mercoledì, gennaio 22, 2014
Gli uomini avanzavano incitando i quattro buoi che trainavano il pesante carro di legno: ruote e gambe affondavano nel fango della strada che dalla pianura portava su, verso la Valle. (leggi la prima parte)

di Silvio Foini

Una risata generale s'infranse contro la porta automatica della filiale della Popolare di Novara che si stava richiudendo dietro a quei due. L'Alfa Duetto correva veloce sospinta dal suo motore sportivo lungo la strada che costeggiava il Lago Maggiore ed i capelli di Laura scompigliati dal vento erano una vaporosa nuvola dorata attorno al suo bellissimo volto. Edoardo ogni tanto si distraeva dalla guida e le gettava una furtiva occhiata, la giovane, invece, fissava il serpente della strada che correva sinuoso davanti al musetto della vettura e non parlava. Gli occhi di Edoardo si posarono sulle ginocchia piacevolmente tornite di Laura che la corta gonna lasciava abbondantemente vedere. "Lo sai che sei bella?" "Tu dici?" Rispose la ragazza. "Dico. Dico. E dico anche che siamo arrivati." Scalò la marcia ed imboccò una piccola strada sulla destra della statale del lago che saliva lungo la costa della montagna sopra Lesa. "Vedi quella vecchia villa rosa? Ecco, è quella che ti dicevo, di là si vede un panorama stupendo, sai? Tutta la sponda varesina, da Angera a Sesto Calende..." "Ci vieni spesso?" Domandò lei. "No! Saranno anni che non lo faccio - confessò Edoardo - non mi viene mai in mente di venire qui..." "Come mai oggi?" "Quando saremo arrivati, te lo spiegherò. Laura." "Uh! Che tipo misterioso sei!" Laura accese, a fatica due sigarette e ne porse una a Edoardo. "Grazie, mi piacciono le sigarette di seconda mano!" La ragazza rise e gli appoggiò la testa sulla spalla. Dopo qualche chilometro ancora, raggiunsero un ampio spiazzo: da lì si poteva vedere il pittoresco scenario del lago Maggiore che pareva una gemma incastonata fra le montagne. "Oh! E' stupendo Edoardo. Davvero!" "Lo è Laura, ma più ancora dalla terrazza della mia casa che sta poco più oltre quella curva là." "Dai, andiamoci allora! Voglio vederla!" "Sì, andiamo! Abbiamo anche molte cose da dirci. Non credi?" "Sì!" Fu la laconica risposta della ragazza. Risalirono in macchina e, percorsa ancora pochissima strada, apparve la grande villa color rosa antico dei Della Valle. Le cornici delle finestre, bianche con i davanzali in bianco perlino lucido di Verona, rendevano la vecchia dimora molto bella e particolare.

