La crisi economico-finanziaria di Cipro preoccupa la comunità
internazionale. Dopo la bocciatura da parte del parlamento cipriota sul
prelievo forzoso dai depositi bancari, proposto da Unione Europea e
Fondo monetario internazionale, si attende ora un "piano B" di Nicosia
per rispondere alle attese di stabilità di Bruxelles.
Radio Vaticana - Nell’isola le banche resteranno chiuse fino a martedì prossimo. Critiche dal premier russo Medvedev secondo il quale l'Unione europea e Cipro hanno commesso ''tutti gli errori possibili''. La chiesa ortodossa cipriota a si è detta pronta a mettere a disposizione i propri beni per contribuire ad un’uscita dalla crisi. Intanto la Bce potrebbe rinviare la decisione sui finanziamenti di emergenza fino a che da Nicosia non si farà chiarezza sui termini del salvataggio. Ma c’è il rischio di contaminazione della crisi cipriota per il resto dell’Europa? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Luigi Cappugi, docente di Politica economica all’Università Lumsa:ascolta.
R. - Il rischio di contaminazione in questi casi c’è sempre, ma è solo un rischio, per fortuna, e non si traduce in avvenimenti disastrosi. Bisogna andare a vedere qual è la situazione di fondo, cioè quale sia la struttura economica di Cipro, l’andamento della sua economia e quindi della finanza. Se non si valutano tutte le variabili, restano semplicemente frasi che però possono aumentare la preoccupazione dei cittadini.
D. - Quale potrebbe essere un piano alternativo, che però non sia come sempre basato sui sacrifici?
R. - Non è detto che il "piano B" sia un piano di sacrifici, però deve esser un piano credibile. Cioè, chi deve tirare fuori i soldi deve poter vedere che i cittadini di Cipro abbiano intenzione di cambiare modo di pensare e quindi di agire.
D. - Perché in questa fase c’è sempre difficoltà a inserire misure per lo sviluppo che forse, secondo alcuni economisti, potrebbero rimettere in moto la macchina dell’economia?
R. - Per adottare quelle misure occorrono le risorse e se c’è la crisi come fanno ad esserci le risorse? Se, per di più, il tutto ha come base di fondo uno stock di debito molto elevato - sia a livello di gruppi di Paesi, sia a livello dei singoli Paesi - diventa difficile trovare le risorse per accettare quella impostazione.
D. - Di fatto, ci troviamo di fronte ad un’Europa che sta marciando a più velocità…
R. - E’ nei fatti, anche se non ne se ne parla. Oggi, però, senza accordi tra tutti non si salva nessuno.
D. – Quindi, unità politica in vista di un’unità economica…
R. - L’unità politica porta più facilmente a una crescita, perché porta all’unificazione da parte di tutti. Quello che conta è che ogni cittadino dell’Eurozona riesca a produrre più reddito senza aumentare i costi. Se aumentano i costi, il reddito non può aumentare, perché il sistema cresce di meno.
R. - Il rischio di contaminazione in questi casi c’è sempre, ma è solo un rischio, per fortuna, e non si traduce in avvenimenti disastrosi. Bisogna andare a vedere qual è la situazione di fondo, cioè quale sia la struttura economica di Cipro, l’andamento della sua economia e quindi della finanza. Se non si valutano tutte le variabili, restano semplicemente frasi che però possono aumentare la preoccupazione dei cittadini.
D. - Quale potrebbe essere un piano alternativo, che però non sia come sempre basato sui sacrifici?
R. - Non è detto che il "piano B" sia un piano di sacrifici, però deve esser un piano credibile. Cioè, chi deve tirare fuori i soldi deve poter vedere che i cittadini di Cipro abbiano intenzione di cambiare modo di pensare e quindi di agire.
D. - Perché in questa fase c’è sempre difficoltà a inserire misure per lo sviluppo che forse, secondo alcuni economisti, potrebbero rimettere in moto la macchina dell’economia?
R. - Per adottare quelle misure occorrono le risorse e se c’è la crisi come fanno ad esserci le risorse? Se, per di più, il tutto ha come base di fondo uno stock di debito molto elevato - sia a livello di gruppi di Paesi, sia a livello dei singoli Paesi - diventa difficile trovare le risorse per accettare quella impostazione.
D. - Di fatto, ci troviamo di fronte ad un’Europa che sta marciando a più velocità…
R. - E’ nei fatti, anche se non ne se ne parla. Oggi, però, senza accordi tra tutti non si salva nessuno.
D. – Quindi, unità politica in vista di un’unità economica…
R. - L’unità politica porta più facilmente a una crescita, perché porta all’unificazione da parte di tutti. Quello che conta è che ogni cittadino dell’Eurozona riesca a produrre più reddito senza aumentare i costi. Se aumentano i costi, il reddito non può aumentare, perché il sistema cresce di meno.
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