venerdì, aprile 19, 2013
Da ieri a Varsavia le celebrazioni per ricordare la rivolta del ghetto ebraico.  

Radio Vaticana - Settanta anni fa, il 19 aprile 1943, un migliaio di ebrei della capitale polacca andarono incontro alla morte, combattendo a difesa della propria dignità contro i nazisti che avevano isolato con un muro i quartieri ebraici della città. La reazione tedesca in un mese causò la morte di oltre 56 mila persone, mentre i superstiti vennero deportati. Alle ore 10 in punto suoneranno le sirene e le campane, come predisposto dall’arcivescovo Kazimierz Nycz. Sentiamo il giornalista polacco Marek Lehnert, intervistato da Giancarlo La Vella: ascolta

R. - E’ quanto mai attuale quest’anniversario così come questa riflessione sull’antisemitismo: dove porta, se non si provvede in tempo? In un recentissimo sondaggio dell’Istituto polacco Homo Homini, condotto in venti scuole di Varsavia, il 40 per cento dei ragazzi ha risposto che non vorrebbe in classe un compagno ebreo e addirittura il 60 per cento esclude la possibilità di innamorarsi e di avere un partner di origine ebraica; il 44 per cento non vorrebbe vicini di casa ebrei. Questo è tristissimo e lo dico con grande vergogna e con grande rammarico, ma è la verità!


 
D. - Si ricorda, in questi giorni, il tentativo degli ebrei polacchi di Varsavia di rivoltarsi contro il nazismo…

R. - Marek Edelman, vice comandante dell’insurrezione del Ghetto di Varsavia, impegnato nella lotta per la democrazia del nostro Paese, parlava della vita normale, della vita quotidiana di quell’enclave di Varsavia, dove passava il tram ariano, il tram con i tedeschi e con i polacchi che potevano attraversare questo luogo di sofferenza e questo luogo di crimine. Loro sì, sono passati alla storia come eroi, come quelli che avevano un po’ di speranza contro la speranza, perché era una cosa destinata alla sconfitta. Marek Edelman parlava con il sorriso sulle labbra, perché ovviamente erano gli anni migliori della gioventù, della vita quotidiana di quella gente: l’ultimo bacio con la ragazza, che qualche ora sarebbe morta per mano dei tedeschi… La cosa che suscitava rabbia soprattutto era il fatto - non subito noto all’opinione pubblica - che il comandante, il boia del Ghetto di Varsavia, Jürgen Stroop, ha passato un po’ di tempo nella stessa cella con uno degli eroi della resistenza, Kazimierz Moczarski. Questi erano i paradossi della Polonia del post guerra, della Polonia comunista: oggi si ricordano anche questi fatti che condannano due regimi, il regime nazista e il regime comunista.

D. - Quasi 60 mila le vittime della reazione nazista alla rivolta nel Ghetto: si può dire che ogni abitante di Varsavia abbia un parente perito in quell’evento…

R. - E’ così! E’ così! Volevo ricordare il clima di quei giorni: lo ricorda molto bene una famosa poesia del Premio Nobel per la Letteratura, Czesław Miłosz, dal titolo “Campo di fiori”, dove dice che vicino al Ghetto, dalla parte ariana polacca, c’era una giostra dove la gente si divertiva e “quel vento dell’incendio alzava le gonne alle ragazze e rideva la folla nella bella domenica di Varsavia”.


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