lunedì, dicembre 17, 2012
Benedetto XVI ha espresso l’apprezzamento della Chiesa per lo sport come occasione educativa, richiamando anche la lunga tradizione degli oratori e dei centri giovanili dove, in genere, è presente uno spazio ludico-sportivo

di Carlo Mafera

“Grande importanza assume oggi la pratica sportiva, perché può favorire l'affermarsi nei giovani di valori importanti quali la lealtà, la perseveranza, l'amicizia, la condivisione, la solidarietà. E proprio per tale motivo, in questi ultimi anni essa è andata sempre più sviluppandosi come uno dei fenomeni tipici della modernità, quasi un ‘segno dei tempi’ capace di interpretare nuove esigenze e nuove attese dell'umanità. Lo sport si è diffuso in ogni angolo del mondo, superando diversità di culture e di nazioni. Per il profilo planetario assunto da questa attività, è grande la responsabilità degli sportivi nel mondo. Essi sono chiamati a fare dello sport un'occasione di incontro e di dialogo, al di là di ogni barriera di lingua, di razza, di cultura. Lo sport può, infatti, recare un valido apporto alla pacifica intesa fra i popoli e contribuire all'affermarsi nel mondo della nuova civiltà dell'amore”: è quanto diceva il Beato Giovanni Paolo II durante il Giubileo del 2000. Gli ha fatto eco il suo successore Benedetto XVI durante l’udienza svoltasi ieri mattina, quando ha ricevuto gli atleti della nazionale che hanno partecipato alle recenti Olimpiadi di Londra: “La Chiesa si interessa di sport perché le sta a cuore l’uomo, tutto l’uomo, e riconosce che l’attività sportiva incide sull’educazione, sulla formazione della persona, sulle relazioni, sulla spiritualità”. Nel discorso rivolto alla folta delegazione guidata dal presidente del Coni, Giovanni Petrucci, il Papa ha richiamato le 28 medaglie vinte dagli italiani, di cui 8 d’oro, parlando della “dura disciplina” cui gli atleti si sottopongono per poter puntare a tali traguardi. Ha poi parlato delle virtù morali che ogni buon atleta deve coltivare: “Lealtà nella competizione, rispetto del proprio corpo, senso di solidarietà e di altruismo e poi - ha sottolineato - anche la gioia, la soddisfazione e la festa”, definendo questi comportamenti “un cammino di autentica maturazione umana, fatto di rinunce, di tenacia, di pazienza, e soprattutto di umiltà, che non viene applaudita, ma che è il segreto della vittoria”.

Benedetto XVI ha poi richiamato l’apprezzamento della Chiesa per lo sport come occasione educativa, richiamando la lunga tradizione degli oratori e dei centri giovanili dove, in genere, è presente uno spazio ludico-sportivo. “Penso dunque a voi, cari atleti, come a dei campioni-testimoni, con una missione da compiere: possiate essere, per quanti vi ammirano, validi modelli da imitare”: è stato questo l’augurio che Benedetto XVI ha rivolto agli atleti olimpici.

A proposito del fenomeno del “doping” ha affermato: “La pressione di conseguire risultati significativi non deve mai spingere a imboccare scorciatoie come avviene nel caso del doping. Lo stesso spirito di squadra sia di sprone ad evitare questi vicoli ciechi, ma anche di sostegno a chi riconosce di avere sbagliato, in modo che si senta accolto e aiutato”.

Infine ha concluso richiamando l’Anno della fede, con l’invito a “educare la persona anche all’ agonismo’ spirituale, cioè a vivere ogni giorno cercando di far vincere il bene sul male, la verità sulla menzogna, l’amore sull’odio, e questo prima di tutto in se stessi”. In chiusura il Santo Padre ha parlato del beato Pier Giorgio Frassati, indicandolo come esempio e tratteggiando la sua figura come quella di “un giovane che univa in sé la passione per lo sport - amava specialmente le ascensioni in montagna - e la passione per Dio”.

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