martedì, aprile 09, 2013
Il governo di Damasco ha respinto il tipo di missione d’inchiesta proposta da Ban Ki-moon per accertare dell’uso effettivo di armi chimiche nel conflitto siriano, che in due anni è già costato la vita a 70.000 persone secondo le ultimi dati diffusi dall’Onu.  

Misna - “Il segretario generale ha suggerito l’invio di una missione aggiuntiva da dispiegare su tutto il territorio siriano. Una soluzione contraria alla richiesta formulata dalla Siria alle Nazioni Unite” si legge in un comunicato del ministero degli Esteri diffuso dall’agenzia di stampa ufficiale ‘Sana’. Secondo la stessa fonte Ban “ha ceduto a pressioni di Stati conosciuti per il loro coinvolgimento nelle violenze che insanguinano la Siria”.

Da settimane il governo del presidente Bashar Al Assad e l’opposizione siriana si accusano di aver fatto uso di armi chimiche nelle regioni di Damasco e Aleppo. Il 20 marzo l’esecutivo siriano ha presentato all’Onu una richiesta formale di inchiesta per fare piena luce su quanto accaduto nel villaggio di Khan al Assal, nella provincia settentrionale di Aleppo. Secondo il potere lo scorso 19 marzo “un missile contenente materie chimiche tossiche è stato sparato da bande terroristiche” contro il villaggio in questione.

Poche ore prima della risposta negativa dell’esecutivo siriano, un attentato ha colpito il centro di Damasco, uccidendo almeno 19 persone. Un’autobomba è esplosa nei presso della piazza Sabaa Bahrat, non lontano dall’Agenzia siriana per gli investimenti, dalla Banca centrale e dal ministero delle Finanze.

Intanto dal confine con il Libano fonti di stampa panaraba hanno riferito dell’uccisione di due combattenti di Hezbollah, la milizia sciita libanese sospettata di fornire sostegno alle forze governative siriane. I due uomini hanno perso la vita in scontri con non meglio identificati gruppi armati siriani che si sono verificati nel distretto di Qusayr. Il quotidiano britannico ‘The Guardian’, che cita diplomatici occidentali rimasti anonimi, ha invece rivelato che il governo di Damasco ha ritirato gran parte delle sue truppe dalle alture del Golan, zona di confine con Israele dove da decenni vige il cessate il fuoco. Migliaia di soldati siriani sarebbero stati dirottati verso Damasco e le sue periferie per garantirne la sicurezza, lasciando così allo ‘scoperto’ un’area che potrebbe finire sotto il controllo dei gruppi ribelli, già notevolmente avanzati nella regione di Quneitra. Una decisione che, secondo il quotidiano israeliano’Haaretz’, potrebbe portare l’esercito israeliano ad aumentare ulteriormente la sua presenza alla frontiera del Golan.

Inoltre da Bagdad, il capo di Al Qaida in Irak ha dichiarato che gli islamisti del Fronte al Nusra, in lotta contro il potere di Assad, “fa parte dell’entità da me diretta”, aggiungendo che il suo obiettivo è quello di “istaurare uno Stato islamico in Siria”. Nel messaggio a sua firma, Abu Bakr al Baghdadi ha precisato che “lo Stato islamico ‘Stato islamico d’Iraq’ (Isi) – che raggruppa gli insorti sunniti affiliati ad al Qaida nel paese – e il Fronte al Nusra saranno uniti nell’organizzazione Stato islamico d’Iraq e del Levante”.


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