mercoledì, aprile 16, 2014
Sono centinaia di milioni nel mondo i bambini ridotti in schiavitù e li troviamo ovunque nel mondo, dall’Africa, all’America Latina. Per ricordare quanto sia necessaria la lotta a questo fenomeno, oggi si celebra la Giornata internazionale contro la schiavitù infantile in memoria anche di Iqbal Masih, bimbo pakistano di nove anni, ucciso il 16 aprile del 1992 perché divenuto il simbolo della lotta contro il lavoro infantile nell’industria tessile pakistana. Il servizio di Francesca Sabatinelli: ascolta

Radio Vaticana - Molti sono costretti a lavorare, spesso nelle fabbriche di proprietà di multinazionali, altri sono obbligati ai lavori domestici, altri ancora sono sfruttati sessualmente o vittime della tratta, per molti ancora il destino è diventare soldato o vivere in strada per mendicare. A tutti loro l’infanzia è stata spezzata. Sono i bambini ai quali in tante parti del mondo viene impedito di giocare, di andare a scuola. Sono bambini oggetto di violenze, ma “nessun bambino - diceva Iqbal Masih - dovrebbe impugnare mai uno strumento di lavoro . Gli unici strumenti di lavoro che un bambino dovrebbe tenere in mano sono penne e matite”. Raffaele K. Salinari, presidente di "Terres des Hommes - Italia":

R. – Essere costretto a lavorare per conto terzi, spesso senza salario, è una delle forme di schiavitù classiche: l’Organizzazione internazionale del lavoro ci dice che sono ancora quasi 200 milioni i bambini che lavorano in stato di schiavitù, cioè che sono attaccati a una macchina, a un telaio, costretti a costruire dal punto di vista manifatturiero qualche cosa. Quindi, parliamo del 10 per cento della popolazione minorile nel mondo, prevalentemente concentrata in Asia e nell’Africa subsahariana. Però, queste forme di schiavitù “classiche” oggi sono anche ampiamente sorpassate da nuove forme di schiavitù che noi conosciamo poco o che non riusciamo a capire in tutta la loro ampiezza, ma che rappresentano – a nostro modo di vedere, come "Terres des Hommes" – nuove forme di schiavitù ancora più gravi, sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. Un esempio eclatante è quello delle nuove schiavitù sessuali, al di là della prostituzione infantile, che è sempre un fenomeno gigantesco, abbiamo nuove frontiere: per esempio, lo sfruttamento della sessualità infantile via webcam. Noi abbiamo fatto un esperimento, qualche mese fa, come "Terres des Hommes International", immettendo sul mercato della prostituzione via webcam, una bambina virtuale, "Sweetie"’, che diceva di avere 11 anni e di essere filippina: in un mese, ha ricevuto più di 150 mila proposte via webcam da uomini di tutto il mondo. Questo è uno dei tanti esempi delle nuove forme di sfruttamento del corpo infantile che, appunto, vengono tenute in scarsissima considerazione dai legislatori internazionali, ma che vanno evidenziate.

D. – In questi anni, ci sono stati progressi non solo nella sensibilizzazione nei riguardi di questo fenomeno, ma nella lotta alla schiavitù infantile?

R. – Decisamente sì per ciò che riguarda le forme “classiche”, quelle dello sfruttamento della manualità infantile, manifatturiera, bambini che costruiscono i palloni o intrecciano i fili dei nostri tappeti. Fino a dieci anni fa, erano 300 milioni questi bambini, quindi una cifra gigantesca, oggi sono tra i 200 e i 250 milioni. Quindi, in particolare in alcune parti del mondo, notoriamente in America Latina, sono stati fatti grandi progressi sulle forme conosciute. D’altra parte, però, c’è ancora una scarsa considerazione e consapevolezza, sia dal punto di vista dell’opinione pubblica, sia dal punto di vista quindi del legislatore, rispetto a nuovi fenomeni che invece vanno portati alla luce del sole e che quindi devono essere regolamentati e combattuti come sono state combattute le forme “classiche”. Secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil), oltre 10 milioni di bambini lavorano come servi domestici, oltre la metà avrebbero tra i 5 e i 14 anni. Per l’Ilo, questa piaga riguarda tutto il mondo, ma è concentrata in particolar modo nell’Africa subsahariana. Questi bambini, sfruttati nella cura della casa e per assistenza agli anziani, sono spesso sottoposti a violenze, fisiche, psichiche e sessuali. Anna Pozzi, giornalista di Mondo e Missione, esperta di Africa: R. – Ho ritrovato bambini sfruttati per i lavori domestici in molti contesti dell’Africa e, in particolare, in Africa occidentale. In Nigeria, questo fenomeno è estremamente diffuso: molti bambini nigeriani vengono sfruttati in situazioni di reclusione all’interno delle case delle famiglie più benestanti nei lavori domestici, non hanno alcuna libertà e spesso vengono maltrattati. Sono nigeriani ma provengono anche dai Paesi limitrofi, in particolare Benin e Togo, dove, a causa della gravissima povertà, le famiglie li mandano nelle case di gente benestante, con la promessa spesso che verranno fatti studiare. In realtà, una volta lì vengono reclusi, segregati e sfruttati pesantemente. Non hanno la libertà di muoversi, di uscire di casa e vengono costretti ai lavori domestici, anche molto pesanti a volte. In alcune situazioni, ci sono anche abusi sessuali.

D. – Un altro aspetto è lo sfruttamento dei bambini, la riduzione in condizioni di schiavitù, per la mendicità. Questo è un fenomeno che purtroppo abbraccia tanti Paesi, ma molto sentito in Africa, soprattutto in Senegal?

R. – Sì, riguarda un po’ tutta la regione del Sahel, Senegal, Mali, una parte del Burkina, il Niger e così via, ed è legato molto spesso alle scuole coraniche, dove i cosiddetti allievi talibé, così vengono chiamati, sono costretti ad andare nelle strade a chiedere l’elemosina. Questa è una pratica molto diffusa, che però prende, in alcuni contesti e in alcuni casi, la connotazione di un vero e proprio sfruttamento. Questi bambini sono costretti a farlo e spesso subiscono delle violenze se non raccolgono abbastanza soldi, vivono in condizioni estremamente precarie, in mancanza dei beni di prima necessità, passando molto del loro tempo lungo le strade per cercare di recuperare qualche soldo o qualcosa da portare poi al maestro.


Sono presenti 0 commenti

Inserisci un commento

Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.



___________________________________________________________________________________________
Testata giornalistica iscritta al n. 5/11 del Registro della Stampa del Tribunale di Pisa
Proprietario ed Editore: Fabio Gioffrè
Sede della Direzione: via Socci 15, Pisa