Giornata mondiale dell'emigrazione con le comunita' di Trevisaninelmondo sparse nei cinque continenti
di Renato Zilio
Domenica 19 gennaio. Giornata mondiale dell’emigrazione. Un piatto di pasta e fagioli alla trattoria da Raimondo non è mai stato così delizioso. Da avere tutti i sapori, anche quello del mondo. I discorsi, infatti, viaggiano tra Canada, Sidney, Ginevra e altrove... come i vari punti del mappamondo, che i trevisani nel mondo coltivano come un angolo di casa loro. Emigrando. Il comitato direttivo dell’ associazione “Trevisani nel mondo”, attorno al fondatore Don Canuto Toso, oggi li ripassa a uno a uno qui all’osteria. Come una lezione di scuola. Ricordando tra gioia, emozione e risate i tanti incontri all’estero, i mille volti di gente nostrana partita, le infinite sorprese che vi cadevano addosso come saette. Quando giri il mondo, la vita è fatta così! I nostri trevisani non hanno esportato con loro radicchio rosso o prosecco - che restano unici qui - ma l’arte e i valori antichi che li hanno fatti nascere e crescere. Franchezza, amabilità, senso di famiglia, laboriosità e un rosario di altre belle qualità. Contorno delizioso questo, oggi, giorno dei migranti, che gusti anche a tavola.
La messa presieduta da don Adelino, parroco di S.Maria del Rovere, grossa periferia di Treviso, era stata lunga, solenne e anch’essa dal sapore di mondo. Bambini di diverse nazionalità avevano regalato ai presenti la parola pace. Quasi fossero dei gesubambino discesi dal presepio, che era ancora in piedi, in fondo alla chiesa. Ma, in verità, è proprio vero. Questi bambini stranieri costruiscono come veri artigiani ogni giorno in mezzo a noi – direbbe ridendo papa Francesco – il dono più grande di Dio: la pace tra gli uomini. Fanno la sintesi di culture, di lingue, di sensibilità e di tradizioni differenti. Nel loro cuore e nella mente. E saranno uomini di domani. Di quell’Italia multiculturale e aperta al mondo, che noi adulti non vedremo...
Al mattino presto, invece, Trevisani nel mondo aveva organizzato un incontro vario e colorito sull’emigrazione di oggi. Giusto il tempo per padre Renato Zilio* di ricordare che vista dall'estero la nostra patria pare fatta di paesaggi da cartolina postale, stupende vedute, ma anche di un sottile feudalesimo, un misto di privilegi, tasse, balzelli, corporazioni, feudi, che l’emigrazione ad intra o ad extra aiuta a superare con il suo senso aperto del mondo. Anche la crisi ci ricorda sulla nostra pelle, rifletteva poi un artista musicale, Andrea Zuin, i nostri grandi valori perduti. Da ritrovare al più presto. “Un mondo nuovo ormai è alle porte” declamava deciso, infatti, don Adelino. “E chi varda la luna casca nel fosso!” sembrava farvi eco un antico proverbio trevigiano.
*Autore di un best-seller EMI, "Dio attende alla frontiera"
di Renato Zilio
Domenica 19 gennaio. Giornata mondiale dell’emigrazione. Un piatto di pasta e fagioli alla trattoria da Raimondo non è mai stato così delizioso. Da avere tutti i sapori, anche quello del mondo. I discorsi, infatti, viaggiano tra Canada, Sidney, Ginevra e altrove... come i vari punti del mappamondo, che i trevisani nel mondo coltivano come un angolo di casa loro. Emigrando. Il comitato direttivo dell’ associazione “Trevisani nel mondo”, attorno al fondatore Don Canuto Toso, oggi li ripassa a uno a uno qui all’osteria. Come una lezione di scuola. Ricordando tra gioia, emozione e risate i tanti incontri all’estero, i mille volti di gente nostrana partita, le infinite sorprese che vi cadevano addosso come saette. Quando giri il mondo, la vita è fatta così! I nostri trevisani non hanno esportato con loro radicchio rosso o prosecco - che restano unici qui - ma l’arte e i valori antichi che li hanno fatti nascere e crescere. Franchezza, amabilità, senso di famiglia, laboriosità e un rosario di altre belle qualità. Contorno delizioso questo, oggi, giorno dei migranti, che gusti anche a tavola.
La messa presieduta da don Adelino, parroco di S.Maria del Rovere, grossa periferia di Treviso, era stata lunga, solenne e anch’essa dal sapore di mondo. Bambini di diverse nazionalità avevano regalato ai presenti la parola pace. Quasi fossero dei gesubambino discesi dal presepio, che era ancora in piedi, in fondo alla chiesa. Ma, in verità, è proprio vero. Questi bambini stranieri costruiscono come veri artigiani ogni giorno in mezzo a noi – direbbe ridendo papa Francesco – il dono più grande di Dio: la pace tra gli uomini. Fanno la sintesi di culture, di lingue, di sensibilità e di tradizioni differenti. Nel loro cuore e nella mente. E saranno uomini di domani. Di quell’Italia multiculturale e aperta al mondo, che noi adulti non vedremo...
Al mattino presto, invece, Trevisani nel mondo aveva organizzato un incontro vario e colorito sull’emigrazione di oggi. Giusto il tempo per padre Renato Zilio* di ricordare che vista dall'estero la nostra patria pare fatta di paesaggi da cartolina postale, stupende vedute, ma anche di un sottile feudalesimo, un misto di privilegi, tasse, balzelli, corporazioni, feudi, che l’emigrazione ad intra o ad extra aiuta a superare con il suo senso aperto del mondo. Anche la crisi ci ricorda sulla nostra pelle, rifletteva poi un artista musicale, Andrea Zuin, i nostri grandi valori perduti. Da ritrovare al più presto. “Un mondo nuovo ormai è alle porte” declamava deciso, infatti, don Adelino. “E chi varda la luna casca nel fosso!” sembrava farvi eco un antico proverbio trevigiano.
*Autore di un best-seller EMI, "Dio attende alla frontiera"
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