Edoardo balzò fuori dalla spider senza aprire la portiera ed aprì il cancello di ferro battuto che silenziosamente ruotò sui massicci cardini. La Duetto percorse il vialetto di ghiaia e si fermò presso la breve scalinata che conduceva ad una porta di legno scuro con le maniglie di bronzo. Laura sorrise nel leggere un nome inciso sulla targa di marmo rosa: "Villa Laura". "Ho capito perché mi ci hai portato, Edoardo!" "Sei contenta? Ti piace?" "Molto. E' stato carino da parte tua." "D'ora in poi, ora che ci sei tu, quest’antica casa rivivrà i suoi tempi migliori. Credo che verremo spesso qui: è come fuori dal mondo. Un posto incantato, come nelle favole..." Il giovane aprì la porta di legno e si scostò per cedere il passo a Laura. "Prima tu." La giovane entrò e alla fioca luce che penetrava dalle imposte chiuse notò che la villa doveva essere stata disabitata da tempo. Tuttavia era stupenda e per l'arredamento di mobili antichi e pregiatissimi e per gli stucchi veneziani alle pareti ed ai soffitti. Edoardo aprì la finestra e spalancò le persiane verdi: una cascata di luce dorata illuminò la magnifica stanza e Laura gli apparve divina in quell'abbagliante sfolgorio. La guardò con infinita tenerezza e la prese fra le braccia. Un'ora più tardi, felici e storditi dalla gioia di essersi amati sedettero su di un comodo divano di pelle rosa, dal quale avevano tolto una vecchia tela che qualcuno aveva disteso a protezione della polvere. "Ora dimmi, amore mio - iniziò Edoardo cingendo le spalle della giovane con un braccio - com'è possibile che noi ci si sia incontrati solo qualche ora fa ed è come se ci conoscessimo da secoli? Ho quest’impressione sai? Mi credi se dico che ti sognavo tale e quale sei quasi tutte le notti?" Laura sollevò lo sguardo verso di lui. "Si Edoardo, ti credo e se non ti metti a ridere e prometti di non prenderti gioco di me, ti spiegherò anche perché." Il giovane promise e Laura, con una certa titubanza, iniziò a parlare. "Ho molti amici a Domodossola. Alcuni, magari li conosci anche, mi hanno fatto una corte assidua già da quando avevo 16 o 17 anni: ci uscivo qualche volta, ma non me ne andava mai bene nessuno. Mi pareva di essere un po' come la principessa del pisello, sai, quella della fiaba... Non me ne spiegavo la ragione. A volte pensavo addirittura di essere anormale... le mie amiche avevano tutte il ragazzo. L'unica senza... ero sempre io. Tre anni or sono, credo in febbraio o al massimo i primi di marzo, feci uno strano sogno... Te lo racconto?" "E dai! Son tutto orecchi !" L'incalzò Edoardo, mentre accendeva due Marlboro. "Beh! - Proseguì Laura aspirando una lunga boccata di fumo quasi a prender tempo per riordinare le idee - Sognai di camminare lungo le mura semi diroccate del vecchio castello dal quale si domina tutta la nostra Valle. Sul torrione più alto stava appollaiato un grosso corvo che ogni tanto pronunciava, quasi come un richiamo, il tuo nome: Edoardo! Io battevo le mani per farlo volare via, ma quello gridava più forte. Allora, da una porta che si apriva in basso, lungo le mura, usciva un gatto nero, bellissimo con gli occhi gialli ed il mantello lucido, come se fosse bagnato che, miagolando, precedeva l'andare di un uomo giovane e vigoroso che vestiva abiti medievali. Questi levava lo sguardo verso di me, tendeva le braccia e diceva: "Laura, stanotte vieni! Ti attendo con impazienza. Ti amo da morire!" Poi s'avviava lungo il viottolo che scende dal castello, si fermava sotto una grande quercia, prendeva in braccio il gatto nero e... scompariva. Io scendevo dalle mura, raggiungevo una spaziosa sala dove stava un grande camino col fuoco acceso, entravo, attraverso una piccola porta, in una stanza da letto e... là, là... c'eri tu e ti chiamavi Edoardo. Facevamo l'amore poi, sul più bello... sparivi anche tu. E tutte le notti io venivo da te... o meglio, da quell’Edoardo che poi... sei tu. Ecco perché quando ti ho veduto stamattina, giù in banca, per poco non mi è preso un accidente. E' tutto." Edoardo strinse forte a sé la ragazza. Aveva il viso rigato di lacrime. "Ti amerò per sempre. Per tutta la vita ed oltre Laura: ti ho trovata ancora una volta. Credi alla reincarnazione?" "Non ci ho mai capito molto. - Rispose la ragazza asciugando le lacrime di gioia che rigavano il volto del giovane Della Valle. - Ma qualcosa, sotto sotto, ci deve essere di vero. Io pure ho l'impressione di amarti da molto molto tempo... e non da poche ore." Edoardo si alzò dal divano e la prese per mano. "Vieni di sopra con me. Prima che faccia buio, desidero che tu veda qualcosa..."

Lei lo seguì felice lungo la maestosa scalinata di marmo che saliva al piano superiore dell'antica villa poi il giovane si fermò davanti ad una porta bianca con gli stucchi dorati. "Qui dentro - disse - c'è un antico dipinto. Lo portò qui nel 1700 il costruttore di questa casa, un mio antenato. Ti ho condotto qui oggi affinché tu possa comprendere. Avanti, amore mio, entra!" L'invitò con un sorriso. La mano di Laura abbassò la maniglia lucidissima di quella porta ed entrò: davanti ai suoi occhi, oltre ad un magnifico letto matrimoniale con baldacchino stava, appeso alla parete, un grande quadro dalla preziosa cornice dorata, dal quale la propria immagine ritratta assieme a quella di Edoardo Della Valle, le rimandò un radioso sorriso. In quel quadro erano raffigurati altri due giovani, l'uno accanto all'altra, circondati da un immenso alone di felicità, sullo sfondo, il palazzotto e la panoramica della Domodossola del 1700.

