martedì, marzo 11, 2014
Polemiche e preoccupazione dopo la scarcerazione di cinque presunti killer di tre missionari protestanti uccisi nel 2007.  

Vatican Insider - Ha fatto scattare campanelli d'allarme nella comunità cristiana in Turchia la liberazione negli ultimi giorni dei cinque presunti assassini dei tre missionari protestanti torturati e uccisi nel 2007 a Malatya. I cinque uomini, vicini ai movimenti ultranazionalisti, erano stati arrestati subito dopo il massacro nella sede della piccola casa editrice evangelica Zirve, dove un missionario tedesco e due turchi erano stati prima incatenati, poi torturati, perché confessassero le loro attività di `proselitismo´, e quindi sgozzati. Sono usciti venerdì dal carcere di massima sicurezza di Malatya in base a una nuova legge che limita a cinque anni il massimo della carcerazione preventiva. Il loro processo, fra ripetuti rinvii, è ancora in corso. La loro scarcerazione ha messo «in ansia» i cristiani, scrive Zaman online.

Durante il processo i cinque hanno più volte minacciato le famiglie delle vittime e le ong cristiane. Nella velenosa campagna elettorale in corso per le amministrative del 30 marzo, cruciali per il futuro politico del premier islamico Recep Tayyip Erdogan, invischiato negli scandali di corruzione, c'è chi paventa un ritorno - come fra il 2006 e il 2010 - della violenza contro la piccola comunità cristiana. L'opposizione teme una strategia della tensione, il sindaco di Ankara, del partito islamico Akp di Erdogan, ha preannunciato attentati prima della fine della campagna. La comunità cristiana di Turchia è preoccupata, sottolineano Taraf e Milliyet. «Le nostre vite e quelle delle nostre famiglie sono in grande pericolo, seguiamo questi sviluppi con angoscia» ha scritto l'Associazione delle Chiese protestanti di Turchia.

Venerdi è stato scarcerato anche Erhan Tuncel, sotto processo per l'assassinio a Istanbul sempre nel 2007 del giornalista cristiano armeno Hrant Dink, condannato due anni prima a sei mesi di carcere per «offese all'identità turca».

In Turchia rimangono circa 120mila cristiani su una popolazione di 75 milioni, a stragrande maggioranza musulmani sunniti. Ankara riconosce ufficialmente le comunità ortodosse greca e armena, non i cattolici. Nel paese c'è ostilità verso il `proselitismo´ di altre religioni. La piccola comunità cristiana ha vissuto un periodo buio, fra l'omicidio nel 2006 a Trebisonda dell'italiano don Andrea Santoro, ucciso da un estremista al grido di `Allah Akhbar´, a quello nel 2010 a Antiochia di Mgr Luigi Padovese, vicario apostolico dell'Anatolia, assassinato a coltellate dall'autista musulmano. Il timore è di un ritorno di quegli anni bui, nell'attuale momento di grande tensione politica e di incertezza. I cristiani temono una possibile «campagna di odio» ha scritto di recente Al Monitor, ricordando che in dicembre c'è stata una campagna «senza precedenti» contro i simboli del Natale `cristiano´ da parte di gruppi nazionalisti islamici. Su Piazza Bezayit a Istanbul il 26 dicembre è stato `circonciso´ e poi accoltellato un pupazzo raffigurante Babbo Natale. Crescono anche le voci di una possibile riconversione in moschea della basilica di Santa Sofia di Istanbul, uno dei grandi simboli della Cristianità.


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