sabato, ottobre 04, 2014
Si sono svolte quest’oggi ad Assisi le celebrazioni per il 75mo anniversario della proclamazione di San Francesco Patrono d’Italia. 

di Monica Cardarelli 

Dopo il Transito solenne del pomeriggio del 3 ottobre alla Porziuncola, luogo in cui Francesco ha voluto morire, quest’oggi proseguono le celebrazioni con la santa messa nella Basilica di San Francesco a cui partecipano quest’anno fra l’altro, i pellegrini e le autorità del Lazio, regione che offrirà l’olio per la lampada mentre l’anno prossimo sarà la Lombardia la regione scelta. La Santa Messa, presieduta dal Cardinale Agostino Vallini ha visto la partecipazione di 23 vescovi e circa 100 sacerdoti:. oltre 150 i giornalisti accreditati e quasi 5000 i pellegrini provenienti da tutta Italia.

Padre Mauro Gambetti, custode del Sacro Convento ha accolto i pellegrini e le autorità all’inizio della celebrazione eucaristica nella basilica superiore di San Francesco, ed ha rivolto loro il saluto con queste parole: “Con voi pellegrini qui convenuti, saluto tutti coloro che ci seguono da casa abbracciando idealmente ciascuno e trasmettendo ad ognuno la forza spirituale del Serafico Padre: in qualunque situazione di vita vi troviate, sofferta o lieta, qualsivoglia stato d’animo oggi vi contraddistingua, Francesco vi guarda con fraterna amicizia e vi incoraggia: avanti! Avanti Italia, unita! All’inizio della Santa Messa, portiamo all’altare le tante forme di povertà e sofferenza che conosciamo, i drammi della disoccupazione e della fuga dalle proprie terre, i problemi delle famiglie e le aspirazioni di tutti, in particolare dei giovani.”

All’omelia il Cardinale Agostino Vallini dopo aver ricordato come Francesco, rispondendo alla richiesta del Crocifisso di San Damiano “Và e ripara la mia casa”, abbia accettato questo mandato iniziando da se stesso, ha sottolineato che per san Francesco ”Dio esiste ed è tutto. Credere in Lui e accoglierlo nella vita ha come conseguenza l’accoglienza degli uomini, considerandoli fratelli.” Ha proseguito sottolineando come “Per lui tutto – il creato, i compagni, i lebbrosi, Chiara e le sue sorelle, gli uomini tutti – cantava la gioia di Dio. E il suo esempio plasmò le menti e i cuori dei suoi seguaci. Santa Chiara, sul letto di morte, a chi la esortava alla pazienza nelle sofferenze, rispondeva: “Da quando ho conosciuto la passione del Signore attraverso il suo servo Francesco, nessuna cosa mi è stata più gravosa.”.

Ha ricordato inoltre il Francesco che nelle lunghe notti trascorse in una grotta si domandava “Chi sei Tu e chi sono io?”, il Francesco che sperimentava la paternità di Dio e per il quale tutto “diventava semplice ed essenziale: un modo nuovo di vivere e di sentire tutto, pensieri, parole, gesti e relazioni.”

Riprendendo poi il passo della Legenda in cui Francesco chiede ai suoi frati di non possedere né oro né argento, né denaro, né pane e bisaccia, e soltanto predicare il Regno di Dio, il cardinal Villini ha sottolineato come per Francesco ciò che contava era solo vivere il Vangelo, sine glossa, senza interpretazioni. “Questa è la radice e il senso profondo della sua povertà, che non è pauperismo. Per lui il Vangelo o lo si accetta tutto o lo si rifiuta. Lo accettò, senza sconti né interpretazioni riduttive.”

Soffermandosi sul vero senso della Perfetta Letizia per Francesco, e cioè accettare con pazienza e per amore di Dio e senza turbamento il non essere accolti, il cardinal Vallini ha sottolineato l’importanza del perdono e della pace per il Santo: “nella logica del Vangelo, non prevalere su nessuno, non imporsi con la violenza, la pace può essere fatta quando nasce dalla riconciliazione con sé stessi in Cristo Signore. Era la pace che Francesco dava a tutti quelli che incontrava sul suo cammino.”

Ha terminato l’omelia chiedendo al Signore “il dono della sapienza, cioè quel lume interiore che nella luce di Dio rende semplice la vita con il ritorno alla sorgente di tutto, Dio e Dio solo. Il messaggio di San Francesco che oggi vogliamo raccogliere è di poter dire anche noi: Dio esiste ed è tutto. La luce del Vangelo sia lampada ai nostri passi e la luce sul nostro cammino, illumini la nostra vita e le relazioni che intratteniamo con chi ci vive accanto, e con semplicità e letizia ritorniamo a stupirci dei doni di Dio, abbandonandoci con fiducia a Lui. Le cose della terra usiamole non con l’animo di possederle per sempre, ma come mezzi necessari alla nostra condizione e, poveri di spirito e umili, contempliamo il Crocifisso, fissando lo sguardo sul suo dolore, riconosceremo il male del peccato, sentiremo il bisogno della purificazione e della penitenza e ci libereremo da tutto ciò che ci opprime. Cresciamo come uomini e donne di pace, contrastiamo le insidie delle culture di morte, sappiamo perdonare, condividiamo le sofferenze dei poveri, degli ultimi, degli emarginati, dei tanti cercatori di pace e di dignità, riapriamo ai tanti crocifissi della vita le porte della speranza.”


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