Laura fece un passo indietro rifugiandosi fra le braccia di Edoardo. "Per questo ti ho domandato se credevi o non credevi alla reincarnazione. - Sussurrò il giovane - Io vi sono molto propenso. E tu, ora, che mi dici?" "Mi pare di sognare! Eppure il vestito che indossa la giovane del dipinto, mi è molto famigliare... Aspetta., mio Dio! E' quello che portavo io nel sogno... ho paura!" "Ma no, piccolina! Non temere, non c'è motivo. Cerchiamo piuttosto di conoscere le vecchie storie che ci sono giunte attraverso i nostri sogni così da poter comprendere ciò che sta accadendoci! L'importante è che ci amiamo, per ciò che siamo ora, cioè adesso, nel 1975. Quel che è stato non può tornare a spaventarci. Sai, in fondo quei due del quadro, penso proprio che siamo noi. Hai forse paura di te stessa?" "No! Scusami se sono una sciocca... ma sai... è incredibile! Però - concluse strizzandogli maliziosamente l'occhio - non è anche meraviglioso?" Il grande letto col baldacchino li accolse.

I due del quadro li guardarono, mentre si amavano con passione ed Edoardo alzando gli occhi verso il volto del suo antenato credette anche di scorgervi l'ombra di un sorriso. Era l'imbrunire ormai quando i due giovani lasciarono Villa Laura per tornare a Domodossola. Edoardo chiuse la capote di tela della Duetto ed accese i fari. "Fra meno di un'ora saremo a casa di tuo zio. Che gli dirai?" Laura si strinse nelle spalle: "Che ci amiamo e che fra due mesi al massimo ci sposeremo." Il giovane fu piacevolmente sorpreso da quelle parole. "Volevo proportelo io - disse piano, ma non osavo... comunque, sarà meglio dirgli che ci frequentiamo da qualche tempo, altrimenti chissà che pensa!" "Da 900 -1000 anni?" Propose Laura scherzando. "Sì, così ci prende per due scappati dal manicomio come ha fatto Gianni stamattina in banca." "Chi è Gianni?" "Quel cretino del mio amico e collega, quello che sta seduto all'ultima scrivania in ufficio e che non ti staccava gli occhi dal fondo schiena!" La risata argentina della ragazza si perse nella notte. Giunsero alla casa del conte De Filippi e la Duetto si fermò. "Suona il clacson, Edoardo che Norma la custode aprirà il cancello." Suggerì Laura.

Qualche minuto dopo, sedettero entrambi attorno al tavolo ovale della sala da pranzo. Il conte era con loro: "Dove avete passato la giornata voi due? Siete spariti lasciandomi là in banca come un allocco a cercare una qualche plausibile spiegazione da dare a Dell’Orso. Ah, Laura, Laura! Non me lo potevi dire che tu, che voi... o diavolo, insomma, che stavate assieme!" "Ci scusi conte - intervenne il giovane Della Valle – Lei ha ragione: dovevamo dirglielo. Comunque nessuno ne era al corrente oltre noi due. Ora, la metteremo a parte di una cosa che lei sarà il primo a sapere: Laura ed io ci sposeremo a maggio." Il conte sorrise scuotendo il capo: "Quella che non trovava mai un ragazzo, nemmeno uno straccio!" Si alzò dalla sedia e si diresse verso la nipote. "Mi rendi felice, stasera. Laura - disse abbracciandola. Poi si rivolse a Edoardo e aggiunse -Anche tu! D'ora in poi considerati mio nipote: la mia casa sarà la tua." Il giovane strinse la mano che l'uomo gli porgeva. "Anche la mia casa è la vostra, conte." "Senza comprarla? Senza notaio?" Rispose ridendo di gusto l'anziano nobiluomo. "Già, senza scartoffie. Ora le terre sono tutte nostre e vostre. Era tempo che i De Filippi e i Della Valle divenissero una sola famiglia. Non è vero? "E con una frotta di nipotini urlanti, per favore, ragazzi!" Rimasero a tavola lungamente a far progetti quindi, visto che si erano fatte le quattro del mattino, il conte pregò Edoardo che restasse a dormire da loro. Il giovane accettò e negli occhi gli balenò un lampo che non sfuggì al conte. "Camere separate, ovviamente. Per i nipotini avrete tanto tempo, da maggio in poi.” L'altro ieri è stato il nostro trentottesimo anniversario di nozze. Da quasi dodici anni, non lavoro più in banca. Quando purtroppo è deceduto il conte De Filippi ho dovuto occuparmi di troppe cose per poter permettermi di dirigere la Banca di cui ero divenuto direttore. Laura ed io abbiamo accontentato per ben quattro volte il vecchio zio nella nostra dimora abbarbicata sulle rocce della montagna, le vecchie sale hanno risuonato delle urla e dei giochi di ben quattro rampolli dei Della Valle. Livio ha compiuto l'altro giorno 23 anni ed è il ritratto di mio padre. Sta per laurearsi in lettere a Milano per poi proseguire gli studi e diventare un archeologo. L'antichità l'ha affascinato da sempre, già da bambino. Sa tutto, o quasi, sugli antichi egizi. In camera sua, accanto al ritratto di un nostro baffuto avo del 500 ha posto una gigantesca riproduzione della maschera funeraria del faraone Tutankhamon. Devo dire che entrando in quella stanza sembra di essere osservati da quegli occhi che ci guardano dall'abisso dei secoli... Sarà una mia impressione! Poi c'è Alfredo, 20 anni. Assomiglia a sua madre come una goccia d'acqua. Quest'anno conseguirà la maturità di geometra. Inutile dire che conosce tutta quanta la struttura del nostro antico palazzotto. Credo che a domandargli di quante pietre siano costituite le sue mura, non avrebbe difficoltà a spiattellarti un numero che non avrei ragione di dubitare, sarebbe alquanto prossimo alla realtà. Si è messo in testa che presto ristrutturerà tutto l'edificio. Io lo lascio fare: è casa sua, anche se poi chi dovrà pagare le cosiddette "migliorie" saremo sua madre ed io. Luca, 14 anni sta seguendo le orme paterne. Ha frequentato la 1° ragioneria e con alto profitto. Lui non s'interessa di antichi popoli o di edilizia: adora 1'Harley-Davidson. Come dargli torto? L'ho avuta anch'io da giovane... è una bella motocicletta... un po' fracassona ma che volete, così va il mondo, ed i giovani, sono il mondo. Quello che verrà dopo di me e Laura. Adele ha 10 anni ed è naturalmente la vera padrona del palazzotto dei della Valle. Non c'è un luogo che per lei nasconda segreti. L'altro giorno è riemersa impolverata all'inverosimile da una vecchia soffitta dimenticata ed è corsa a mostrare a Laura ed a me un antico abitino di trine e merletti che sicuramente è appartenuto a qualche bimba di cui ora, nella cripta di famiglia, forse non rimangono che le ossa. Voleva indossarlo a tutti i costi. Laura ha dovuto prometterle di farlo lavare e riassettare per lei. Mi ha confidato che sarà un compito assai difficile e delicato per chiunque. Comunque, a quarantasette anni suonati, posso fare un bilancio positivo di quella che è stata la mia vita. Sono ricco, sono un uomo forte nel fisico e nel carattere, innamorato all'inverosimile della mia Laura, dei miei figli e della mia Domodossola.

