giovedì, maggio 09, 2013
Secondo il giudice del tribunale di Varese Giuseppe Battarino l’amministratrice di un sito internet è responsabile di tutti i contenuti dello stesso, anche dei commenti degli utenti, e per questo è punibile nel caso di condanne per diffamazione.

di Christian Orsini

Nel 2008 un gruppo di diciottenni veneti decide di aprire un forum su internet sul quale sia possibile affrontare discussioni in ambito letterario. Il sito si chiama "Writer’s Dream", ed è un network dedicato agli scrittori emergenti e all’editoria. Si occupa anche di commentare le pubblicazioni, i racconti e i romanzi. Chiaramente, nel farlo, sono passati attraverso la critica di alcune case editrici. Tra queste quella della querelante: una piccola etichetta con sede a Varese che ha contestato alcune frasi dannose all’immagine della stessa. I commenti negativi sono stati scritti nel 2010 da alcuni lettori con nickname (quindi persone a cui è impossibile risalire) e riportano affermazioni forti, come “cloache editoriali” o “signori della truffa” oppure “cosche mafiose, strozzini”. La parte civile raccoglie i documenti in un cd ed intenta la causa.

Giuseppe Battarino il giudice del tribunale di Varese che ha presieduto la causa ha deciso di condannare per diffamazione aggravata la ragazza (adesso) 21enne, asserendo che “anche il responsabile di un blog debba assumersi le sue responsabilità”.

L’evento fa riflettere perché può significare più cose: lo scorretto utilizzo della rete, la falsa visione che ne hanno tanti e anche un cambiamento nel rapporto che la legge ha con internet.

Laura Boldrini, neo presidente della Camera dei deputati, ha già sollevato questo problema qualche giorno fa in un articolo pubblicato su Repubblica nel quale denunciava il “terrorismo” che subisce quotidianamente da utenti che la minacciano e la discriminano. Tra questi diffamatori c’è chi ha un nome e chi invece lo fa indentificandosi con un anonimo nickname. La rete è poliedrica e variegata, ed è uno strumento che 'crea' libertà di pensiero e di idee. Chiunque può condividere le proprio idee, i propri progetti, dire talvolta cose stupide o anche esprimere concetti brillanti. Non tutti però sfruttano questo vantaggio di estrema libertà come una risorsa per creare, altresì, la sfruttano per distruggere e lo fanno dietro ad un falso nome, nascosti da un avatar. Poi qualcuno paga, come la ragazza che adesso dovrà subire la condanna del tribunale di Varese, o peggio, come tutti quei ragazzi che si sono tolti la vita spiazzati dal nascente cyber-bullismo.

Il polverone che si alza ogni volta che qualcuno è danneggiato da Internet e dall’immagine che gli viene attribuita in rete sta a significare che da una parte c’è chi fa un utilizzo scorretto di questo meraviglioso mezzo e dall’altra qualcuno che vede Internet come un cavallo da imbrigliare e controllare. I passi per tentare di arrivare ad un controllo più capillare della rete non sono molti, c’è già chi disegna proposte di legge per gestire un network nazionale. E c'è chi spinge per una campagna di sensibilizzazione sul corretto utilizzo della rete. Già nella causa ai danni della blogger del veneto sono insiti dei mutamenti nel rapporto che la legge ha con internet e col mondo dei blog/forum, cioè nient’altro che canali per la diffusione di idee e pensieri. Se un blog non è depositato in tribunale (e non lo è quasi mai) non è considerato come un giornale, non è quindi punibile per diffamazione come lo è un giornale; a maggior ragione se le motivazioni che muovono la causa sono scaturite da dei commenti fatti da un utente che non pubblica sul suddetto forum.

La sensibilizzazione andrebbe fatta in entrambe le direzioni. Internet è prezioso, demonizzarlo è un grosso errore, ma sapersi 'difendere' dai pericoli insiti nella rete è fondamentale.


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