mercoledì, ottobre 02, 2013
Cav arriva a Palazzo Madama durante il discorso del premier che dice: 'In democrazia le sentenze si applicano'. Formigoni: 'Siamo 25 per gruppo autonomo 'I Popolari'.

 Si sono tenute nell'Aula del Senato le comunicazioni del presidente del Consiglio Enrico Letta. Il premier parla accanto al ministro per Rapporti con il Parlamento Dario Franceschini. Sono 23 i sostenitori della risoluzione della maggioranza per sostenere il governo Letta. Le firme - a quanto si apprende - sono quelle di senatori del Pdl e del gruppo Gal (Giustizia e libertà). Non è escluso - sempre secondo quanto si apprende - che potrebbero aggiungersi altri senatori.

La risoluzione per chiedere il voto di fiducia per il governo è firmata da 23 senatori del Pdl e Gal. Questi i cognomi: Naccarato, Bianconi, Compagna, Bilardi, D'Ascola, Aielo, Augello, Caridi, Chiavaroli, Colucci, Formigoni, Gentile, Giovanardi, Gualdani, Mancuso, Marinello, Pagano, Sacconi, Scoma, Torrisi, Viceconte, L.Rossi, Quagliariello.

"Siamo già in 25 - dice Roberto Formigoni parlando con i cronisti in Transatlantico della scissione dal gruppo Pdl - E' possibile che altri si aggiungano. Nel pomeriggio daremo vita a un gruppo autonomo chiamato 'I Popolari'. Restiamo alternativi al centrosinistra, collocati nel centrodestra".

Dopo il discorso di Letta, si è tenuta la riunione dei senatori del Pdl durante la quale Berlusconi ha detto che ''sarà il gruppo in maniera compatta a decidere cosa fare. Prendiamo una decisione comune per non deludere il nostro popolo''.

"Nella vita delle nazioni l'errore di non saper cogliere l'attimo può essere irreparabile". Inizia così l'intervento in Senato, Enrico Letta, con le parole di Luigi Einaudi. "L'Italia - dice Letta - corre un rischio che potrebbe essere fatale, sventare questo rischio dipende da noi, dalle scelte che assumeremo, dipende da un sì o un no. Gli italiani - sottolinea - ci urlano che non ne possono più di 'sangue e arena', di politici che si scannano e poi non cambia niente. Solo chi non ha le spalle larghe finisce ostaggio della paura del dialogo. Il mio governo - è la sfida lanciata dal premier Enrico Letta nel suo intervento al Senato - è nato in Parlamento e se deve morire deve morire qui, in Parlamento. La nostra repubblica democratica si fonda sullo stato di diritto. In uno stato democratico le sentenze si rispettano, si applicano, fermo restando il diritto intangibile" della difesa. Ma "senza trattamenti né ad ad né contram personam", ha detto il premier nel discorso sulla fiducia al Senato. Se si tornasse al voto con il Porcellum - secondo Letta - ci troveremmo di nuovo con le larghe intese perché non si produrrebbe una chiara maggioranza. Oggi in poco tempo possiamo riformare la politica: i provvedimenti sono all'esame del Parlamento, se rapidamente discussi faremo una svolta con la pubblica opinione. Il tempo di attesa è scaduto. Sul programma di riforme - sottolinea il premier in Senato - il "comitato dei saggi ha completato" una bozza di riforma "equilibrata e ambiziosa" senza "golpe o stravolgimenti della carta costituzionale": ci "sono le condizioni di chiudere in anticipo e completare percorso di riforma in 12 mesi da oggi". 'Il nostro obiettivo dichiarato da tempo - dice - è l'aumento di un punto di Pil nel 2014 e spero che la legge di stabilità sia l'occasione per dimostrare che il cambiamento in atto ma senza arretrare nel risanamento della finanza pubblica'.

