giovedì, settembre 13, 2012
Sen. Francesco Ferrante Responsabile politiche relative ai cambiamenti climatici ed energia del Pd (per greenreport.it)  

GreenReport - Sulcis, Alcoa, Ilva di Taranto. Tre crisi drammatiche che interpellano il rapporto ambiente/lavoro, la tutela della salute e dell'ambiente in contrapposizione con l'occupazione. Tante volte abbiamo detto che rifiutiamo questa impostazione e che siamo invece convinti che è proprio partire dalla tutela e dalla valorizzazione dell'ambiente e puntando su innovazione di prodotto e dei processi di produzione - questa è la green economy - che si potrà rilanciare uno sviluppo, diverso, che garantisca anche il lavoro. Ma qui vorrei dire che quei tre casi che appaiono a prima vista simili sono invece assai differenti e richiedono approcci e soluzioni diverse.

Ai due estremi Carbosulcis e Ilva. Per il carbone del Sulcis sono decenni che la storia avrebbe dovuto vedere la fine e se ne sarebbe dovuta aprire una del tutto nuova. Quel carbone è di cattiva qualità - basso potere calorifico e alto tenore di zolfo - non solo è inquinante ma molto anti economico ed è un'attività che si regge solo grazie a sussidi pubblici (sempre più ingenti) e ormai insostenibili. Peraltro non si capisce perché spendere tutti questi soldi per un lavoro faticoso e pericoloso. E non ha proprio senso provare a tenerlo artificiosamente in vita vagheggiando di sperimentazioni sullo stoccaggio di CO2 assai distanti dalla praticabilità.

Molto meglio sarebbe stato imboccare una strada tutta diversa ed è quello che a dovrebbe fare adesso. In quell'area a vocazione industriale insediare altre attività, a partire da quelle legate alle rinnovabili e valorizzare anche le grandi potenzialità connesse ad archeologia industriale come si fa già altrove. All'opposto non ha senso parlare di chiusura per l'Ilva. Questo che è il secondo paese manifatturiero in Europa ha bisogno di acciaio e se non lo produciamo in casa è una perdita per tutto il sistema. Il punto lì e che prima il pubblico e poi, in maniera ancora più devastante il privato, la proprietà non ha fatto gli investimenti necessari e se ne è sempre fregata dell'ambiente, della salute, del rapporto con il territorio.

Siamo ancora in tempo , grazie all'intervento della magistratura, a cambiare radicalmente strada, imporre ai Riva di spendere i soldi per le best available tecnologies ridurre impatto e contribuire alla bonifiche di quel territorio che troppo a lungo è stato massacrato. Per l'Alcoa la situazione è più complessa. Da una parte simile al Sulcis se si pensa al regalo fatto per tanti anni all'azienda concedendogli energia a costi ridottissimi (un regalo pagato dai cittadini), dall'altra anche l'alluminio come l'acciaio è essenziale per la manifattura e quindi in questo caso si potrebbe legittimamente sostenere che il sostegno pubblico è giustificato da un beneficio di cui godrebbe l'intero sistema industriale potendo disporre di alluminio italiano. Ma siamo certi che siano questi i termini reali della questione? Dagli ultimi dati disponibili a livello europeo si ricava la conferma che l'Italia è il secondo consumatore di alluminio - oltre 2 milioni di tonnellate contro i circa 3 della Germania sui 13 milioni dell'intera UE e ben di più del 1/1,2 di Francia e Spagna. Ma oltre il 50% dell'alluminio che ci serve lo ricaviamo dal riciclaggio (dato lusinghiero e migliore persino dei "virtuosi" tedeschi fermi al 33%) e la produzione domestica - tutta Alcoa - vale solo l'8% del totale.

Questo significa che possiamo rinunciare a quella quota di produzione a cuor leggero? Assolutamente no visto che andremmo ad aumentare la quantità di alluminio che già importiamo dall'estero (oltre 800mila tonnellate all'anno), ma almeno il dato ci aiuta a inquadrare meglio il problema. Certo è che se si vuole procedere con la ricerca di una soluzione che salvaguardi la produzione di alluminio in Sardegna, Governo e Regione insieme alle agevolazioni già pronti ad offrire ad eventuali acquirenti, dovrebbero sorvegliare con l'attenzione che mai hanno riservato al tema, che la nuova proprietà faccia gli investimenti indispensabili per ammodernare gli impianti e per rendere competitiva la produzione per la quale non è plausibile pensare a sconti sull'energia indefiniti nel tempo, che la Ue non ci consentirebbe, e alla fine ingiustificati visto che sino adesso in realtà Alcoa ha pagato l'energia elettrica meno dei suoi concorrenti con stabilimenti in Germania.


