Un convegno di grande interesse per sottolineare che la conoscenza dei migranti è lo strumento più efficace per una buona missione di accoglienza
di Mariangela Laviano
Si è svolto giovedì 29 Novembre, presso la Pontificia Università Urbaniana (PUU), il convegno dal titolo “Migrazioni e nuova evangelizzazione. Novità e sfide a sessant’anni dalla Exsul Familia”, organizzato dallo Scalabrini International Migration Institute (SIMI). La Chiesa Cattolica negli ultimi 60 anni ha ispirato la propria missione di accoglienza dei migranti alla “Exsul Familia”, considerata la magna charta del pensiero della Chiesa sul fenomeno delle migrazioni. Braccio operativo di questa grande missione è tra gli altri il SIMI, da sempre impegnato in prima linea nel campo della ricerca e lo studio della mobilità umana, sulla scia del carisma del Beato Giovanni Battista Scalabrini, fondatore e ispiratore che sin dai primi del secolo scorso, con grande fede e intuito, accettò le sfide del mondo, diventando Padre degli emigranti.
Il convegno ha tracciato con efficacia i passaggi che hanno caratterizzato le varie fasi del fenomeno migratorio evidenziando sostanzialmente due grandi categorie di migranti: i volontari e i forzati. Gli uni partono per motivi legati al lavoro o al desiderio di migliorare la propria vita, gli altri invece sono costretti a lasciare la loro casa e la loro famiglia a causa della guerra, delle calamità naturali o per motivi politici. Ma con la globalizzazione del secondo millennio sono cambiati anche i soggetti della migrazione: se prima erano solo gli uomini a partire, oggi sui barconi troviamo anche le donne e bambini. Il numero delle donne migranti è pari infatti al 50% del totale, e le più fortunate trovano lavoro nell’ambito domestico o nell’assistenza.
Conoscere in modo corretto la realtà dei migranti è il miglior mezzo per una nuova missione di accoglienza che non può prescindere da politiche appropriate e operatori formati. Sotto questa luce è da inquadrare l’intervento di Mons. Rino Fisichella, che ha approfondito il tema della “nuova evangelizzazione” da coniugare con un nuovo concetto di integrazione, sempre ispirato alla mission cristiana ma da attualizzare alla luce delle grandi sfide che la Chiesa quotidianamente è chiamata a superare.
Proprio in questo senso, si collocano le problematiche di due nuove ma consistenti realtà legate al fenomeno della migrazione. La prima è quella dei rifugiati, numericamente superiori rispetto al passato e provenienti da zone geografiche cui la Chiesa storicamente non era rivolta; opera in questi scenari il “Jesuit Refugee Service”, attraverso l’ascolto e l’accompagnamento dei rifugiati in uno stile cristiano in senso ampio. L’altra realtà, più “silenziosa” e sconosciuta al 99% dei media, è quella degli itineranti marittimi; sono quelli che si muovono per lavoro, circa 1.500.000 di persone che attraversano il globo via mare per 280$ al mese e che spesso riescono a toccare terra solo una volta ogni quattro mesi! A queste persone rivolgono l’opera pastorale i cappellani di bordo, chiamati ad esperienze sempre nuove e al dialogo con marittimi di religioni anche diverse tra loro.
Un interessante workshop quindi all’insegna dell’approfondimento di criticità su cui lavorare con grande attenzione, per il rispetto dei diritti umani e delle libertà civili.
di Mariangela Laviano
Si è svolto giovedì 29 Novembre, presso la Pontificia Università Urbaniana (PUU), il convegno dal titolo “Migrazioni e nuova evangelizzazione. Novità e sfide a sessant’anni dalla Exsul Familia”, organizzato dallo Scalabrini International Migration Institute (SIMI). La Chiesa Cattolica negli ultimi 60 anni ha ispirato la propria missione di accoglienza dei migranti alla “Exsul Familia”, considerata la magna charta del pensiero della Chiesa sul fenomeno delle migrazioni. Braccio operativo di questa grande missione è tra gli altri il SIMI, da sempre impegnato in prima linea nel campo della ricerca e lo studio della mobilità umana, sulla scia del carisma del Beato Giovanni Battista Scalabrini, fondatore e ispiratore che sin dai primi del secolo scorso, con grande fede e intuito, accettò le sfide del mondo, diventando Padre degli emigranti.
Il convegno ha tracciato con efficacia i passaggi che hanno caratterizzato le varie fasi del fenomeno migratorio evidenziando sostanzialmente due grandi categorie di migranti: i volontari e i forzati. Gli uni partono per motivi legati al lavoro o al desiderio di migliorare la propria vita, gli altri invece sono costretti a lasciare la loro casa e la loro famiglia a causa della guerra, delle calamità naturali o per motivi politici. Ma con la globalizzazione del secondo millennio sono cambiati anche i soggetti della migrazione: se prima erano solo gli uomini a partire, oggi sui barconi troviamo anche le donne e bambini. Il numero delle donne migranti è pari infatti al 50% del totale, e le più fortunate trovano lavoro nell’ambito domestico o nell’assistenza.
Conoscere in modo corretto la realtà dei migranti è il miglior mezzo per una nuova missione di accoglienza che non può prescindere da politiche appropriate e operatori formati. Sotto questa luce è da inquadrare l’intervento di Mons. Rino Fisichella, che ha approfondito il tema della “nuova evangelizzazione” da coniugare con un nuovo concetto di integrazione, sempre ispirato alla mission cristiana ma da attualizzare alla luce delle grandi sfide che la Chiesa quotidianamente è chiamata a superare.
Proprio in questo senso, si collocano le problematiche di due nuove ma consistenti realtà legate al fenomeno della migrazione. La prima è quella dei rifugiati, numericamente superiori rispetto al passato e provenienti da zone geografiche cui la Chiesa storicamente non era rivolta; opera in questi scenari il “Jesuit Refugee Service”, attraverso l’ascolto e l’accompagnamento dei rifugiati in uno stile cristiano in senso ampio. L’altra realtà, più “silenziosa” e sconosciuta al 99% dei media, è quella degli itineranti marittimi; sono quelli che si muovono per lavoro, circa 1.500.000 di persone che attraversano il globo via mare per 280$ al mese e che spesso riescono a toccare terra solo una volta ogni quattro mesi! A queste persone rivolgono l’opera pastorale i cappellani di bordo, chiamati ad esperienze sempre nuove e al dialogo con marittimi di religioni anche diverse tra loro.
Un interessante workshop quindi all’insegna dell’approfondimento di criticità su cui lavorare con grande attenzione, per il rispetto dei diritti umani e delle libertà civili.
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