mercoledì, settembre 12, 2012
Questo semplice nome di donna, sconosciuto ai più, dovrebbe essere scritto a lettere d’oro nel libro dei Grandi della Storia

di Silvio Foini

Non ha vinto nessuna medaglia, sebbene abbia combattuto, per quanto gli fu consentito, contro l’assurdità di molti che si lasciarono travolgere dalla follia hitleriana. Ora a 98 anni ha chiuso la propria esistenza terrena, ma quel che ci ha lasciato è qualcosa di memorabile, la luce intensissima di un faro che indica la rotta nel mare periglioso di questo nostro tempo che pare l’abbia smarrita, che pare voglia, da alcune parti, negare addirittura l’orrore dei campi di concentramento nazisti. In breve ecco la vicenda umana di Irena Sendler. Durante la Seconda Guerra mondiale ebbe il permesso di lavorare nel Ghetto di Varsavia come specialista di fogne e tubature. Essendo a conoscenza di quali fossero i piani dei nazisti nei confronti degli ebrei, escogitò, mossa dalla propria grande umanità, uno stratagemma per portare fuori dal campo di sterminio i bambini: creò un sottofondo nel cassone del suo piccolo camioncino con cui trasportava gli attrezzi del proprio lavoro e vi faceva nascondere i bimbi più piccoli per metterli in salvo dall’odio razziale. Onde evitare pericolose ispezioni, a bordo del cassone trasportava anche il proprio cane cui aveva insegnato ad abbaiare furiosamente verso le guardie e i soldati tedeschi che si fossero avvicinati, facendoli così desistere dai severi controlli. I latrati del cane servivano anche a sovrastare gli eventuali rumori prodotti dai bimbi nascosti nel sottofondo del cassone del piccolo mezzo.

Così la giovane Irena si prese gioco per lunghi mesi degli aguzzini nazisti riuscendo a portare fuori del ghetto ben 2.500 bambini che poterono salvarsi dalle camere a gas. Poi un giorno infausto la sua grande opera di misericordia verso quella povera umanità umiliata, vituperata ed offesa in nome della razza venne alla luce, e per Irena non vi fu misericordia alcuna: la picchiarono brutalmente, la sottoposero a torture ed infine le spezzarono entrambe le gambe e le braccia. Si salvò miracolosamente e salvò pure un barattolo di vetro sepolto ai piedi di un albero del suo giardino in cui conservava tutti i nomi e cognomi dei bambini che aveva salvato: finita la guerra, tentò con ogni mezzo di ritrovare i genitori dei piccoli per riunire le famiglie; purtroppo la maggioranza di costoro erano già passati per le camere a gas, e allora cercò e trovò famiglie disposte all’adozione o case di accoglienza.

L’anno passato, questa grande donna fu proposta per il premio Nobel per la Pace: chi più di lei l’avrebbe meritato? Non fu nemmeno selezionata. Poco importa invero un premio dato dagli uomini. Qualcun altro gliene ha riservato uno molto più importante e per sempre.

Adesso come non mai che alcuni proclamano che l’Olocausto sia un mito, occorre assicurarsi che il mondo non dimentichi mai quel pozzo infernale d’orrore in cui l’uomo era sprofondato, quel pozzo dalla cui bocca esalano ancora i miasmi della follia. Gloria e onore per sempre a questa mite ma grandissima donna che seppe riconoscere come fratelli coloro che erano considerati i reietti della terra.

Sono presenti 4 commenti

Anonimo ha detto...

Le grandi imprese le fanno le persdone normali non i potenti. Loro pensano solo al tornaconto.
Questi sono esempi.

Anonimo ha detto...

grande Irena,che possiamo imitarti almeno un poco nelle nostre quotidiane vicende..abbiamo bisogno di modelli come te.....

Anonimo ha detto...

Grazie per aver pubblicato questa bella storia. Non la conoscevo.

Anonimo ha detto...

Prima di tutto :bentornato! Anch'io non conoscevo questa bellissima storia d'amore per il prossimo, grazie per averla pubblicata;a riguardo posso dire che i santi del paradiso sorpassano di gran lunga quelli del calendario!

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