Cerimonie di commemorazione a Brescia a 40 anni da una strage impunita. I rintocchi delle campane, nell’ora dello scoppio della bomba, per ricordare le otto vittime del 28 maggio 1974.
L’orologio segna le 10 e 12 minuti. Il silenzio nella piazza è totale. Commovente. A romperlo, il suono di 8 rintocchi. Sembrano voler scandire gli otto nomi delle vittime della strage. Piazza della Loggia è muta ed ascolta: “Giulietta Banzi Bazoli 34 anni insegnante, Livia Bottardi Milani 32 anni insegnante, Euplo Natali 69 anni pensionato, Luigi Pinto 25 anni insegnante, Bartolomeo Talenti 56 anni operaio, Alberto Trebeschi 37 anni insegnante, Clementina Calzari Trebeschi 31 anni insegnante, Vittorio Zambarda 60 anni operaio”.
28 maggio 1974. Una pioggia sottile e fastidiosa quel mattino aveva costretto molti partecipanti, alla manifestazione sindacale antifascista, a ripararsi sotto il porticato della piazza a pochi passi dal cestino portarifiuti diventato drammaticamente famoso. Lo scoppio è devastante e il bilancio terribile: otto morti e un centinaio di feriti. Sono passati 40 anni e una Brescia stanca accoglie la cerimonia di commemorazione per l’anniversario della strage. Una Brescia che, nonostante depistaggi e assoluzioni, non sa e non vuole dimenticare. Stremata, arrabbiata. Ma non si arrende e chiede ancora giustizia.
Erano in tantissimi in piazza a 40 anni dalla strage. Gente comune. Chi quel giorno l’ha vissuto e chi lo ha solo sentito raccontare, chi ha sofferto per anni di rimandi e ingiustizie e chi sul palco stava parlando alla folla attenta che gremiva la piazza come Franco Castrezzati, ex sindacalista Cisl. C’era il primo cittadino di Brescia - Emilio Del Bono - e i sindaci di Milano e Bologna - Pisapia e Merola - uniti a rappresentare tre città segnate dalla violenza delle stragi. C’era, in rappresentanza dei familiari delle vittime, Arnaldo Trebeschi con le sue toccanti parole: “I cuori si sono riempiti di rabbia, civile e politica, di commozione, sofferenza e disperazione ma anche di coraggio… Penso ai giovani, ai quali è affidata la speranza perché si possa vivere senza lo spettro della violenza eversiva… Solo ora possiamo dire con certezza che la strage del 28 maggio è una strage fascista e non ammette, come qualcuno tenta di fare, alcuna conciliazione. E non ho voglia di perdonare”.
Manlio Milani, Presidente della Casa della Memoria che quel terribile giorno perse la moglie, aggiunge: “Vogliamo sapere chi ha ucciso le persone a noi care e soprattutto perché, per far sì che non si ripeta mai più. Conoscere la verità è la speranza di un Paese che non ha paura di raccontare la sua storia”.
Dopo 40 anni, dunque, si cerca ancora la verità.
Come ricordiamo nel 1993 venne aperta una terza inchiesta sulla strage, dopo l’assoluzione degli imputati delle due precedenti, a carico di Zorzi, Maggi, Rauti, Tramonte e Delfino. Nel 2010 gli imputati furono assolti per insufficienza di prove, assoluzione confermata nel 2012. In seguito all’appello della Procura, nel febbraio di quest’anno, la Cassazione ha annullato la sentenza di assoluzione per i due esponenti neofascisti Maggi e Tramonte. Si attende ora un nuovo processo d’appello.
Oggi, 28 maggio 2014, un raggio di sole filtrava dall’insegna di uno storico negozio della piazza per proiettarsi sulla stele commemorativa e sui nomi delle otto vittime. Quasi un segnale. Una richiesta di luce, di chiarezza. Per una città che non si arrende.
28 maggio 1974. Una pioggia sottile e fastidiosa quel mattino aveva costretto molti partecipanti, alla manifestazione sindacale antifascista, a ripararsi sotto il porticato della piazza a pochi passi dal cestino portarifiuti diventato drammaticamente famoso. Lo scoppio è devastante e il bilancio terribile: otto morti e un centinaio di feriti. Sono passati 40 anni e una Brescia stanca accoglie la cerimonia di commemorazione per l’anniversario della strage. Una Brescia che, nonostante depistaggi e assoluzioni, non sa e non vuole dimenticare. Stremata, arrabbiata. Ma non si arrende e chiede ancora giustizia.
Erano in tantissimi in piazza a 40 anni dalla strage. Gente comune. Chi quel giorno l’ha vissuto e chi lo ha solo sentito raccontare, chi ha sofferto per anni di rimandi e ingiustizie e chi sul palco stava parlando alla folla attenta che gremiva la piazza come Franco Castrezzati, ex sindacalista Cisl. C’era il primo cittadino di Brescia - Emilio Del Bono - e i sindaci di Milano e Bologna - Pisapia e Merola - uniti a rappresentare tre città segnate dalla violenza delle stragi. C’era, in rappresentanza dei familiari delle vittime, Arnaldo Trebeschi con le sue toccanti parole: “I cuori si sono riempiti di rabbia, civile e politica, di commozione, sofferenza e disperazione ma anche di coraggio… Penso ai giovani, ai quali è affidata la speranza perché si possa vivere senza lo spettro della violenza eversiva… Solo ora possiamo dire con certezza che la strage del 28 maggio è una strage fascista e non ammette, come qualcuno tenta di fare, alcuna conciliazione. E non ho voglia di perdonare”.
Manlio Milani, Presidente della Casa della Memoria che quel terribile giorno perse la moglie, aggiunge: “Vogliamo sapere chi ha ucciso le persone a noi care e soprattutto perché, per far sì che non si ripeta mai più. Conoscere la verità è la speranza di un Paese che non ha paura di raccontare la sua storia”.
Dopo 40 anni, dunque, si cerca ancora la verità.
Come ricordiamo nel 1993 venne aperta una terza inchiesta sulla strage, dopo l’assoluzione degli imputati delle due precedenti, a carico di Zorzi, Maggi, Rauti, Tramonte e Delfino. Nel 2010 gli imputati furono assolti per insufficienza di prove, assoluzione confermata nel 2012. In seguito all’appello della Procura, nel febbraio di quest’anno, la Cassazione ha annullato la sentenza di assoluzione per i due esponenti neofascisti Maggi e Tramonte. Si attende ora un nuovo processo d’appello.
Oggi, 28 maggio 2014, un raggio di sole filtrava dall’insegna di uno storico negozio della piazza per proiettarsi sulla stele commemorativa e sui nomi delle otto vittime. Quasi un segnale. Una richiesta di luce, di chiarezza. Per una città che non si arrende.
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