Ogni tanto saliamo a bordo della nostra vecchissima Duetto Alfa Romeo e facciamo una corsa a Villa Laura, sul lago per andare a fare l'amore sotto lo sguardo dei nostri due predecessori, quelli del quadro... Mia moglie è sempre la medesima ragazza di quei mitici anni '60. Il tempo pare si sia dimenticato di lei... oppure non desideri rovinare tanta dolce bellezza con i suo graffi. Stasera stiamo tornando a casa, sono le 18 del pomeriggio e sul lago c'è ancora il sole. "Più tardi verranno da noi mia cugina e suo marito." Mi dice Laura e dal tono comprendo che non ne è proprio entusiasta. "L'abbiamo appena fatto, tesoro mio!" Le dico. "Beh, volevo farlo anche stasera! Ancora... Quando vengono quei due non vanno più fuori dalle scatole finché non è quasi mattina!" "E che ci vuoi fare? Stavolta va così, cara la mia Lauretta!" "Che bellezza!" Esclama ironica accendendo due Marlboro e passandomene una. Di seconda mano, come dice sempre lei! Entriamo nel cortile circondato dalle alte mura di pietra del nostro antico palazzo: le luci alla finestra del primo piano sono accese. E' quasi l'ora di cena. Laura si affretta su per le scale mentre io vado a riporre nell'ex stalla, ora trasformata in autorimessa, la vecchia Alfa Romeo. Scendo e batto il palmo della mano sul cofano in gesto affettuoso... sembra ci sia qualcuno laggiù, nell'ombra: guardo meglio ma non mi riesce di scorgere nulla. Esco dal garage ed alle mie spalle odo perfettamente un rumore di zoccoli che percuotono il terreno lastricato dalle vecchie pietre. Faccio appena in tempo a scansarmi per non essere travolto dal galoppo impetuoso di un destriero coperto da una gualdrappa rosso nera. Sulla groppa, eretto, sta un cavaliere: ha sul petto la croce. E' vestito con calzamaglia di ferro ed al suo fianco, uno spadone... I suoi occhi fiammeggianti si fissano per un attimo nei miei ed io rimango come impietrito. Un vento gelido ha preso a soffiare e si sentono i rintocchi della piccola campana lassù, sul torrione più alto del mio palazzo.

