L’edizione 2013 del concorso è in programma a settembre a Bali e Bogor. Nelle scorse settimane la frangia radicale del Paese ha inscenato proteste contro la gara di bellezza, perché contro i “valori” dell’islam. Contrario al bikini anche il governatore di Jakarta, un musulmano moderato. La decisone presa per evitare episodi di violenza.
Jakarta (AsiaNews) - Niente sfilata in bikini per le concorrenti dell'edizione 2013 di Miss Mondo, il popolare concorso di bellezza internazionale e vetrina per accedere al mondo dello spettacolo e della moda. L'edizione 2013 è in programma nel mese di settembre a Bali e Bogor, in Indonesia; una scelta che ha finito per alimentare polemiche feroci, con la frangia islamista - sostenuta da una parte delle istituzioni e membri della società civile - decisa a cancellare una manifestazione contraria ai principi e alla morale musulmana.
Per scongiurare il pericolo di incidenti ed evitare la cancellazione della gara - come avvenuto nel maggio 2012 col concerto dell'icona pop Lady Gaga, troppo "sexy" per gli islamisti - si è pensato di bandire il costume; al suo posto le concorrenti indosseranno il tradizionale "sarong" (drappo di seta o cotone, indossato come una gonna da uomini e donne) che permetterà loro di sfilare sul palco senza esacerbare gli animi.
In prima fila nella lotta per la "moralizzazione" del concorso in chiave islamica il Consiglio indonesiano degli ulema (Mui), che da tempo lanciava avvertimenti e minacce volte a ottenere l'annullamento della manifestazione. Una posizione che, del resto, incontra i favori di una buona parte della società civile nel Paese, compresi i politici più moderati come il governatore di Jakarta Joko Widodo, che ha definito "inappropriato" il bikini perché in contrasto con "gli ideali" nazionali.
Da qui la scelta della presidente di Miss Mondo Julia Morley di inserire alcuni "aggiustamenti", che porteranno le 137 concorrenti in gara a sfilare in sarong. Una parte della rassegna è in programma a Bali, celebre località turistica molto amata dagli occidentali, in cui è prassi comune indossare il bikini e si registrano non di rado anche casi di topless. Diverso il discorso per Bogor, il cuore della manifestazione, dove spesso si sono registrati episodi di violenze e abusi in chiave islamista. Fra i tanti ricordiamo le pressioni di islamisti e amministrazione locale, che hanno portato alla chiusura della chiesa protestante GKI Yasmin Church.
In questi anni, le autorità indonesiane hanno ceduto più volte di fronte alle pressioni del Mui che svolge un ruolo di "osservatore" dei costumi e della morale nell'arcipelago. Ad Aceh, regione in cui governano i radicali islamici, le donne non possono indossare pantaloni attillati o minigonne. Nel marzo 2011 il Mui si è scagliato contro l'alzabandiera "perché Maometto non lo aveva mai fatto"; prima ancora aveva lanciato anatemi contro il popolare social network Facebook perché "amorale", contro lo yoga, il fumo e il diritto di voto, in particolare alle donne.
di Mathias Hariyadi
Per scongiurare il pericolo di incidenti ed evitare la cancellazione della gara - come avvenuto nel maggio 2012 col concerto dell'icona pop Lady Gaga, troppo "sexy" per gli islamisti - si è pensato di bandire il costume; al suo posto le concorrenti indosseranno il tradizionale "sarong" (drappo di seta o cotone, indossato come una gonna da uomini e donne) che permetterà loro di sfilare sul palco senza esacerbare gli animi.
In prima fila nella lotta per la "moralizzazione" del concorso in chiave islamica il Consiglio indonesiano degli ulema (Mui), che da tempo lanciava avvertimenti e minacce volte a ottenere l'annullamento della manifestazione. Una posizione che, del resto, incontra i favori di una buona parte della società civile nel Paese, compresi i politici più moderati come il governatore di Jakarta Joko Widodo, che ha definito "inappropriato" il bikini perché in contrasto con "gli ideali" nazionali.
Da qui la scelta della presidente di Miss Mondo Julia Morley di inserire alcuni "aggiustamenti", che porteranno le 137 concorrenti in gara a sfilare in sarong. Una parte della rassegna è in programma a Bali, celebre località turistica molto amata dagli occidentali, in cui è prassi comune indossare il bikini e si registrano non di rado anche casi di topless. Diverso il discorso per Bogor, il cuore della manifestazione, dove spesso si sono registrati episodi di violenze e abusi in chiave islamista. Fra i tanti ricordiamo le pressioni di islamisti e amministrazione locale, che hanno portato alla chiusura della chiesa protestante GKI Yasmin Church.
In questi anni, le autorità indonesiane hanno ceduto più volte di fronte alle pressioni del Mui che svolge un ruolo di "osservatore" dei costumi e della morale nell'arcipelago. Ad Aceh, regione in cui governano i radicali islamici, le donne non possono indossare pantaloni attillati o minigonne. Nel marzo 2011 il Mui si è scagliato contro l'alzabandiera "perché Maometto non lo aveva mai fatto"; prima ancora aveva lanciato anatemi contro il popolare social network Facebook perché "amorale", contro lo yoga, il fumo e il diritto di voto, in particolare alle donne.
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