sabato, dicembre 29, 2012
È sotto gli occhi di tutti il costante aumento del numero di coppie che si separano e quindi dei bambini che vivono in famiglie mono-genitore. Nell’educazione di un bambino invece sin dall’origine la differenza sessuale dei genitori è fondamentale.

di Carlo Mafera

Complessivamente si calcola che in Italia le famiglie monoparentali siano circa il 12% e nell'85,5% dei casi sono formate da una donna con figli. Dover rinunciare a vivere la quotidianità con entrambi i genitori, anche quando si continua a frequentarli regolarmente, non è una condizione facile per un bambino, e una conferma viene dall'indagine 2008 della Sip, la Società Italiana di Pediatria, sulle abitudini e gli stili di vita degli adolescenti, condotta su un campione di 1200 ragazzi dai 12 ai 14 anni.

Nell’educazione di un bambino sin dall’origine la differenza sessuale dei genitori è fondamentale. Il dato di una crescente presenza di bambini costretti a vivere senza uno dei genitori deve allarmarci: può anche sembrare un dato di maggiore libertà di scelta per gli adulti, ma il bene dei bambini andrebbe messo sempre al primo posto. E’ necessaria una maggiore responsabilità nel progetto di coppia e nell’impegno “per sempre”, valori che attorno alla parola matrimonio un tempo trovavano una custodia anche sociale. E infatti è un po’ la crisi del matrimonio che si porta dietro insieme causa ed effetto di questa grande difficoltà.

Le ragioni antropologiche dell’importanza della coppia per la crescita psicologica del figlio risiedono in quelle teologiche. La triade padre-madre-figlio sono l’immagine speculare della trinità Padre-Figlio-Spirito Santo. Come Dio non è un dio solitario e vive e realizza la sua divinità nella circolarità dell’amore ben espressa nella Trinità del Rublev, così la triade padre-madre-figlio realizzano la medesima circolarità, nella dimensione terrena, dell’Amore infuso nei nostri cuori proprio dalla Trinità. Spezzare questa catena in uno dei suoi elementi spezza questo fluire dell’amore così predisposto e voluto dal Creatore. Tutte le dimensioni alternative sono insufficienti e creano dolore e sofferenza in tutti e tre i componenti della triade, ma in particolar modo nell’elemento più debole, il figlio.

Gli adolescenti mono-genitore mostrano una fragilità che si evidenzia nella maggiore tendenza ad adottare comportamenti che loro stessi considerano rischiosi (li adotta il 20% dei ragazzi con famiglia monoparentale, contro il 13,5% degli altri) e, soprattutto, ad avere maggiore propensione per fumo, alcol, droghe. Non vivere con entrambi i genitori sembra influire anche sulla percezione di sé, facendo peggiorare, probabilmente per una maggiore insicurezza, l'accettazione del proprio aspetto. Vorrebbe infatti essere più magro il 56,6% (contro il 49,9% di chi vive con tutti e due i genitori); più bello il 60,7% contro il 60.5%. Non è assolutamente nuova la situazione di essere senza genitori: la letteratura è piena di queste situazioni, ma segnalava anche l’impoverimento dei bambini senza genitori. La società contemporanea, invece, vorrebbe farci credere che stare con un solo genitore è la stessa cosa che avere entrambi i genitori, stabili, fissi, sempre presenti e “accessibili” per il bambino. Ma non è vero: la stabilità della coppia è la prima risorsa per il benessere del bambino.

In molti casi di bambini che vivono solo con la madre o col padre c’è il tentativo della coppia di restare genitori nonostante la separazione. Questa è una fatica che va sostenuta con attenzione da parte della società, perché le separazioni ormai sono molto diffuse anche in Italia e bisogna aiutare padri e madri a restare genitori dei propri figli anche quando non si vive più nella stessa casa. La separazione è un grande stress dal punto di vista delle relazioni, dell’identità, del progetto di vita e anche dal punto di vista economico, perché è un oggettivo impoverimento di entrambi i genitori, ovunque stiano i figli. Per i bambini viene a mancare la quotidianità, la presenza, il tempo passato insieme. Questo tema ci ricorda la grande responsabilità dei genitori nei confronti dei figli, del dare un pezzo di vita per loro. Bisognerebbe riaffermare che la separazione è una ferita per i partner ed è tanto più una ferita per i bambini. Le ferite si possono curare, si può continuare a vivere, ma non si può dire che il dolore non esiste. Forse è questo il messaggio che i dati ci dovrebbero costringere ad accogliere con più forza: la separazione è un’azione dannosa.

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