Ci sono donne e bambini tra le vittime dell’esplosione verificatasi nel quartiere di Jaramana, a maggioranza curdo, a sud di Damasco.
Misna - Lo riferiscono fonti concordanti secondo cui dal luogo della deflagrazione – provocata da un’autobomba – si levano alte colonne di fumo. Si conclude così come era iniziata, con un’esplosione e vittime innocenti, la tregua dell’Eid al Adha, festa del Sacrificio, in atto formalmente da venerdì ma mai realmente entrata in vigore. La televisione di Stato ha mostrato immagini della distruzione causata su alcuni edifici vicini, alcuni con i muri sventrati, affermando che si è trattato dell’opera di “terroristi”.
Intanto, “la situazione è difficile e sta peggiorando” ha detto oggi da Mosca l’inviato dell’Onu e della Lega araba per la Siria Lakhdar Brahimi, in una conferenza stampa congiunta con il ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov. “La comunità internazionale deve riunirsi e contribuire a trovare una via d’uscita” ha aggiunto, parlando per la prima volta di uno scenario “ di guerra civile”.
Brahimi proseguirà la sua missione recandosi domani a Pechino nel tentativo di ordire una trama che, includendo i principali alleati di Damasco – era stato in Iran la scorsa settimana – consenta di uscire dall’impasse politico-diplomatica. “Il collasso della tregua non ci impedirà di continuare, ha detto l’inviato, nel tentativo di portare la Siria fuori dal gorgo della violenza e su un sentiero di pace”. Dall’inizio dell’anno Russia e Cina hanno bloccato tre risoluzioni in Consiglio di Sicurezza contro il presidente siriano Bashar al Assad e scoraggiato qualsiasi interferenza esterna che porti verso un cambio di regime a Damasco. Il presidente russo Vladimir Putin, in particolare, ha sottolineato più di una volta che non intende consentire in Siria uno scenario simile a quello libico dove una campagna militare della Nato ha condotto alla caduta e all’uccisione del leader Muammar Gheddafi.
Intanto al confine con la Siria, nel campo profughi di Zataari, nuovi disordini hanno provocato il ferimento di diversi rifugiati e sei agenti. Le forze di sicurezza avrebbero impiegato gas lacrimogeni per disperdere i rifugiati che protestavano per le precarie condizioni di vita nel campo, che ospita circa 30.000 persone. I manifestanti hanno attaccato un posto di polizia nel campo e hanno dato fuoco ad alcune tende.
Misna - Lo riferiscono fonti concordanti secondo cui dal luogo della deflagrazione – provocata da un’autobomba – si levano alte colonne di fumo. Si conclude così come era iniziata, con un’esplosione e vittime innocenti, la tregua dell’Eid al Adha, festa del Sacrificio, in atto formalmente da venerdì ma mai realmente entrata in vigore. La televisione di Stato ha mostrato immagini della distruzione causata su alcuni edifici vicini, alcuni con i muri sventrati, affermando che si è trattato dell’opera di “terroristi”.
Intanto, “la situazione è difficile e sta peggiorando” ha detto oggi da Mosca l’inviato dell’Onu e della Lega araba per la Siria Lakhdar Brahimi, in una conferenza stampa congiunta con il ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov. “La comunità internazionale deve riunirsi e contribuire a trovare una via d’uscita” ha aggiunto, parlando per la prima volta di uno scenario “ di guerra civile”.
Brahimi proseguirà la sua missione recandosi domani a Pechino nel tentativo di ordire una trama che, includendo i principali alleati di Damasco – era stato in Iran la scorsa settimana – consenta di uscire dall’impasse politico-diplomatica. “Il collasso della tregua non ci impedirà di continuare, ha detto l’inviato, nel tentativo di portare la Siria fuori dal gorgo della violenza e su un sentiero di pace”. Dall’inizio dell’anno Russia e Cina hanno bloccato tre risoluzioni in Consiglio di Sicurezza contro il presidente siriano Bashar al Assad e scoraggiato qualsiasi interferenza esterna che porti verso un cambio di regime a Damasco. Il presidente russo Vladimir Putin, in particolare, ha sottolineato più di una volta che non intende consentire in Siria uno scenario simile a quello libico dove una campagna militare della Nato ha condotto alla caduta e all’uccisione del leader Muammar Gheddafi.
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