Cerco di scuotermi da quello stato innaturale, assurdo. No, ai fantasmi non credo... ma quanto è stato reale quell'incontro! Eppoi, mica me li sono immaginati i colori che sono nello stemma di famiglia: il rosso ed il nero. Finalmente riesco a muovere qualche passo: il vento soffia ancora, la campana suona ed io sono lì, accanto all'antico portone che un tempo lontano chiudeva le stalle.

Sento comunque che qualcosa è cambiato, lo sento dentro di me, nel più profondo dell'anima e vorrei che non fosse accaduto. Entro in casa e mi chiudo, con cura, alle spalle la massiccia porta di ferro e legno. Laura mi si fa incontro: "Edoardo, che ti è accaduto? Va tutto bene? Sembri uno che ha visto un fantasma..." Mi dice. La rassicuro e mi siedo a tavola, quanto vorrei dire a tutti ciò che ho veduto, ma non è il caso: è inutile spaventarli, specie la piccolina... Mentre mangiamo, io quasi non ascolto una parola di quanto i miei stanno dicendo: ho davanti agli occhi quel cavallo ed il suo cavaliere che corrono nell'oscurità, lungo i sentieri dei boschi della valle. Rispondo con dei vaghi sì o dei no finché Laura, che ha capito, mi posa una mano sul braccio: "Sei stanco, amore?" "No... no, sto solo pensando a... a... Te lo dico dopo d'accordo?" "D'accordo!" Mi risponde con un velo di preoccupazione sul bel volto e propone: "Desideri che telefoni a mia cugina e rimandi l'invito?" "Te ne sarei grato Laura, non credo sia la sera giusta per stare in compagnia." Lascia a metà la mela che sta mangiando e va a telefonare poi torna al proprio posto, accanto a me. "Fatto! Verranno sabato."

Terminiamo di mangiare ed i ragazzi corrono nel salone ad accendere la televisione per scegliere il programma che preferiscono, mentre io e Laura restiamo seduti e fumare la nostra ennesima sigaretta e ad osservarne le volute di fumo che si intrecciano salendo verso l'alto soffitto bianco, quasi nove metri sopra le nostre teste. Qualcuno ha acceso il fuoco nel camino e le pareti riflettono la danza rossastra delle fiamme che consumano voracemente i tronchi di pino poi, all'improvviso, Laura rompe quel silenzio incantato: "Ora, raccontami." Dice cambiando solamente posizione sulla sua sedia. "Ho visto il Cavaliere della leggenda... quel crociato mio antenato, quello che morì proprio in questa stanza trafitto dalla spada di un nipote... " Osservo le sue reazioni alle mie parole: non ne ha, il suo bel volto è immobile e non un muscolo si muove sotto quella pelle così perfetta. "Hai capito ciò che ti ho detto?" Chiedo. "Certo - afferma - non sono ancora sorda?" E' nervosa, lo intuisco dalla sua secca risposta. "Vai avanti." Mi invita. "Non ho altro da dire, sono ben sicuro di ciò che affermo, era... era l'antico signore della valle... proprio come racconta la leggenda: cavalcava fiero, armato di tutto punto ed i suoi occhi... oh! Laura! I suoi occhi mi hanno guardato per una frazione di secondo ed io mi sono sentito ghiacciare il sangue nelle vene. Credo di aver paura sai?" "Domani - propone - farò venire qui Don Mauro a benedire la casa e la cripta di famiglia, sei d'accordo?" Assento con un cenno del capo: sto pensando ad una cosa ed il solo farlo, mi mette i brividi addosso. Glielo dico oppure no? Sì? Dico cosa ho in mente: al più mi dirà di no. "Voglio andare nella cripta ove riposano i Della Valle. C'è anche la sua tomba: voglio assicurarmi che sia chiusa." "Adesso?" Mi chiede socchiudendo gli occhi. "Sì, ora!" "Vengo anch'io?"

