sabato, febbraio 16, 2013
La campagna contro la corruzione promossa da don Ciotti è un modo per chiedere trasparenza ai leader politici del domani perchè non si ripetano gli errori che hanno consentito, per esempio, la trattativa tra Stato e mafia

di Paola Bisconti

Sono trascorsi 20 anni dall’arresto di Totò Riina e quasi 7 da quello di Bernardo Provenzano: da allora, nonostante lo Stato abbia inferto duri colpi alla criminalità organizzata, continuano a non mancare i legami tra politica e mafia.. Il famigerato bacio tra Giulio Andreotti e Totò Riina avvenuto nel 1987 fu la prova della scandalosa trattativa tra Stato e mafia, insieme al “papello” stilato dal boss di Corleone e giunto nelle mani dei leader politici tramite Vito Ciancimino, ex sindaco di Palermo, e col tempo si è rafforzato un sodalizio inaccettabile fra chi avrebbe dovuto garantire la giustizia e chi non ha esitato a seminare terrore per acquisire potere in tutti i settori della società.

Oggi, in piena campagna elettorale, qualcosa sembra muoversi, con l’obiettivo di cambiare lo situazione attuale: potrebbe essere la “Rivoluzione civile” di Antonio Ingroia, che con il suo ruolo di magistrato lascia sperare in una concreta attuazione della giustizia; potrebbero essere le parole pronunciate da Leoluchina Savona, sindaco di Corleone, che, in occasione del Festival della legalità svolto in concomitanza con l’anniversario dei 20 anni della cattura di Totò Riina, ha ribadito come la lotta alla mafia debba essere prima di tutto un movimento culturale e ha citato le parole del giudice Borsellino: “Occorre sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità”.

Tornando poi ai duri colpi inferti dallo Stato alla mafia, il 15 gennaio del 1993 e l’11 aprile del 2006 restano due date scolpite nella memoria dei cittadini e rappresentano il successo di un lavoro portato avanti dalle forze dell’ordine in collaborazione con la parte più sana della politica. L’operazione “Belva” condotta brillantemente dal Capitano Ultimo insieme ai suoi uomini (Arciere, Vichingo, Pirata, Oscar, Omar, Barbaro, Ombra) è stata anche oggetto di uno sceneggiato che ha riprodotto i momenti più salienti della cattura di “Totò u curtu”, nascosto nella villa da dove uscì la moglie Ninetta Bagarella, riconosciuta dal collaboratore di giustizia Balduccio Di Maggio, il “pentito eccellente”. Memorabile fu anche la cattura di Bernardo Provenzano, nascosto anche lui nel Corleonese e ritrovato in un casolare circondato da santini, rosari e una Bibbia. La sua diffidenza nei confronti della tecnologia tuttavia non lo aiutò a salvarsi, perché nonostante non usasse i cellulari fu ugualmente rintracciato tramite i pizzini, i bigliettini scritti a macchina e mandati a chi gestiva i suoi affari miliardari.

Colpire Cosa Nostra al cuore dell’organizzazione è stato sicuramente un grande affronto da parte della magistratura e delle forze dell’ordine, ma allora perché continua ad esserci presenza connivenza con la mafia nei vertici dello Stato così come nelle piccole amministrazioni comunali? Com’é possibile che la criminalità organizzata sia riuscita ad intrufolarsi in quella zona grigia dove trattare con i colletti bianchi? Ecco allora che le imminenti elezioni diventano l’occasione per cambiare definitivamente lo stato delle cose, per questo don Luigi Ciotti ha ideato la campagna “Riparte il futuro”. Il progetto, promosso da Libera e dal Gruppo Abele, invita i cittadini a firmare un appello per i candidati politici: “La lotta alla corruzione ha bisogno di graffiare le coscienze degli uni e degli altri in modo chiaro, pulito e trasparente. È un atto di democrazia”.

Sappiamo tutti che la corruzione è uno dei motivi della profonda crisi economica che stiamo subendo, per questo don Luigi Ciotti chiede ai candidati di sottoscrivere 5 impegni: la promessa di rafforzare la legge anticorruzione e di modificare la norma sullo scambio elettorale politico-mafioso entro i primi 100 giorni di attività parlamentare; la diffusione del proprio curriculum vitae con l’indicazione di tutti gli incarichi professionali ricoperti; la dichiarazione della situazione giudiziaria e di eventuali procedimenti penali e civili; la pubblicazione della propria condizione patrimoniale e reddituale; l’attestazione di potenziali conflitti di interesse personali. La petizione ha già raccolto più di 120.000 firme: chi ancora non l’ha firmata potrà aderire andando sul sito www.riparteilfuturo.it.

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