Si continua a parlare incessantemente del reddito minimo garantito, una somma da destinare ogni mese a chi riversa in gravi situazioni economiche. Ma è davvero possibile attuare tale politica?
di Ilaria Sulla
Si tratta di un sussidio erogato ai cittadini inoccupati, disoccupati o precari subordinato all’accertamento delle reali condizioni dell’individuo. Questo tipo di reddito è qualcosa di ben diverso rispetto al “reddito minimo di cittadinanza” (cavallo di battaglia del Movimento 5 Stelle con cui si fa spesso confusione), che è invece un reddito garantito a tutti senza distinzioni socio-lavorative e senza alcun obbligo di attività. La differenza è già grande: mentre il primo sussidio fa una distinzione tra bisognosi e non, il secondo è indipendente dalla condizione lavorativa o di reddito.
La prima domanda, a cui è ancora difficile riuscire a dare risposta, è: dove si possono trovare i fondi necessari? Gli economisti Tito Boeri e Roberto Perotti sostengono che il reddito minimo garantito non dovrebbe superare la soglia dei 500 euro: in questo caso l’individuo non rinuncia alla ricerca di un lavoro ma può comunque sopravvivere. Dando per buona questa ipotesi, il costo del sussidio potrebbe costare orientativamente tra gli 8 e i 10 miliardi all’anno.
Il 15 aprile scorso è stata presentata la proposta di legge dal comitato “Reddito minimo x tutti e x tutte” alla Presidente della Camera Laura Boldrini, che ha così commentato: “Il reddito minimo garantito è uno dei temi che ho portato avanti con più convinzione in campagna elettorale. Il vostro sforzo va nella direzione di trovare una soluzione a chi oggi è disperato”. La proposta, che vanta 50mila firme, così recita: “Il reddito minimo garantito ha lo scopo di contrastare la marginalità, garantire la dignità della persona e favorire la cittadinanza, attraverso l’inclusione sociale per gli inoccupati, i disoccupati e i lavoratori precariamente occupati, quale misura di contrasto alla disuguaglianza e all’esclusione sociale nonché quale strumento di rafforzamento delle politiche finalizzate al sostegno economico, all’inserimento sociale dei soggetti maggiormente esposti al rischio di marginalità nella società e nel mercato del lavoro”.
Il Partito Democratico si era già occupato di questo sussidio, inserendolo negli 8 punti che Bersani aveva in mente di portare avanti, anche per cercare un contatto con il M5S. L’idea non è stata però ben articolata e, pur essendo vicina al “pensiero grillino”, non è la stessa: come abbiamo detto, reddito minimo di cittadinanza e reddito minino garantito sono diversi.
Chi si farebbe carico dell’erogazione del sussidio sarebbe la fiscalità generale tramite l’Inps, ma l’impresa è più facile a dirsi che a farsi. Se prendiamo in considerazione la somma chiesta da “Reddito minimo x tutti e x tutte”, parliamo di 600 euro al mese, che sarebbero intorno ai 20 miliardi di euro all’anno (15,5 già spesi per gli ammortizzatori sociali più altri 5 da aggiungere alle tasse). La proposta indica inoltre le spese da ridimensionare per garantire la copertura: assegni e pensioni sociali, assegno ai nuclei familiari numerosi e quello di maternità base, le pensioni di invalidità, le social card, le pensioni per ciechi e sordi. Non si menziona la cassa integrazione (indicata solo come non cumulabile).
Dopo Bersani, anche Letta parla del reddito minimo garantito, considerandolo un obbiettivo da portare avanti con determinazione: “Dobbiamo rilanciare il welfare tradizionale europeo, il nostro modello non basta più, deve essere più universalistico e meno corporativo aiutando i più bisognosi, migliorando gli ammortizzatori sociali estendendoli ai precari e studiando forme di reddito minimo per le famiglie bisognose con figli”.
Il progetto “reddito minimo garantito” quindi può diventare realtà, ma deve essere ben studiato, pensato, articolato nei minimi punti, altrimenti c’è il rischio che i soldi, anziché andare in tasca solo ai bisognosi, vadano in tasca anche a chi non ne ha reale bisogno, incrementando così gli sprechi pubblici tanto cari all'Italia.
di Ilaria Sulla
Si tratta di un sussidio erogato ai cittadini inoccupati, disoccupati o precari subordinato all’accertamento delle reali condizioni dell’individuo. Questo tipo di reddito è qualcosa di ben diverso rispetto al “reddito minimo di cittadinanza” (cavallo di battaglia del Movimento 5 Stelle con cui si fa spesso confusione), che è invece un reddito garantito a tutti senza distinzioni socio-lavorative e senza alcun obbligo di attività. La differenza è già grande: mentre il primo sussidio fa una distinzione tra bisognosi e non, il secondo è indipendente dalla condizione lavorativa o di reddito.
La prima domanda, a cui è ancora difficile riuscire a dare risposta, è: dove si possono trovare i fondi necessari? Gli economisti Tito Boeri e Roberto Perotti sostengono che il reddito minimo garantito non dovrebbe superare la soglia dei 500 euro: in questo caso l’individuo non rinuncia alla ricerca di un lavoro ma può comunque sopravvivere. Dando per buona questa ipotesi, il costo del sussidio potrebbe costare orientativamente tra gli 8 e i 10 miliardi all’anno.