Mi sorprendo come in un momento simile mi possano venire in mente certe stupide assonanze del tipo "No, tu no!" come in quella canzonetta che è uscita anni fa, quella di Jannacci. "Non so se sia prudente... non che mi aspetti di trovare la tomba col coperchio spostato e vuota, come nei film dell'orrore, ma penso che forse farà freddo là sotto... prima si è levato un vento gelido..." Inutile tentare di dissuadere Laura: ha già indosso una giacca a vento di piumino. "Pensi che possa bastare?" Chiede con un sorriso che mi rinfranca non poco. "Direi di sì! Aspetta che ne metto una anch'io e prendo la torcia elettrica." Usciamo dal pesante portone d'ingresso: c'è ancora vento, ma non mi pare più tanto freddo come un'ora fa. La ghiaia scricchiola sotto i nostri passi mentre percorriamo il viale fra gli alberi che porta alla cappella funeraria dei Della Valle e un uccello notturno emette il suo verso spostandosi su di un ramo più alto. Sento Laura rabbrividire mentre stringe forte il mio braccio. Io questa scena l'ho già vista in qualche film ma il fatto che ora non sia una finzione mi turba davvero. La lama bianca della luce che emana la torcia elettrica fende la notte poi va a colpire l'angelo con la spada in pugno che sta accanto alla porta d'accesso in ferro battuto alla cripta dove dormono, o almeno dovrebbero, i miei avi: Gesù Cristo! E' aperta! "Vuoi tornare indietro?" Domanda Laura. "No, ora voglio proprio andare vedere!" Affermo con tono di voce che serve a dare più coraggio a me stesso che non a lei. Entriamo. Scendiamo i 50 scalini di marmo rosa che portano giù, in basso: i sarcofaghi sono allineati l'uno accanto all'altro e leggendo le date scolpite sul marmo accanto ai nomi, a partire dalla prima, quella in cui giace mio padre, si percorre a ritroso il cammino del tempo. Sotto i nostri occhi i secoli indietreggiano, i nomi spesso ricorrenti dei Della Valle, sfilano lentamente sotto la luce della torcia. Poi arriviamo all'ultima, che poi è la prima in ordine di tempo.

Quasi illeggibile un nome: Messer Edoardo il Forte. Una data, quella della morte presumo, poiché davanti c'è una piccola croce: 1105. Null'altro si legge, poiché il tempo, l'umidità e quant'altro hanno compiuto il loro compito che è quello di cancellare memorie troppo antiche. C'è un particolare che cade sotto la luce della nostra torcia: il coperchio granitico sul quale, qualcuno, più di 1000 anni fa, ha scolpito la figura di Edoardo il Forte non è del tutto a posto come dovrebbe essere: è semiaperto! Tremanti ci avviciniamo e facciamo scivolare la luce all'interno del sarcofago: solo polvere e qualche straccio accanto allo scheletro semidistrutto dai secoli. Al suo fianco sta un'antica enorme spada. Cautamente introduco la mano e poi il braccio fino alla spalla e lentamente, tiro fuori la pesantissima arma. Alla luce della torcia la lama manda bagliori sinistri, è lucida e incredibilmente pulita nonostante sia rimasta accanto al corpo del proprio padrone mentre questo si decomponeva lentamente. Stiamo ammirando quell'arma poderosa quando una voce dal timbro marcatamente baritonale ci scuote mettendoci in uno stato di semiparalisi. Non sento più le ginocchia ne il resto del corpo: lentamente le gambe mi si piegano. Anche Laura è scivolata sulla gelida pietra del pavimento di quella tomba, ha la bocca aperta ma non ne esce un solo suono. "Vuoi batterti con me tu che sei sangue del mio sangue e carne della mia carne?"

Il Cavaliere della Valle sta ritto davanti a noi con le gambe divaricate e le mani poggiate sull'elsa di una spada che è stranamente uguale a quella che ancora stringo nelle mie... No, non è uguale! E' la stessa!!

Il suo viso ha lineamenti nobili, profonde rughe gli attraversano l'ampia fronte, il naso è aquilino e un poco pronunciato; i suoi occhi sono di giada risplendente, le spalle ampie e possenti, i fianchi stretti e le gambe molto muscolose sotto la calzamaglia di ferro. Gli somiglio molto, molto più di quanto somigliassi a mio padre! Praticamente siamo identici. Osservo Laura che ora ha la bocca chiusa, ma penso che fra un attimo lei urlerà il proprio terrore e sicuramente perderà i sensi. Non è un sogno il mio: entrambi siamo lì, davanti all'antico Signore della Valle, indifesi e spaventati come mai prima. Laura deglutisce a vuoto una, due, tre volte, poi con una voce che non può essere la sua tanto è flebile e lontana, supplica quell'essere spettrale: " Non... non farci del male... quest'uomo è un tuo discendente, porta il tuo nome... Non farci del male, ti prego nel nome di Cristo, tu che difendesti il Santo Sepolcro." "Dove trova la forza di parlare? - Mi chiedo stupito. - E' solo una donna ma... io parlerò al Signore della Valle. Io ho lo stesso suo sangue!" Mi dico mentre, con una fatica tremenda e una esasperante lentezza mi rialzo appoggiandomi alla spada che ho fra le mani. "Buon sangue non mente, vedo! - Dice con un sogghigno il Cavaliere - Ti è rimasto almeno il coraggio di stare in piedi Edoardo della Valle! Sapresti incrociare quell'arma che ti fa da bastone con la mia?"
 
