“Riciclato” in laboratorio il primo rene. Funziona “quasi bene”.
Al Massachusetts General Hospital di Boston un team di ricercatori di biotecnologie ha portato a termine e con largo successo un esperimento che fa ben sperare: sono riusciti infatti a riciclare un rene di topo. Ciò è stato possibile “decellularizzando” l'organo di partenza, cioè privandolo di tutte le cellule del donatore con lo scopo di conservarne soltanto l'impalcatura proteica. Nella pratica è stato sottoposto ad una soluzione detergente che ha lasciato intatte le strutture di tutti quei vasi che ne costituiscono la forma, ma svuotandolo del suo “contenuto”. Dopodiché i ricercatori hanno introdotto nella gabbia proteica due tipi di nuove cellule: cellule staminali umane, per ricreare i vasi sanguigni, e cellule renali prelevate da ratti neonati per integrare l'organo riciclato. Il rene è stato poi messo in una specie di incubatrice per dodici giorni e, infine, trapiantato in un roditore. Il risultato di questo difficile processo non è stato ottimale: l’organo “nuovo” produce soltanto il 5% dell'urina secreta da un organo perfettamente efficiente. Questo però non scoraggia i ricercatori che vedono, proiettati con lo sguardo al futuro, la possibilità di avere a disposizione organi da trapiantare senza bisogno di attendere donatori e senza rischiare il rigetto da parte del paziente ricevente. La caratteristica sorprendente di questa procedura è, per l'appunto, che le nuove cellule inserite nella struttura proteica, cioè quelle che formeranno l'organo riciclato, sono del paziente sottoposto a trapianto. Dove porterà effettivamente questo esperimento non è certo; è sotto gli occhi di tutti che nel campo delle biotecnologie si stanno facendo scoperte sensazionali, rivelazioni che fanno sperare.
Al Massachusetts General Hospital di Boston un team di ricercatori di biotecnologie ha portato a termine e con largo successo un esperimento che fa ben sperare: sono riusciti infatti a riciclare un rene di topo. Ciò è stato possibile “decellularizzando” l'organo di partenza, cioè privandolo di tutte le cellule del donatore con lo scopo di conservarne soltanto l'impalcatura proteica. Nella pratica è stato sottoposto ad una soluzione detergente che ha lasciato intatte le strutture di tutti quei vasi che ne costituiscono la forma, ma svuotandolo del suo “contenuto”. Dopodiché i ricercatori hanno introdotto nella gabbia proteica due tipi di nuove cellule: cellule staminali umane, per ricreare i vasi sanguigni, e cellule renali prelevate da ratti neonati per integrare l'organo riciclato. Il rene è stato poi messo in una specie di incubatrice per dodici giorni e, infine, trapiantato in un roditore. Il risultato di questo difficile processo non è stato ottimale: l’organo “nuovo” produce soltanto il 5% dell'urina secreta da un organo perfettamente efficiente. Questo però non scoraggia i ricercatori che vedono, proiettati con lo sguardo al futuro, la possibilità di avere a disposizione organi da trapiantare senza bisogno di attendere donatori e senza rischiare il rigetto da parte del paziente ricevente. La caratteristica sorprendente di questa procedura è, per l'appunto, che le nuove cellule inserite nella struttura proteica, cioè quelle che formeranno l'organo riciclato, sono del paziente sottoposto a trapianto. Dove porterà effettivamente questo esperimento non è certo; è sotto gli occhi di tutti che nel campo delle biotecnologie si stanno facendo scoperte sensazionali, rivelazioni che fanno sperare.
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