della sicurezza, ha portato in pochi minuti la strage nel complesso scolastico con una forte esplosione e poi altre minori inframmezzate dagli spari. Al momento dell’aggressione nella scuola si trovavano circa 500 tra studenti e insegnati e alcuni militari di guardia.
L’azione è stata rivendicata subito dal Tehreek-e-Taliban Pakistan (Movimento dei talebani del Pakistan), il cui portavoce Muhammad Khurasani ha fatto sapere che obiettivo dei suoi militanti era di uccidere il numero maggiore possibile di studenti, oltre agli insegnanti e agli uomini della sicurezza, e di risparmiare solo gli alunni più giovani. L’azione sarebbe stata decisa per “far sentire ai militari il dolore” che i militanti e le loro famiglie sentono a causa dell’offensiva in corso da giugno nelle aree tribali del Nord Waziristan contro le roccaforti talebane. Almeno 1600 i morti tra i talebani dall’inizio dell’operazione, che ha anche costretto all’evacuazione un milione di abitanti.
Battuti sul campo, i talebani hanno deciso di far sentire ala loro presenza con un’azione spettacolare. Che rischia però di creare un movimento compatto a loro sfavorevole e a sostegno della campagna per sradicarli dalle regioni al confine con l’Afghanistan. Dove trovano rifugio anche i resti di Al Qaeda, militanti pashtun, uzbeki e anche di musulmani cinesi di etnia uighura.
Grande l’emozione nel paese e forte la solidarietà anche dall’estero a partire da quella della vicina e rivale India, espressa dal premier Narendra Modi.
Per il primo ministro pachistano, Nawaz Sharif, si tratta di “una tragedia scatenata da selvaggi” e ha chiesto di considerarla “una tragedia nazionale”. Un appello in pratica ad arrivare finalmente a livello politico a una comunione di intenti riguardo l’insurrezione talebana e a un sostegno totale dietro le forze armate che cercano di chiudere la partita con una militanza che dal 2007, quando ha iniziato le sue attività terroristiche in territorio pachistano, ha provocato oltre 30.000 morti, in maggioranza civili. Le rivalità politiche, come pure le velate simpatie di alcuni gruppi e movimenti per l’esperienza talebana in funzione anti-governativa e anti-occidentale, le hanno finora concesso una qualche giustificazione e anche appoggi. Per questo domani è stata convocata a Peshawar una conferenza di tutti i partiti, il cui incontro sarà attentamente seguito dai mass media e dalla società civile, unita oggi come mai attorno alle autorità civili e militari e alle famiglie delle vittime.
Misna - Ancora superiore il numero dei feriti ricoverati negli ospedali cittadini, che sono in emergenza per la mancanza di sangue per le trasfusioni. Per le fonti militari, l’azione di rastrellamento all’interno della scuola, ormai evacuata da studenti e personale sopravvissuti, è ancora in corso con alcuni presunti militanti in fuga. L’operazione, avviata alle 10.30 di mattina da almeno sei uomini pesantemente armati e carichi di esplosivo, pare travestiti da agenti della sicurezza, ha portato in pochi minuti la strage nel complesso scolastico con una forte esplosione e poi altre minori inframmezzate dagli spari. Al momento dell’aggressione nella scuola si trovavano circa 500 tra studenti e insegnati e alcuni militari di guardia.
L’azione è stata rivendicata subito dal Tehreek-e-Taliban Pakistan (Movimento dei talebani del Pakistan), il cui portavoce Muhammad Khurasani ha fatto sapere che obiettivo dei suoi militanti era di uccidere il numero maggiore possibile di studenti, oltre agli insegnanti e agli uomini della sicurezza, e di risparmiare solo gli alunni più giovani. L’azione sarebbe stata decisa per “far sentire ai militari il dolore” che i militanti e le loro famiglie sentono a causa dell’offensiva in corso da giugno nelle aree tribali del Nord Waziristan contro le roccaforti talebane. Almeno 1600 i morti tra i talebani dall’inizio dell’operazione, che ha anche costretto all’evacuazione un milione di abitanti.
Battuti sul campo, i talebani hanno deciso di far sentire ala loro presenza con un’azione spettacolare. Che rischia però di creare un movimento compatto a loro sfavorevole e a sostegno della campagna per sradicarli dalle regioni al confine con l’Afghanistan. Dove trovano rifugio anche i resti di Al Qaeda, militanti pashtun, uzbeki e anche di musulmani cinesi di etnia uighura.
Grande l’emozione nel paese e forte la solidarietà anche dall’estero a partire da quella della vicina e rivale India, espressa dal premier Narendra Modi.
Per il primo ministro pachistano, Nawaz Sharif, si tratta di “una tragedia scatenata da selvaggi” e ha chiesto di considerarla “una tragedia nazionale”. Un appello in pratica ad arrivare finalmente a livello politico a una comunione di intenti riguardo l’insurrezione talebana e a un sostegno totale dietro le forze armate che cercano di chiudere la partita con una militanza che dal 2007, quando ha iniziato le sue attività terroristiche in territorio pachistano, ha provocato oltre 30.000 morti, in maggioranza civili. Le rivalità politiche, come pure le velate simpatie di alcuni gruppi e movimenti per l’esperienza talebana in funzione anti-governativa e anti-occidentale, le hanno finora concesso una qualche giustificazione e anche appoggi. Per questo domani è stata convocata a Peshawar una conferenza di tutti i partiti, il cui incontro sarà attentamente seguito dai mass media e dalla società civile, unita oggi come mai attorno alle autorità civili e militari e alle famiglie delle vittime.
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