Veramente non trovo le parole per rispondere a quell’entità che ci fronteggia e tuttavia sento che non ci farà del male... come può del resto? Io sono un suo discendente! Allora?" Tuona quella voce sotto la volta della cripta. "No! - Rispondo con un filo di voce - Io non ho mai usato una spada... Oggi non lo si fa più... ci sono altre armi, molto più efficaci. Credo tu lo sappia." Mentre termino di pronunciare quelle parole, mi tira un terribile fendente: vedo la sua possente lama descrivere in quell'atmosfera irreale un arco velocissimo. Non so se sia l'istinto alla sopravvivenza o la forza della disperazione a farmi sollevare quella che stringo fra le mani: fatto è che lo faccio e sento, a un tratto, di non aver più paura di quell'uomo o fantasma che mi sta davanti e mi somiglia così tanto. Le due lame si toccano: un caleidoscopio colorato di scintille blu - oro esplode nell'ombra della cripta ed io sento entrare nel mio corpo come una specie di corrente elettrica che mi scuote. "Ben fatto! - Esclama il mio avversario soddisfatto - Per non essere un cavaliere non c'è male, anche se avresti bisogno di qualche lezione...! Perché la tua donna non si leva da terra?" Chiede volgendo lo sguardo verso Laura che sta ancora in ginocchio, le mani strette sulla bocca. "Non pensi possa essere impaurita da..." "Da me?" Chiede il Cavaliere. "Domandaglielo!" Gli rispondo. Egli ripone la spada nel fodero e si avvicina lentamente a Laura: i suoi occhi non sono più cattivi ora, ha un velo di strana dolcezza nello sguardo. Si sfila il pesante guanto di ferro che gli copre la mano destra e, con incredibile delicatezza, la pone sul capo di mia moglie che sta immobile con gli occhi sbarrati. Io stringo forte l'impugnatura della spada. "Non temermi Laura! - Le dice piano - Non potrei mai farti del male. Tu non ricordi, non puoi ricordare, quanto io ti abbia amato in un tempo lontano..." Lei singhiozza. "Come? - Domando allibito - Laura è sempre stata la mia donna e non ha certo 1000 e rotti anni, la confondi con qualcuna che le assomigliava." “Edoardo Della Valle! Tu parli perché non sai! - Esclama guardandomi fìsso negli occhi. Non c'è più quell'ombra di tenerezza sul suo viso. - Cosa sai della morte? Dell’Al di là? Nulla. Non è concesso del resto ai viventi conoscere quel che c'è dopo, ma sappi comunque che colui che in Cristo muore sarà felice per sempre. Se poi ti dico che la tua Laura, un giorno fu mia, puoi credermi." "Esiste la reincarnazione allora?" Gli chiedo. La risposta è brevissima e non lascia ulteriori dubbi: "Sì!" Laura si alza in piedi appoggiandosi al braccio dell'antenato, lo guarda negli occhi a lungo, poi guarda anche me. "Edoardo - dice col sorriso di chi d'un tratto ha compreso tutto - Io credo in questo spirito: l'uomo del mio sogno è lui... che poi... sei tu! Ricordi vero? Mi chiamava ed io andavo da lui... poi spariva col suo gatto nero dietro la quercia che sta sulla strada del castello..." La guardo stupito: è vero, quel sogno me lo avrà raccontato almeno 50 volte. Il cavaliere sorride: "E tu, Edoardo Della Valle, tu che ami così tanto costei, chi credi di essere mai?" "Vuoi intendere che io possa essere te?" Domando allibito. "Perché no? Se osservi il mio volto è come se ti guardassi in uno specchio. Ho ragione?" Ne ha, per Dio! Ha persino quel piccolo neo a fianco dell'occhio destro e la sua mano ha l'esatto taglio della mia, il disegno delle vene sul dorso è identico. "Come può essere? Come ti devo chiamare?" "Come vuoi. Il mio nome era Franco. Quale è infatti il tuo secondo nome?" La domanda mi colpisce come un pugno allo stomaco. In effetti io mi chiamo Edoardo Franco Della Valle! "Oh Gesù! - Esclama Laura - Ecco perché mi pareva di conoscerti da sempre quel giorno che t'incontrai in banca. E anche per te fu la stessa cosa!" "E' vero amore. Hai ragione! Ma tu - continuo rivolgendomi al Cavaliere che quasi divertito ci sta guidando alla scoperta delle nostre radici più profonde - Come mai tu non riposi in pace accanto a colei che amasti? Sembri non aver trovato mai pace da secoli. C'è una leggenda che narra del tuo andare cavalcando nelle notti di luna piena, per la valle e per i monti." "Non fui mai felice. La mia condanna fu di vagare per questo mondo, senza fine, fintantoché un mio discendente, diciamo così, non sarebbe stato felice accanto a colei che fu la mia donna e mi tradì vilmente concedendo il proprio amore a un mio nipote, al figlio di mio fratello che uccisi in Terra Santa, accecato dalla brama di rimanere solo io signore di queste terre che ora sono tue. Io morii poi per mano di quel nipote. Sai come si chiamava?" "Spero non Edoardo" Mi affretto a dire. "Hai capito. - fa il Cavaliere - ma quell’uomo non sei tu. Tu sai chi sei?" “Te?” "Me!"

