martedì, dicembre 09, 2014
Vivo da tre mesi a Marsiglia, nel terzo arrondissement, vicino alla stazione. 

di Renato Zilio 

È considerato il quartiere più povero d’Europa. Un pezzo d’Africa del nord, incastonato in terra francese. Ci si ritrova immersi nel clima del Maghreb, di gente d’Algeria, del Marocco, della Tunisia o anche delle isole Comore… Gente che trovi e incontri ad ogni angolo. Stessi modi di frequentare i bar a piccoli clan, stessi mercati con la merce distesa per terra, negozi halal, banchi improvvisati di frutta secca e datteri… tutto come se si fosse dall’altra parte del Mediterraneo. Dappertutto si parla arabo o berbero. I pochi francesi sembrano sentirsi forse nella pelle del turista in visita a un Paese africano… Non mancano, è vero, altri quartieri più occidentali in questa metropoli, seconda città di Francia, di quasi un milione di abitanti. Ma Marsiglia rappresenta ancora oggi il più grande porto del Mediterraneo. Questo in ogni senso. Un vero porto di mare, infatti, di uomini e di culture differenti.

In rue Crimée 74, a due passi dalla stazione St. Charles, vi accoglie un’associazione che ha aperto i battenti ben 25 anni fa. Costituita da una cinquantina di volontari, essa aiuta le famiglie del quartiere nel sostegno scolastico dei bambini, l’alfabetizzazione per adulti, la banca alimentare, il mercatino di oggetti o vestiti usati che qui chiamano braderie. Il quartiere è quasi esclusivamente musulmano. Suor Valeria, missionaria scalabriniana, familiarmente “Valérie” per le donne in velo e djellaba, è il capitano di bordo di questa struttura, insieme a padre Elia, pure scalabriniano. Un’attività che concretizza e rende visibile il volto di Chiesa di papa Francesco. Chiesa delle periferie. Povera con i poveri. La diocesi ne è ben cosciente e ne intravvede l’importanza, accogliendola nei suoi locali. Questa vera oasi in un quartiere popolare, dove sciama ogni giorno più di un centinaio di ragazzi, sembra spesso un alveare in piena attività, soprattutto il mercoledì e il sabato. Sono quasi tutti musulmani. Vengono volentieri. Qui respirano un’aria di impegno, di serietà e di fratellanza. Cosa invidiabile, anzi impensabile altrove. La sentono come la loro casa comune. Esigenza vitale questa, per dei migranti come loro.

L’opera di animatori e di volontari motivati ha un obiettivo ben chiaro. Aiutare questi ragazzi o questi adulti a non essere l’ultima ruota del carro nella scuola o nella società di oggi. «Enfants d’aujourd’hui pour le monde de demain » (bambini di oggi per il mondo di domani), dal titolo stesso dell’associazione, cresciuta nello spirito dell’Azione cattolica, si comprende che il futuro è la vera posta in gioco. Si lavora per il domani. Vi confiderà, infatti, con semplicità una donna algerina: ”Ringrazio ogni giorno Allah, perché ci siete voi che pensate al futuro dei miei figli. Io non sono mai stata a scuola. Non saprei farlo…” E in una società esigente e selettiva come quella francese questa realtà è anche un prezioso aiuto all’integrazione, secondo i responsabili del quartiere.

Dopo l’attività pastorale in un insieme di quattro parrocchie popolari, seguo qui dei ragazzi di undici anni in varie ore di un doposcuola di inglese. Ma quasi per gioco. Perché non pesi troppo alla fine della loro giornata. Nascono così paragoni, stili e modi di dire di popoli diversi con ragazzi che parlano arabo in famiglia, francese a scuola e qui inglese. Così Fatima insisterà che il the alla menta è, a differenza di quello inglese, “ the best in the world”. Peccato che la regina non ne sia informata, aggiunge. Sorridendo si chiude, così, la lezione. Inizia la vita, difficile arte della sintesi. Cioè il loro domani.

Renato Zilio è autore di “Dio attende alla frontiera” EMI 16.ma ristampa


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