giovedì, febbraio 21, 2013
L’impressione resta quella di una navigazione a vista, senza timoniere…

di Patrizio Ricci

La magistratura nei giorni scorsi ha messo in atto alcuni provvedimenti di custodia cautelare verso i massimi vertici di Finmeccanica. L’accusa è di corruzione internazionale nei confronti dell’India: nel 2010 l’azienda avrebbe pagato tangenti per aggiudicarsi la vendita di 12 elicotteri AW101 (della controllata inglese Augusta-Westland). Dal canto suo, il Ministero della Difesa indiano ha tenuto a precisare che non ci sono prove a sostegno delle accuse. La vicenda è stata ribattezzata ‘scandalo Finmeccanica’ ma in realtà la prassi delle tangenti (chiamate dagli ‘addetti ai lavori’ extra-costi o consulenze) era a conoscenza di tutti: è noto che circa il 40% della corruzione totale nelle transazioni globali vede coinvolte le aziende che commerciano armamenti. Finmeccanica produce elicotteri, aerei, carri armati, missili, munizioni teleguidate, sistemi antiaerei, artiglierie, satelliti e centri di telecomunicazione: il mercato delle armi è quello più lucroso del mondo e, nello stesso tempo, è l’ambito commerciale in cui più di ogni altro è diffuso il fenomeno corruttivo.

L’Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma definisce questo tipo di illecito ‘endemico’: sono pagate ogni anno nel mondo tangenti per 20 miliardi di dollari. Lo scandalo Finmeccanica è quindi la manifestazione di un fenomeno mondiale globale, che però mostra pericolose interconnessioni con gli stati nazionali che non sembrano discostarsi da certe ‘prassi’. Lasciamo a voi lettori il giudizio, citando alcuni episodi che danno la misura della diffusione del problema. Il primo è una cerimonia svoltasi a Bengasi, in Libia, all’inizio del mese: in quell’occasione Il governo italiano, (rappresentato dal Ministro della Difesa) ha regalato al governo provvisorio libico 20 autoblindo ‘Puma ‘ del valore complessivo di 100 milioni di euro. Pura filantropia? Chi vuole può crederci. Più verosimilmente l’iniziativa servirà a sugellare un progetto di fornitura di armamenti (in via di perfezionamento); la paternità è di Finmeccanica ed ha un valore di 2 miliardi di euro: è ovvio che la cessione dei ‘Puma’ avrà un effetto positivo sull’assegnazione della commessa. Tornano alla mente i carri armati M 47 donati negli anni ‘80 al regime di Siad Barre in Somalia: armi per contratti, e non c’è da esserne orgogliosi… Paragone esagerato? No, se consideriamo il contesto libico: si tratta di un paese nel caos, fortemente instabile, dilaniato da conflitti tra fazioni, che non ancora si è dotato di un governo e che non eccelle nella difesa dei diritti umani.

L’episodio non è l’unico: durante la guerra civile libica, la nave della marina militare ‘Libra’, in aperta violazione del mandato ONU, ha portato un carico di armi ai ribelli nascosto sotto gli aiuti alimentari; poi al primo è seguito un secondo, più sostanzioso, occultato tramite vettori civili. Quando la Procura della Repubblica ha aperto l’inchiesta, è stato apposto il segreto di stato e chiusa la faccenda. Tutto legale: è lo stato ad agire. Tuttavia, è nient’altro che la dimostrazione di come l’interesse nazionale sia confuso con l’opportunità politica e la ‘penetrazione commerciale’.

Lo sfondo sembra quello di uno scenario mondiale sempre più globalizzato e aggressivo in cui gli interessi dirigono le azioni degli stati. Come ha detto in una bella immagine il filosofo Soren Kierkegaard, “la nave è ormai in preda al cuoco di bordo e ciò che trasmette al microfono del comandante non è più la rotta, ma ciò che mangeremo domani”. Si naviga a vista, senza il comandante, anteponendo alle considerazioni etiche sempre ‘la ragion di stato’, mentre la Costituzione è continuamente interpretata.

I dati del Corruption Perception Index di Transparency International parlano chiaro (è un rapporto stilato ogni anno dal massimo organo di controllo della corruzione): il nostro paese è al 72° posto nella classifica mondiale degli stati più corrotti (in una lista di 174 dove l’ultimo è il peggiore), insieme alla Colombia e alla Bulgaria. La speranza è di risalire un po’: l’anno scorso è stata approvata la Legge 6 novembre 2012, n. 190, in linea con le indicazioni fornite dalla Convenzione Onu di Merida e la Convenzione penale sulla corruzione di Strasburgo, sia con gli standard internazionali di contrasto ai fenomeni corruttivi (un po’ in ritardo ma ci siamo arrivati).

Intanto a difendere gli interessi italiani ci pensa la Gran Bretagna. Il primo ministro Cameron è volato in Asia per convincere il governo indiano a non rinunciare alla commessa degli elicotteri: “AgustaWestland è una società eccellente con personale preparato e che produce elicotteri d’avanguardia” ha detto. La visita del premier britannico è avvenuta poco dopo quella del presidente francese Hollande che è riuscito a piazzare i suoi caccia Rafale per 12 miliardi di dollari. E l’Italia? Dopo lo scandalo che ha investito uno degli ultimi gioielli dell’industria italiana (peraltro al 30% di proprietà dello stato italiano) nessun rappresentante istituzionale si è preso la briga di andare in India per gestire la criticità, rassicurare, dare garanzie.

Abbiamo aperto il vaso di pandora, ma ora cosa fare? Ce lo ci ricorda Transparency International: favorire i controlli da parte di più enti e, ovviamente, la trasparenza. C’è però un punto di partenza che interessa tutti: il problema della corruzione si risolverà quando metteremo veramente la dignità umana e la pace al primo posto. Solo allora la legge sarà (veramente) uguale per tutti.

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