Il 15 aprile scorso è stata presentata la proposta di legge dal comitato “Reddito minimo x tutti e x tutte” alla Presidente della Camera Laura Boldrini, che ha così commentato: “Il reddito minimo garantito è uno dei temi che ho portato avanti con più convinzione in campagna elettorale. Il vostro sforzo va nella direzione di trovare una soluzione a chi oggi è disperato”. La proposta, che vanta 50mila firme, così recita: “Il reddito minimo garantito ha lo scopo di contrastare la marginalità, garantire la dignità della persona e favorire la cittadinanza, attraverso l’inclusione sociale per gli inoccupati, i disoccupati e i lavoratori precariamente occupati, quale misura di contrasto alla disuguaglianza e all’esclusione sociale nonché quale strumento di rafforzamento delle politiche finalizzate al sostegno economico, all’inserimento sociale dei soggetti maggiormente esposti al rischio di marginalità nella società e nel mercato del lavoro”.
Il Partito Democratico si era già occupato di questo sussidio, inserendolo negli 8 punti che Bersani aveva in mente di portare avanti, anche per cercare un contatto con il M5S. L’idea non è stata però ben articolata e, pur essendo vicina al “pensiero grillino”, non è la stessa: come abbiamo detto, reddito minimo di cittadinanza e reddito minino garantito sono diversi.
Chi si farebbe carico dell’erogazione del sussidio sarebbe la fiscalità generale tramite l’Inps, ma l’impresa è più facile a dirsi che a farsi. Se prendiamo in considerazione la somma chiesta da “Reddito minimo x tutti e x tutte”, parliamo di 600 euro al mese, che sarebbero intorno ai 20 miliardi di euro all’anno (15,5 già spesi per gli ammortizzatori sociali più altri 5 da aggiungere alle tasse). La proposta indica inoltre le spese da ridimensionare per garantire la copertura: assegni e pensioni sociali, assegno ai nuclei familiari numerosi e quello di maternità base, le pensioni di invalidità, le social card, le pensioni per ciechi e sordi. Non si menziona la cassa integrazione (indicata solo come non cumulabile).
Dopo Bersani, anche Letta parla del reddito minimo garantito, considerandolo un obbiettivo da portare avanti con determinazione: “Dobbiamo rilanciare il welfare tradizionale europeo, il nostro modello non basta più, deve essere più universalistico e meno corporativo aiutando i più bisognosi, migliorando gli ammortizzatori sociali estendendoli ai precari e studiando forme di reddito minimo per le famiglie bisognose con figli”.
Il progetto “reddito minimo garantito” quindi può diventare realtà, ma deve essere ben studiato, pensato, articolato nei minimi punti, altrimenti c’è il rischio che i soldi, anziché andare in tasca solo ai bisognosi, vadano in tasca anche a chi non ne ha reale bisogno, incrementando così gli sprechi pubblici tanto cari all'Italia.
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Sono presenti 2 commenti
sarebbe la prima cosa democratica giusta fatta da tutti i governi italiani da 60 anni ad oggi!
con la speranza di non fare le cose al'italiana come si sono sempre fatte ,cioè che le leggi si fanno per il popolo ma alla fine chi mangia sono sempre loro ;ed intanto i poveri continuano a morire di fame. Alla fine devono capire che anche per gli affamatori prima o poi
arriva la democrazia vera ed unica ,cioè la falce nera. TANTI AUGURI AI POVERI ONESTI ITALIANI ED UN SALUTO A TUTTE LE PERSONE INDOTTE AL SUICIDIO DA QUESTI GOVERNI INFAMI.
IL REDDITO VA FATTO SUBITO ED ERA ADDIRITTURA IL PUNTO 18 (MI PARE FOSSE IL 18) DELLA FAMOSA LETTERA DELLA BCE. Se qualcuno fa il furbo non giustifica il non fare il provvedimento.Non si getta via il bimbo con l'acqua sporca.Innanzitutto gli sprechi sono altrove e chi non ha mammina o un lavoro chiede l'elemosina o lavora in nero (quindi DISINCENTIVA IL LAVORO NERO beninteso però che si toglie e si va nel penale assumendo/lavorando in nero quando si riceve il reddito).
Sull'inapplicabilità economica poi rido di brutto...ecco i dati Istat ,Eurostat e Magistratura del lavoro:Un pezzo semplice e completo che schianta le banane di chi PARLA SENZA CONOSCERE SENZA CAPIRE CHE SENZA REDDITO MINIMO SI FAVORISCE IL CLIENTELISMO DI MAFIE E PARTITI.Scrivete http://spread-politica-economia-massoneria.blogspot.it scendendo giù di qualche post.
Invece NON MI STUPISCO DI ARGOMENTAZIONI ITALIOTE SUI SITI: la tipica argomentazione del piddino raccomandato è"vediamo ma nonci sono le risore" (eh no....leggete il mio pezzo.... CI SONO ECCOME!)INVECE LA TIPICA ARGOMENTAZIONE dal PUTTANATO DI ARCORE è "IN ITAGLIA IVVAGABONDI DOVREBBIMO PRENDELI A BASTONATE!"
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