Ieri ci ha lasciato Agnese Borsellino, la moglie del magistrato più famoso d’Italia
di Giacomo Salvini
Sembrava ieri quando Agnese Borsellino scriveva a suo marito Paolo per ricordarlo nel giorno del ventennale dalla sua scomparsa. Ieri Agnese lo ha raggiunto ventuno anni dopo, lasciando tra di noi Lucia, Manfredi e Fiammetta che, insieme a Salvatore, siamo sicuri continueranno a portare alto il nome della famiglia come hanno fatto negli anni passati. E siamo anche sicuri che continueranno a cercare di raggiungere una verità per troppi anni oscurata, quella verità che, come ha scritto ieri Salvatore, “conoscerà da Paolo stesso sulla sua morte”. In questi ventuno anni, Agnese ha dovuto assistere ad un allentamento nella lotta alla mafia causato da una parte politica sempre più collusa con i poteri criminali. Ha dovuto assistere alla revoca del 41-bis (articolo ideato da suo marito e da Falcone) a 334 mafiosi dopo le stragi, alla chiusura dei super-carceri di Pianosa e dell’Asinara e ad una legge contro i pentiti. Ha dovuto ascoltare certi grandi statisti (che oggi occupano molte poltrone del nostro parlamento e che invece dovrebbero essere esclusi anche dalle riunioni di condominio) dire che “la mafia non esiste”, che “Vittorio Mangano era un eroe”, che “con la mafia bisogna convivere”, che “non è esistita nessuna trattativa”… Ha dovuto assistere a depistaggi sulla morte di suo marito Paolo, a continue delegittimazioni nei confronti di tutti i magistrati che hanno raccolto la pesantissima eredità del marito, ma soprattutto ad una classe dirigente che in vent’anni non ha fatto praticamente nulla contro il crimine organizzato se non continuare a lodare e invocare il complotto politico contro certi personaggini del calibro di Dell’Utri, Cuffaro, Lombardo, Cosentino… Oltre il danno anche la beffa, direbbe qualcuno.
Fortunatamente in questi vent’anni la magistratura (che non c’entra nulla con i governi che si sono succeduti), le forze dell’ordine, le cooperative, le associazioni di volontariato hanno potuto mostrare ad Agnese cosa vuol dire raccogliere con forza e determinazione l’eredità dei Reina, dei Giuliano, dei Mattarella, dei Basile, dei Cassarà, dei La Torre, dei Dalla Chiesa, dei Chinnici, dei Livatino, dei Falcone, dei Borsellino… L’arresto di Riina, Provenzano, Bagarella, Sandokan, la confisca dei beni mafiosi in ogni regione d’Italia sono solo alcuni esempi della battaglia per cui giovani e meno giovani possono continuare a mostrare la frase: “Non li avete uccisi, le loro idee camminano sulle nostre gambe”. Ma soprattutto ha conosciuto la grande forza di volontà di molti ragazzi di tutta Italia che Agnese, nella sua ultima lettera a Paolo, definiva “figli adottivi”, e che attraverso manifestazioni e l’impegno sociale e civile nei terreni confiscati alle mafie hanno dimostrato di avere “quel fresco profumo di libertà” che si contrappone invece “al puzzo del compromesso morale” caratteristico dei poteri forti del nostro paese.
Insomma, ora e più di prima ognuno di noi dovrà continuare a combattere in prima linea per una battaglia che i Borsellino hanno portato avanti per tutta la vita. Intanto oggi ci sentiamo di dir loro, ancora una volta: “Grazie Paolo e Agnese”
di Giacomo Salvini
Sembrava ieri quando Agnese Borsellino scriveva a suo marito Paolo per ricordarlo nel giorno del ventennale dalla sua scomparsa. Ieri Agnese lo ha raggiunto ventuno anni dopo, lasciando tra di noi Lucia, Manfredi e Fiammetta che, insieme a Salvatore, siamo sicuri continueranno a portare alto il nome della famiglia come hanno fatto negli anni passati. E siamo anche sicuri che continueranno a cercare di raggiungere una verità per troppi anni oscurata, quella verità che, come ha scritto ieri Salvatore, “conoscerà da Paolo stesso sulla sua morte”. In questi ventuno anni, Agnese ha dovuto assistere ad un allentamento nella lotta alla mafia causato da una parte politica sempre più collusa con i poteri criminali. Ha dovuto assistere alla revoca del 41-bis (articolo ideato da suo marito e da Falcone) a 334 mafiosi dopo le stragi, alla chiusura dei super-carceri di Pianosa e dell’Asinara e ad una legge contro i pentiti. Ha dovuto ascoltare certi grandi statisti (che oggi occupano molte poltrone del nostro parlamento e che invece dovrebbero essere esclusi anche dalle riunioni di condominio) dire che “la mafia non esiste”, che “Vittorio Mangano era un eroe”, che “con la mafia bisogna convivere”, che “non è esistita nessuna trattativa”… Ha dovuto assistere a depistaggi sulla morte di suo marito Paolo, a continue delegittimazioni nei confronti di tutti i magistrati che hanno raccolto la pesantissima eredità del marito, ma soprattutto ad una classe dirigente che in vent’anni non ha fatto praticamente nulla contro il crimine organizzato se non continuare a lodare e invocare il complotto politico contro certi personaggini del calibro di Dell’Utri, Cuffaro, Lombardo, Cosentino… Oltre il danno anche la beffa, direbbe qualcuno.
Fortunatamente in questi vent’anni la magistratura (che non c’entra nulla con i governi che si sono succeduti), le forze dell’ordine, le cooperative, le associazioni di volontariato hanno potuto mostrare ad Agnese cosa vuol dire raccogliere con forza e determinazione l’eredità dei Reina, dei Giuliano, dei Mattarella, dei Basile, dei Cassarà, dei La Torre, dei Dalla Chiesa, dei Chinnici, dei Livatino, dei Falcone, dei Borsellino… L’arresto di Riina, Provenzano, Bagarella, Sandokan, la confisca dei beni mafiosi in ogni regione d’Italia sono solo alcuni esempi della battaglia per cui giovani e meno giovani possono continuare a mostrare la frase: “Non li avete uccisi, le loro idee camminano sulle nostre gambe”. Ma soprattutto ha conosciuto la grande forza di volontà di molti ragazzi di tutta Italia che Agnese, nella sua ultima lettera a Paolo, definiva “figli adottivi”, e che attraverso manifestazioni e l’impegno sociale e civile nei terreni confiscati alle mafie hanno dimostrato di avere “quel fresco profumo di libertà” che si contrappone invece “al puzzo del compromesso morale” caratteristico dei poteri forti del nostro paese.
Insomma, ora e più di prima ognuno di noi dovrà continuare a combattere in prima linea per una battaglia che i Borsellino hanno portato avanti per tutta la vita. Intanto oggi ci sentiamo di dir loro, ancora una volta: “Grazie Paolo e Agnese”
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