Il leader della Coalizione Nazionale Siriana alla Casa Bianca chiede anche armi antiaeree, ma Kerry declina. Ucciso ad Aleppo leader saudita di Al Nusra. L’inviato ONU Brahimi si arrende e si dimette.
NenaNews – Che la questione siriana sia stata trasformata da subito in terreno di scontro internazionale è ormai un dato acclarato. Eppure non mancano ulteriori dimostrazioni del ruolo dei tanti attori occidentali e arabi nella guerra civile che sta insanguinando la Siria da oltre tre anni. Ieri, mentre il presidente statunitense Obama elargiva sostegno e denaro alla Coalizione Nazionale Siriana, ad Aleppo le truppe di Damasco uccidevano Mohammad Al-Qafari, noto come Abubakr Najdi, leader saudita del Fronte Al-Nusra in Siria.
Stati Uniti e Arabia Saudita non hanno mai nascosto l’interesse strategico e politico a sostenere le opposizioni siriane al regime di Bashar al-Assad, chi puntando sui moderati chi sugli islamisti. Alla Casa Bianca, ieri, Obama ha incontrato Ahmad Jarba, leader di quella Coalizione Nazionale considerata fin da subito unico interlocutore credibile e unico rappresentante legittimo del popolo siriano per poi finire relegata in un angolo dall’avanzata delle forze di opposizione qaedista. Tanto che Washington non ha nascosto all’amico Jarba le proprie preoccupazioni: e se denaro e equipaggiamenti non letali finissero nelle mani degli estremisti? Jarba lo ha rassicurato, incassando i 287 milioni di dollari in aiuti forniti dagli Stati Uniti per proseguire nel conflitto con Damasco.
Tanti soldi, che si aggiungono ai miliardi finora spesi dall’amministrazione Obama ma che a Jarba non sembrano bastare: in un incontro privato con il segretario di Stato Kerry, il leader della Coalizione avrebbe chiesto anche armi antiaeree per prevenire i bombardamenti governativi, ricevendo per ora il no di Washington preoccupata dal possibile utilizzo da parte di gruppi islamisti, sul terreno ormai molto più potenti e efficaci dell’Esercito Libero Siriano. Insomma, Jarba – dicono gli Stati Uniti – deve accontentarsi di equipaggiamento per le comunicazioni e strumentazioni non letali, seppure non sono pochi gli analisti che accusano da tempo il Pentagono di rifornire di armi vere le opposizioni siriane attraverso i Paesi del Golfo e la Turchia.
In prima linea c’è proprio l’Arabia Saudita, con le mani infilate dentro il conflitto siriano fin dagli albori. Ufficialmente e non, brandendo la Lega Araba come arma strategica e inviando denaro e miliziani sul campo. Ieri a morire sotto il fuoco delle truppe di Damasco è stato un leader saudita del Fronte al-Nusra, formazione qaedista divenuta in poco tempo centrale nella guerra civile siriana. Mohammad Al-Qafari è stato ucciso ad Aleppo, nel quartiere di Al-Zahra, mentre la battaglia imperversava in quasi tutta la città. Dopo la riconquista di Homs, il regime punta alla ripresa totale di Aleppo, seconda città siriana per importanza.
E sul terreno Damasco ottiene nuove vittorie, sul piano diplomatico si registra una nuova sconfitta (annunciata) per le Nazioni Unite: dopo le dimissioni due anni fa dell’inviato speciale Kofi Annan, stavolta tocca al suo successore. Lakhdar Brahimi, da due anni impegnato a mediare tra regime, ribelli e comunità internazionale, ha annunciato che il 31 maggio lascerà il ruolo di inviato speciale dell’ONU. Brahimi, che ha organizzato la fallimentare Ginevra II, avrebbe optato per le dimissioni dopo l’annuncio delle elezioni siriane, che si terranno il prossimo 3 giugno, riprova dell’inefficacia dei negoziati per una transizione politica pacifica.
NenaNews – Che la questione siriana sia stata trasformata da subito in terreno di scontro internazionale è ormai un dato acclarato. Eppure non mancano ulteriori dimostrazioni del ruolo dei tanti attori occidentali e arabi nella guerra civile che sta insanguinando la Siria da oltre tre anni. Ieri, mentre il presidente statunitense Obama elargiva sostegno e denaro alla Coalizione Nazionale Siriana, ad Aleppo le truppe di Damasco uccidevano Mohammad Al-Qafari, noto come Abubakr Najdi, leader saudita del Fronte Al-Nusra in Siria.
Stati Uniti e Arabia Saudita non hanno mai nascosto l’interesse strategico e politico a sostenere le opposizioni siriane al regime di Bashar al-Assad, chi puntando sui moderati chi sugli islamisti. Alla Casa Bianca, ieri, Obama ha incontrato Ahmad Jarba, leader di quella Coalizione Nazionale considerata fin da subito unico interlocutore credibile e unico rappresentante legittimo del popolo siriano per poi finire relegata in un angolo dall’avanzata delle forze di opposizione qaedista. Tanto che Washington non ha nascosto all’amico Jarba le proprie preoccupazioni: e se denaro e equipaggiamenti non letali finissero nelle mani degli estremisti? Jarba lo ha rassicurato, incassando i 287 milioni di dollari in aiuti forniti dagli Stati Uniti per proseguire nel conflitto con Damasco.
Tanti soldi, che si aggiungono ai miliardi finora spesi dall’amministrazione Obama ma che a Jarba non sembrano bastare: in un incontro privato con il segretario di Stato Kerry, il leader della Coalizione avrebbe chiesto anche armi antiaeree per prevenire i bombardamenti governativi, ricevendo per ora il no di Washington preoccupata dal possibile utilizzo da parte di gruppi islamisti, sul terreno ormai molto più potenti e efficaci dell’Esercito Libero Siriano. Insomma, Jarba – dicono gli Stati Uniti – deve accontentarsi di equipaggiamento per le comunicazioni e strumentazioni non letali, seppure non sono pochi gli analisti che accusano da tempo il Pentagono di rifornire di armi vere le opposizioni siriane attraverso i Paesi del Golfo e la Turchia.
In prima linea c’è proprio l’Arabia Saudita, con le mani infilate dentro il conflitto siriano fin dagli albori. Ufficialmente e non, brandendo la Lega Araba come arma strategica e inviando denaro e miliziani sul campo. Ieri a morire sotto il fuoco delle truppe di Damasco è stato un leader saudita del Fronte al-Nusra, formazione qaedista divenuta in poco tempo centrale nella guerra civile siriana. Mohammad Al-Qafari è stato ucciso ad Aleppo, nel quartiere di Al-Zahra, mentre la battaglia imperversava in quasi tutta la città. Dopo la riconquista di Homs, il regime punta alla ripresa totale di Aleppo, seconda città siriana per importanza.
E sul terreno Damasco ottiene nuove vittorie, sul piano diplomatico si registra una nuova sconfitta (annunciata) per le Nazioni Unite: dopo le dimissioni due anni fa dell’inviato speciale Kofi Annan, stavolta tocca al suo successore. Lakhdar Brahimi, da due anni impegnato a mediare tra regime, ribelli e comunità internazionale, ha annunciato che il 31 maggio lascerà il ruolo di inviato speciale dell’ONU. Brahimi, che ha organizzato la fallimentare Ginevra II, avrebbe optato per le dimissioni dopo l’annuncio delle elezioni siriane, che si terranno il prossimo 3 giugno, riprova dell’inefficacia dei negoziati per una transizione politica pacifica.
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