In Ucraina si sono fermati, almeno per ora, gli scontri tra polizia e manifestanti antigovernativi a Kiev.
Radio Vaticana - Sono stati arrestati 31 manifestanti che hanno partecipato al braccio di ferro con gli agenti che vanno avanti da domenica pomeriggio nel centro di Kiev. Si contano 120 poliziotti e 26 giornalisti feriti. Dal carcere l’ex pasionaria Timoshenko fa sapere che se fosse libera sarebbe in piazza. Da parte sua, il capo della diplomazia russa torna ad accusare alcuni funzionari europei per quello che definisce il sostegno ''vergognoso'' all'opposizione ucraina. Il servizio di Fausta Speranza: ascolta
Al momento resta congelato il dialogo tra governo e opposizione. L’opposizione ora chiede l’abrogazione delle leggi approvate per alzata di mano e senza dibattito dal parlamento giovedì scorso. Leggi che, tra l'altro, prevedono pene severe per chi partecipa a manifestazioni non autorizzate e persino per chi monta tende in un luogo pubblico. Il presidente Ianukovich ieri ha parlato di apertura al dialogo delegando il responsabile del Consiglio nazionale di Sicurezza, Andrii Kliuiev, ma per il partito d'opposizione Udar, una delle condizioni per le trattative è che vi partecipi lo stesso Ianukovich. Sul piano internazionale sia Stati Uniti che Unione europea, condannando le violenze, chiedono l'abrogazione delle recenti leggi "liberticide". Daniele De Luca, docente di Storia delle relazioni internazionali all’Università del Salento:
“Le implicazioni, in condizioni normali, dovrebbero essere serie, perché qui c’è una chiara violazione della libertà di espressione da parte di un popolo. Teniamo presente che il presidente ucraino non è nuovo a queste cose. Nel momento in cui in piazza si stava protestando, nel dicembre stesso, rafforzava un patto, che indicherei come un patto di fedeltà a Mosca, un patto di fedeltà alla Russia. Se la Russia, infatti, in quel patto si assumesse la responsabilità e comprasse il debito pubblico dell’Ucraina, a questo punto l’Ucraina sarebbe completamente nelle mani di Mosca”.
All’origine di questi due mesi di crisi politica c’è stata infatti la scelta del governo di interrompere il processo di avvicinamento all’Unione Europea, che ha scatenato le prime intense manifestazioni di piazza. Ancora De Luca:
“Abbiamo, di fondo, una questione energetica e credo che sia sotto gli occhi di tutti. L’Ucraina, ma la Russia in particolar modo, possono bloccare il passaggio del gas verso l’Europa. Quindi, innanzitutto un accordo tra Ucraina ed Europa sarebbe stato estremamente conveniente per noi europei. Poi c’è la questione dei diritti umani e in generale anche il ruolo, non solo di una forza diplomatica, che l’Europa ha sempre meno; ma bisogna vedere anche quale potrebbe essere il ruolo degli Stati Uniti. Gli Usa sono interessati ad entrare in una contrapposizione con la Russia anche su questa questione? Io credo di no, credo che gli Stati Uniti di questi anni, l’amministrazione Obama, non abbiano intenzione di entrare in contrasto con nessun Paese per riaffermare quelli che sono i loro legittimi diritti”.
Per il momento la Casa Bianca fa sapere di considerare ulteriori misure, tra cui sanzioni, in risposta all'uso della violenza". Pur avendone discusso nel dibattito, invece, non si parla di sanzioni nel testo scritto delle conclusioni del Consiglio esteri dell’Unione Europea. Resta la grande preoccupazione espressa sia da Washington che da Bruxelles.
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Al momento resta congelato il dialogo tra governo e opposizione. L’opposizione ora chiede l’abrogazione delle leggi approvate per alzata di mano e senza dibattito dal parlamento giovedì scorso. Leggi che, tra l'altro, prevedono pene severe per chi partecipa a manifestazioni non autorizzate e persino per chi monta tende in un luogo pubblico. Il presidente Ianukovich ieri ha parlato di apertura al dialogo delegando il responsabile del Consiglio nazionale di Sicurezza, Andrii Kliuiev, ma per il partito d'opposizione Udar, una delle condizioni per le trattative è che vi partecipi lo stesso Ianukovich. Sul piano internazionale sia Stati Uniti che Unione europea, condannando le violenze, chiedono l'abrogazione delle recenti leggi "liberticide". Daniele De Luca, docente di Storia delle relazioni internazionali all’Università del Salento:
“Le implicazioni, in condizioni normali, dovrebbero essere serie, perché qui c’è una chiara violazione della libertà di espressione da parte di un popolo. Teniamo presente che il presidente ucraino non è nuovo a queste cose. Nel momento in cui in piazza si stava protestando, nel dicembre stesso, rafforzava un patto, che indicherei come un patto di fedeltà a Mosca, un patto di fedeltà alla Russia. Se la Russia, infatti, in quel patto si assumesse la responsabilità e comprasse il debito pubblico dell’Ucraina, a questo punto l’Ucraina sarebbe completamente nelle mani di Mosca”.
All’origine di questi due mesi di crisi politica c’è stata infatti la scelta del governo di interrompere il processo di avvicinamento all’Unione Europea, che ha scatenato le prime intense manifestazioni di piazza. Ancora De Luca:
“Abbiamo, di fondo, una questione energetica e credo che sia sotto gli occhi di tutti. L’Ucraina, ma la Russia in particolar modo, possono bloccare il passaggio del gas verso l’Europa. Quindi, innanzitutto un accordo tra Ucraina ed Europa sarebbe stato estremamente conveniente per noi europei. Poi c’è la questione dei diritti umani e in generale anche il ruolo, non solo di una forza diplomatica, che l’Europa ha sempre meno; ma bisogna vedere anche quale potrebbe essere il ruolo degli Stati Uniti. Gli Usa sono interessati ad entrare in una contrapposizione con la Russia anche su questa questione? Io credo di no, credo che gli Stati Uniti di questi anni, l’amministrazione Obama, non abbiano intenzione di entrare in contrasto con nessun Paese per riaffermare quelli che sono i loro legittimi diritti”.
Per il momento la Casa Bianca fa sapere di considerare ulteriori misure, tra cui sanzioni, in risposta all'uso della violenza". Pur avendone discusso nel dibattito, invece, non si parla di sanzioni nel testo scritto delle conclusioni del Consiglio esteri dell’Unione Europea. Resta la grande preoccupazione espressa sia da Washington che da Bruxelles.
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