Sono presenti 3 commenti

Rinaldo Sorgenti ha detto...

Per aiutare a comprendere meglio le due situazioni sopracitate: Sulcis ed Alcoa, con una lettura ben diversa di quella fornita, credo utile proporre il testo che segue:

(prossimo post)

Rinaldo Sorgenti ha detto...

IL “PROGETTO INTEGRATO SULCIS”

In questi giorni i media sono pieni di articoli che raccontano dell’iniziativa dei minatori del Sulcis che si sono asserragliati all’interno della miniera di Nuraxi Figus a Carbonia.
Per consentire a chi non è un esperto della materia di meglio comprendere le motivazioni di tale loro azione e comprendere in cosa consiste il “Progetto Integrato Sulcis”, riepilogo qui di seguito i punti salienti che lo caratterizzano:

 Il Progetto del Sulcis, in itinere ormai da troppi anni, è un progetto sinergico e tecnologicamente avanzato al top della tecnologia mondiale per il settore della produzione elettrica.
Si tratta di riavviare lo sfruttamento dell'unica miniera ancora disponibile nel ns. Paese e l'utilizzo di un Carbone certamente non ottimale ma che, grazie alle moderne tecnologie, oggi può essere utilizzato senza gli inconvenienti (alto contenuto di zolfo) del passato. Se poi si volesse fare un semplice e banale confronto con la Lignite abitualmente utilizzata in Grecia, Romania, Turchia, ecc., ebbene il Carbone del Sulcis sarebbe "super".

 Il Progetto prevede inoltre la costruzione - a bocca di miniera - di un nuovo e modernissimo gruppo termoelettrico alimentato dal Carbone del Sulcis (solo od in miscela con l'abituale carbone di importazione a seconda della tecnologia impiegata nel nuovo impianto termoelettrico) e l'impianto sarebbe dotato delle modernissime tecnologie di "Cattura della CO2" che verrebbe poi stoccata nel sottosuolo, nelle vene di carbone che si trovano, fuori costa, ad oltre 800 mt. di profondità. Questo consentirebbe - con la tecnica ECBM "Enhanced Coal Bed Methane" (abituale negli USA, in Australia, ecc.) di recuperare il Metano, sempre presente nella microporosità del Carbone, in quanto la CO2 si fisserebbe al suo posto nella matrice Carbone, come natura vuole. Insomma, una tecnica quanto mai opportuna, perchè consente di recuperare un combustibile dall'attività di sequestro, compensandone così i costi.

 Per la dimensione del Progetto, non eccessivamente grande, e le caratteristiche dell'insieme, si tratta di un Progetto ideale ed all'avanguardia a livello mondiale, che 'Italia ha il dovere di favorire, soprattutto considerando che l'area del Sulcis è particolarmente depressa ed il lavoro in quella zona non è proprio fiorente. Inoltre questi minatori comunque costano una discreta somma alle casse pubbliche, perchè la limitata attività loro concessa finora ovviamente non consente di recuperare sufficiente valore per pareggiare i costi. Insomma, si tratta anche di interrompere un'emorragia che dura ben dal 1972 !!!


Rinaldo Sorgenti ha detto...

Come si vede, il problema va letto in altri termini:

- Occorre investire nelle nuove tecnologie per uscire dall'impasse in cui si trovano quelle industrie e, poi, finalmente fare nel Paese una opportuna Politica Energetica (nessun Paese grande e sviluppato, può farne a meno) che preveda di diversificare ed equilibrare il "Mix delle Fonti Primarie" per la produzione elettrica anche in Italia, come hanno TUTTI i grandi e sviluppati Paesi del Mondo: Germania-USA-Giappone-Canada-UK, ecc.) per sostenere la competitività Paese.

Tutti parlano della Germania come esempio, però nessuno dice che la Gwermania produce il doppio dell'elettricità che produciamo noi in Italia e lo fa per il 42% da Carbone (6 volte più di quanto ne usiamo noi!), pur essendo il Paese che ha installato più di tutti Solare FV ed Eolico (loro, peraltro, il Vento ce l'hanno nel Nord), perchè Carbone e Rinnovabili SONO del tutto COMPLEMENTARI, giammai alternative.

Qualcuno può e vuol dire che i tedeschi sono degli ... irresponsabili? Suvvia, non scherziamo.

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