“No a negoziati con chi usa la violenza e cerca di smembrare la Siria”.
Radio Vaticana - Lo ha detto il presidente Assad nel suo discorso alla nazione, trasmesso in diretta televisiva. Il leader di Damasco ha esortato la popolazione ad una mobilitazione di massa per difendere il Paese e ribadito il no a qualsiasi intervento straniero. Poi, la proposta di un piano di pace. Dal canto suo il capo della diplomazia europea Ashton ribadisce: Assad deve dimettersi. Sul terreno ancora vittime, 24 secondo gli attivisti; bombardamenti si registrano a Daraa e Aleppo, colpi di mortaio su un quartiere cristiano della capitale. Il servizio di Cecilia Seppia: ascolta
A sette mesi dal precedente discorso e a due dall’ultima intervista televisiva, il presidente Assad torna a parlare alla nazione. Si scaglia contro i cosiddetti terroristi ed estremisti che cercano di rovesciare il potere: non negozieremo mai – ha ammonito il leder siriano- "con chi usa la violenza e con quelli che sono dietro questi fantocci"; poi ha invitato la sua gente a mobilitarsi per difendere il Paese. “Non possiamo aspettare che altri trovino la soluzione al conflitto che - ha dichiarato Assad non è tra governo e opposizione, ma tra nazione e nemici della nazione”. Quindi la denuncia contro tutti i governi confinanti che mirano ad uno smembramento del territorio, sostenendo i ribelli con le armi e il grazie a chi, come Russia Cina e Iran, continua a stare con il regime. Il leader di Damasco invoca quindi il dialogo nazionale come unica soluzione e avanza la sua proposta per uscire dal conflitto: una conferenza di riconciliazione per redigere una nuova Costituzione da sottoporre a referendum, seguita dalla formazione di un nuovo esecutivo e da una amnistia. Dura la replica del ministro degli Esteri britannico William Hague: da Assad solo vuote promesse, è lui l’artefice di morti e violenze che divorano la Siria. Questo discorso demolisce qualsiasi sforzo diplomatico per mettere fine alla guerra civile. Questo il commento della coalizione all’opposizione. Sul terreno la guerra continua: i ribelli si sono scontrati con le truppe dell’esercito a Daraa, raid su Aleppo dove si concentra il maggior numero di vittime. Colpi di mortaio invece sui sobborghi di Damasco, compreso quello cristiano.
Radio Vaticana - Lo ha detto il presidente Assad nel suo discorso alla nazione, trasmesso in diretta televisiva. Il leader di Damasco ha esortato la popolazione ad una mobilitazione di massa per difendere il Paese e ribadito il no a qualsiasi intervento straniero. Poi, la proposta di un piano di pace. Dal canto suo il capo della diplomazia europea Ashton ribadisce: Assad deve dimettersi. Sul terreno ancora vittime, 24 secondo gli attivisti; bombardamenti si registrano a Daraa e Aleppo, colpi di mortaio su un quartiere cristiano della capitale. Il servizio di Cecilia Seppia: ascolta
A sette mesi dal precedente discorso e a due dall’ultima intervista televisiva, il presidente Assad torna a parlare alla nazione. Si scaglia contro i cosiddetti terroristi ed estremisti che cercano di rovesciare il potere: non negozieremo mai – ha ammonito il leder siriano- "con chi usa la violenza e con quelli che sono dietro questi fantocci"; poi ha invitato la sua gente a mobilitarsi per difendere il Paese. “Non possiamo aspettare che altri trovino la soluzione al conflitto che - ha dichiarato Assad non è tra governo e opposizione, ma tra nazione e nemici della nazione”. Quindi la denuncia contro tutti i governi confinanti che mirano ad uno smembramento del territorio, sostenendo i ribelli con le armi e il grazie a chi, come Russia Cina e Iran, continua a stare con il regime. Il leader di Damasco invoca quindi il dialogo nazionale come unica soluzione e avanza la sua proposta per uscire dal conflitto: una conferenza di riconciliazione per redigere una nuova Costituzione da sottoporre a referendum, seguita dalla formazione di un nuovo esecutivo e da una amnistia. Dura la replica del ministro degli Esteri britannico William Hague: da Assad solo vuote promesse, è lui l’artefice di morti e violenze che divorano la Siria. Questo discorso demolisce qualsiasi sforzo diplomatico per mettere fine alla guerra civile. Questo il commento della coalizione all’opposizione. Sul terreno la guerra continua: i ribelli si sono scontrati con le truppe dell’esercito a Daraa, raid su Aleppo dove si concentra il maggior numero di vittime. Colpi di mortaio invece sui sobborghi di Damasco, compreso quello cristiano.
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Li conosciamo bene sono quelli che ci propinano tutti i giorni Berlusconi.
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