giovedì, gennaio 16, 2014
"Nel miele in vendita nell’Unione Europea non è necessario indicare in etichetta la presenza di polline contaminato ogm nonostante il boom delle importazioni da Paesi a rischio contaminazione come la Cina che nel 2013 ha aumentato del 29 per cento le spedizioni in Italia”. È quanto rende noto la Coldiretti sulla base degli emendamenti votati dal parlamento Europeo.  

InformaSalus - Secondo la Coldiretti il rischio concreto è che venga venduto sul mercato miele con polline ogm senza nessuna indicazione in etichetta perché secondo la relazione il polline, essendo una componente naturale specifica del miele non va considerato un ingrediente e di conseguenza non sarà mai necessario indicare in etichetta la presenza di polline ogm dal momento che rappresenta un valore inferiore alla soglia dello 0,9 per cento prevista dalla legislazione europea. “Una interpretazione che non rispecchia la posizione proposta dalla Commissione Ambiente del Parlamento, in linea con la sentenza della Corte di giustizia, del 6 settembre 2011, secondo la quale il polline è un ingrediente del miele e quindi la presenza di ogm va indicata in etichetta” .

“Il testo modificato – ha precisato la Coldiretti - è stato adottato con 430 voti a favore, 224 contrari e 19 astensioni dal Parlamento europeo che, su richiesta della Relatrice, l’On. Julie Girling, ha sospeso il voto finale per dare mandato alla stessa di negoziare con il Consiglio al fine di raggiungere un accordo in prima lettura. Si tratta di un orientamento preoccupante perché la coltivazione di un campo Ogm è in grado di determinare la contaminazione del miele attraverso il trasporto del polline da parte delle api.

In Italia grazie all’azione della Coldiretti è vietato coltivare ogm e di conseguenza non è contaminato il miele prodotto sul territorio nazionale che è riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria. Un discorso diverso vale per il miele importato in ingenti quantità da paesi comunitari ed extracomunitari in cui sono diffuse le coltivazioni biotech come la Cina. L’Italia - conclude la Coldiretti - importa oltre la metà del proprio fabbisogno con una produzione nazionale per un valore di circa 15 milioni di chili dei quali circa 2 milioni proprio dal gigante asiatico con un aumento del 29 per cento nei primi nove mesi del 2013”.


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