Laura singhiozza, si stacca da noi e cammina, alla luce della torcia, verso un altro sarcofago: sa bene di chi siano le ossa che dentro vi giacciono ed ora ella piange sulla sua tomba. "Il ciclo è compiuto - dice il Cavaliere mentre un velo di pianto gli bagna gli occhi. - Ora potrete vivere, anzi potremo essere tutti, finalmente, in pace. Ancora una cosa Edoardo: domani prenderai una vanga e scaverai a due metri di distanza dalla vecchia quercia, verso la strada. Troverai qualcosa cui io tenevo molto: il bottino di guerra in Terra Santa. C'è un pugnale con l’impugnatura incrostata di pietre preziose: con quello uccisi mio fratello a tradimento. Prendilo e ponilo nella tomba, su ciò che di me rimane, all'altezza del cuore. Solo così sarò in pace. Il resto sarà tuo, apparterrà per sempre alla famiglia dei Della Valle. Ora andate e state in pace, amatevi come ora per sempre. Il vostro amore ha radici lontane e non morirà mai. Un giorno capirete! Addio, e pregate per la mia anima." Cerco di trattenerlo, ma lo spirito che pur sembrava fatto di carne e ossa mi svanisce fra le braccia. "Pregheremo per te cavaliere della Valle!"

Prometto mentre con Laura riguadagno l'uscita della cripta nella quale un giorno riposeremo accanto all'antico Cavaliere. Fuori c'è la luna e noi camminiamo abbracciati. Un rumore di zoccoli rompe il silenzio della notte: "Va' Cavaliere, va', antico amore mio, corri incontro alla tua Laura!" Esclama mia moglie mentre si stringe forte a me. Sono passati anni dalla notte in cui incontrammo il Cavaliere. Siamo nel 2013. Laura ed io siamo ormai nonni. Tre anni or sono Livio si è sposato con una sua collega archeologa, una simpatica inglesina che di cognome fa Carter. No! Però non è parente dello scopritore della tomba di Tutankhamon ma dice spesso che, anche lei con il nostro ragazzo, prima o poi, una sensazionale scoperta la farà.

Per intanto hanno messo al mondo due bellissimi bambini, due maschietti che si chiamano rispettivamente Franco e Sylvester e che ovviamente, dato il lavoro dei due genitori, vivono sempre con noi, nell'antica dimora dei Della Valle in Domodossola. Siamo contenti di averli Laura ed io: sono la gioia della nostra vecchiaia. Comunque, l'altra notte Laura non riusciva a prendere sonno e così, visto che faceva caldo, se n’è andata a passeggiare sulla sommità delle mura. Il mattino dopo mi ha riferito di aver veduto alla luce della luna, l'antico Cavaliere, il Signore della Valle cavalcare lungo il crinale della montagna.

"Non era solo, Edoardo. A cavallo, seduta in groppa dietro di lui, stava una splendida ragazza. Ora è felice sai? Ha ritrovato la sua Laura e adesso sarà per sempre." La guardo, sorrido, quindi le prendo il bel viso fra le mie vecchie mani e dico: "Io sono stato più fortunato di lui, molto, molto più fortunato!"

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Sono presenti 3 commenti

Anonimo ha detto...

Semplicemente stupendo.

Anonimo ha detto...

Per un attimo mi sono sentita protagonista di questo racconto fantastico , irreale e suggestivo. Complimenti , come sempre bravissimo perché nei tuoi racconti (di qualunque genere ) spiccano i sentimenti..

Anonimo ha detto...

Grazie per l'apprezzamento ed il sostegno. Continuate a seguirmi. Ci saranno altri racconti per voi.
L'autore.

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