Per non dimenticare la crudeltà dei campi di concentramento nazisti, ecco un libro insolito, la storia di un'amicizia tra una ragazzina e un ebreo, sopravvissuto ad Auschwitz.
“Perché vuoi sapere? Sei ancora giovane per queste cose. Quanti anni hai, undici?”. Questa è la prima domanda che Michael Emge, ebreo sopravvissuto ai lager nazisti, pone a Judith, una ragazzina che ama suonare il violino. “In un primo momento non sapevo cosa rispondere. - pensa Judith - Volevo solo sapere cosa fosse successo allora. Da qualcuno che lo avesse vissuto in prima persona. Poi, facendomi coraggio, ho risposto: Ho già letto molto su quel periodo. Ma non voglio limitarmi a leggere. Voglio parlare con qualcuno che vissuto tutte quelle esperienze”
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Ed è proprio questa l'impressione che ha il lettore, leggendo questo libro: gli sembra di incontrare in prima persona Michael Emge, che pian piano svela la sua storia, spolverando ricordi ormai invecchiati negli anni, ma mai dimenticati. Si tratta di un libro meraviglioso: l'incontro tra un vecchio e un bambino – per dirla con Guccini – tra due generazioni differenti, ma profondamente unite. E' l'incontro tra un uomo, che dopo tanti anni, ha ancora stampati negli occhi e sul cuore, gli orrori della guerra, e che, confessa, non potrà mai più essere felice. “[Michael Emge] aveva nove anni quando Adolf Hitler attaccò la Polonia, dando inizio alla Seconda guerra mondiale. Fu la fine di un'infanzia e di un promettente futuro da violinista”.
L'autrice del libro, Angela Krumpen, giornalista radiofonica e scrittrice, racconta in modo appassionato la storia di queste due vite, che si intrecciano, che si incontrano nella comune passione per la musica e per la storia. Attraverso la tecnica del flashback, la Krumpen sembra attraversare il tempo, andando avanti e indietro, da quegli anni bui della guerra, fino ai nostri giorni di benessere, per poi tuffarsi di nuovo in quel passato indimenticabile e così lacerante.
“C'era un ufficiale delle SS, – racconta Emge – che ci separò. Le donne furono destinate al campo femminile, gli uomini a quello maschile. All'improvviso ero in uno stato in cui non mi importava più di niente. Avevo un solo pensiero fisso: dormire, ovviamente, per evitare di pensare. Ci portarono alla nostra baracca e assegnarono a tutti un numero. Quando ricevetti il mio, qualcuno mi disse: Adesso non sei più una persona, sei solo un numero”. Questa fu la crudeltà dei campi di concentramento, in cui si arrivò a perdere la dignità di persona umana, fino a diventare solo un numero, senza un nome.
Questo libro è molto coinvolgente. E' indicato a tutti coloro che non vogliono dimenticare gli orrori dell'Olocausto, e che vogliono sapere qualcosa in più anche su Schindler, nella cui fabbrica Emge lavorò. Si tratta di un libro molto profondo e, allo stesso tempo, delicato. Come i petali di un fiore, Judith raccoglie dalle labbra di Emge, storie di dolore e di sofferenza, ma anche di rinascita.
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Ed è proprio questa l'impressione che ha il lettore, leggendo questo libro: gli sembra di incontrare in prima persona Michael Emge, che pian piano svela la sua storia, spolverando ricordi ormai invecchiati negli anni, ma mai dimenticati. Si tratta di un libro meraviglioso: l'incontro tra un vecchio e un bambino – per dirla con Guccini – tra due generazioni differenti, ma profondamente unite. E' l'incontro tra un uomo, che dopo tanti anni, ha ancora stampati negli occhi e sul cuore, gli orrori della guerra, e che, confessa, non potrà mai più essere felice. “[Michael Emge] aveva nove anni quando Adolf Hitler attaccò la Polonia, dando inizio alla Seconda guerra mondiale. Fu la fine di un'infanzia e di un promettente futuro da violinista”.
L'autrice del libro, Angela Krumpen, giornalista radiofonica e scrittrice, racconta in modo appassionato la storia di queste due vite, che si intrecciano, che si incontrano nella comune passione per la musica e per la storia. Attraverso la tecnica del flashback, la Krumpen sembra attraversare il tempo, andando avanti e indietro, da quegli anni bui della guerra, fino ai nostri giorni di benessere, per poi tuffarsi di nuovo in quel passato indimenticabile e così lacerante.
“C'era un ufficiale delle SS, – racconta Emge – che ci separò. Le donne furono destinate al campo femminile, gli uomini a quello maschile. All'improvviso ero in uno stato in cui non mi importava più di niente. Avevo un solo pensiero fisso: dormire, ovviamente, per evitare di pensare. Ci portarono alla nostra baracca e assegnarono a tutti un numero. Quando ricevetti il mio, qualcuno mi disse: Adesso non sei più una persona, sei solo un numero”. Questa fu la crudeltà dei campi di concentramento, in cui si arrivò a perdere la dignità di persona umana, fino a diventare solo un numero, senza un nome.
Questo libro è molto coinvolgente. E' indicato a tutti coloro che non vogliono dimenticare gli orrori dell'Olocausto, e che vogliono sapere qualcosa in più anche su Schindler, nella cui fabbrica Emge lavorò. Si tratta di un libro molto profondo e, allo stesso tempo, delicato. Come i petali di un fiore, Judith raccoglie dalle labbra di Emge, storie di dolore e di sofferenza, ma anche di rinascita.
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