"Coraggio e fiducia - conclude Letta - è quello che vi chiedo. Mi appello al parlamento tutto, dateci la fiducia per realizzare gli obiettivi. L'Italia può arrivare forte e credibile al 2014, ma non c'è influenza senza credibilità, stabilità politica e obiettivi chiari.

Silvio Berlusconi arriva a Palazzo Madama mentre Letta parla: Vediamo che succede... Sentiamo il discorso di Letta e poi decidiamo''. Poco dopo nell'Emiciclo di Palazzo Madama arrivano anche l'avvocato Niccolò Ghedini e il coordinatore Denis Verdini: entrambi prendono posto lontani da Berlusconi che siede nel posto proprio sotto a quello di Domenico Scilipoti. Il Cavaliere si mette spesso le mani sulla faccia o le tiene giunte all'altezza della bocca.

E dopo la mezzanotte a Palazzo Grazioli si è tenuto un breve incontro tra Silvio Berlusconi e Angelino Alfano. Al termine del colloquio, riferiscono fonti presenti, le posizioni dei due sono rimaste invariate con il segretario del Pdl pronto a votare la fiducia al governo Letta e il Cavaliere intenzionato a sfiduciarlo. Berlusconi e' rimasto poi con alcuni dirigenti del partito, come Denis Verdini e Niccolo' Ghedini. E' ha contattato numerosi senatori del Pdl per cercare di verificarne l'orientamento.

Giovanardi; 'Fiducia da 40 parlamentari' - I deputati e senatori che voteranno la fiducia al governo Letta sono circa 40 ''basta vedere le loro dichiarazioni pubbliche''. Lo afferma Carlo Giovanardi entrando in Senato, che precisa: "Berlusconi sarà presente al dibattito in Parlamento sulla fiducia. E' auspicabile che ci sia e dica le sue ragioni''.

Quagliariello: non credo su numeri ci siano problemi - "Non credo sui numeri ci siano problemi. Adesso sentiamo letta". Lo afferma Gaetano Quagliariello, ministro per le Riforme conversando con i cronisti ala Camera".

Ma Berlusconi non ci sta: 'Una alleanza tra Pd e transfughi Pdl - sarebbe "talmente indecorosa e avvilente che si scontrerebbe con una ripulsa popolare". Così Silvio Berlusconi, intervistato da "Panorama". E aggiunge che Napolitano "non darebbe mai l'avallo a un simile esperimento". Quanto ad una alleanza Pd-M5S, il Cavaliere la definisce "impossibile". Nell'intervista con "Panorama", Silvio Berlusconi analizza i due possibili scenari che potrebbero aprirsi alla politica: una coalizione tra Pd e Movimento 5 stelle, oppure un governo a guida Pd con fuoriusciti del Pdl, magari con l'appoggio dei senatori a vita. "La prima ipotesi è negata a priori da Beppe Grillo - dice Berlusconi - e sarebbe un tradimento del programma di Cinque Stelle. La reputo impossibile. La seconda è talmente indecorosa e avvilente che si scontrerebbe con una ripulsa popolare. Non sarebbe una maggioranza, ma un espediente numerico. Il presidente Giorgio Napolitano non darebbe mai l'avallo a un simile esperimento. Nel recente passato si è dimostrato impossibile governare con numeri risicati Non muoio neanche se mi ammazzano - dice Berlusconi, applicando a sè la frase detta da Guareschi. Berlusconi parla di quella che è stata definita una una sua ossessione per la giustizia: ''Più che altro è la giustizia ad essere ossessionata da me e mi fa uno stalking infinito. Io penso che la giustizia sia l'architrave principale su cui poggia la civile convivenza. Se come da noi è corrosa e politicamente corrotta, uccide la pace di tutti. È la politica che deve riparare la trave''. ''Per quanto riguarda me - dice Berlusconi - ricordo quanto disse di sé stesso Giovannino Guareschi, anche lui condannato in via definitiva al carcere: 'Non muoio neanche se mi ammazzano'.

Ansa



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