Tuttavia per Rimsha incomincia la terza settimana in carcere e la famiglia non nasconde la paura di rappresaglie violente
Sabato il colpo di scena: il principale accusatore della quattordicenne, l’imam della moschea Khalid Jadoon, è stato arrestato con l’accusa di aver manipolato le prove ad arte. Tre suoi assistenti, Hafiz Zubair, Mohammad Shahzad e Awais Ahmed, hanno detto al magistrato che il religioso aveva bruciato alcune pagine del Corano e le aveva aggiunto alle prove esistenti (alcune pagine di un quaderno per apprendere l’arabo) , con lo scopo di rafforzare l’impianto accusatorio. I testi prima di denunciare Khalid Jadoon alla polizia hanno cercato di dissuaderlo ma egli non ha desistito, affermando che quello era il solo modo per espellere tutta la comunità cristiana dal villaggio. Se da una parte questo nuovo sviluppo delle indagini restituisce speranza ad una positiva soluzione del caso, dall’altra non deve dar motivo di eccessive illusioni: il religioso è stato arrestato perché mettendo le pagine aggiuntive del Corano incenerite ha commesso lui stesso una dissacrazione, e non per le prove create ad ‘hoc’ contro la bambina.
La legge sulla blasfemia in Pakistan è solo un comodo pretesto per infierire contro le minoranze: è usata per perpetrare vendette personali, per sottrarre beni, per scacciare dalle case i cristiani con false accuse e poi rivenderle a più caro prezzo. Chi tra i politici si è battuto per un suo miglioramento, per esempio chiedendo la grazia per Asia Bibi, la madre di cinque figli da quasi due anni in carcere con una condanna a morte con la falsa accusa di aver insultato Maometto, non ha avuto grandi successi pratici: l’anno scorso Salmaan Taseer, governatore della provincia del Punjab, e il ministro per le Minoranze, Shahbaz Bhatti, sono stati entrambi assassinati e il ministero delle minoranze addirittura cancellato.
Intanto la piccola Rimsha, affetta da ritardo mentale (certificata dalla perizia del medico nominato dal Tribunale, che il giudice ha però deciso di non tener in conto), continua ad essere detenuta in cella nel carcere di massima sicurezza di Islamabad. Venerdì il giudice ha esteso l’arresto per altre due settimane, ma si spera che lunedì sia deciso il rilascio su cauzione, come richiesto dalla difesa. La mamma della quattordicenne ieri aveva diffuso un appello al presidente Zardari: “La scorsa settimana una folla inferocita ha minacciato di bruciare viva mia figlia, e tra 24 ore un giudice deciderà se potrà tornare in libertà o restare in carcere. Rimsha è una minore che soffre di ritardo mentale e spesso non controlla le sue azioni. Nonostante ciò la polizia locale in Pakistan l’accusa di aver dissacrato il Corano, e abbiamo paura per la sua vita”. L’appello, che si conclude con la richiesta di scarcerazione e di protezione, è stato pubblicato dal sito Avaaz e ha già raccolto un milione di firme. Numerose raccolte di firme sono state aperte anche da siti cattolici, tra i quali segnaliamo il sito ‘Cultura Cattolica’, che per primo aveva fatto l’ipotesi che le prove potessero essere state costruite dagli stessi accusatori.
Intanto, il presidente del Consiglio degli ulema pachistani, Tahir Ashrafi, ha chiesto al presidente Zardari di intervenire immediatamente per sottrarre il caso alla giustizia ordinaria e di avocarlo alla Corte Suprema, e di togliere Rimsha dalla custodia in carcere e di darle protezione. Ciononostante occorre tenere alta l’attenzione internazionale su quanto sta avvenendo perché se è vero che è stato arrestato il principale accusatore, ne esiste ancora uno: un bambino di una famiglia con cui conviveva nella stessa abitazione. L’imputazione così rimane e l’episodio rischia solo di aprire solo un altro filone di indagine, in un paese dove le violenze extragiudiziali sono assai frequenti, anche in caso di assoluzione piena.
di Patrizio Ricci
Sabato il colpo di scena: il principale accusatore della quattordicenne, l’imam della moschea Khalid Jadoon, è stato arrestato con l’accusa di aver manipolato le prove ad arte. Tre suoi assistenti, Hafiz Zubair, Mohammad Shahzad e Awais Ahmed, hanno detto al magistrato che il religioso aveva bruciato alcune pagine del Corano e le aveva aggiunto alle prove esistenti (alcune pagine di un quaderno per apprendere l’arabo) , con lo scopo di rafforzare l’impianto accusatorio. I testi prima di denunciare Khalid Jadoon alla polizia hanno cercato di dissuaderlo ma egli non ha desistito, affermando che quello era il solo modo per espellere tutta la comunità cristiana dal villaggio. Se da una parte questo nuovo sviluppo delle indagini restituisce speranza ad una positiva soluzione del caso, dall’altra non deve dar motivo di eccessive illusioni: il religioso è stato arrestato perché mettendo le pagine aggiuntive del Corano incenerite ha commesso lui stesso una dissacrazione, e non per le prove create ad ‘hoc’ contro la bambina.
La legge sulla blasfemia in Pakistan è solo un comodo pretesto per infierire contro le minoranze: è usata per perpetrare vendette personali, per sottrarre beni, per scacciare dalle case i cristiani con false accuse e poi rivenderle a più caro prezzo. Chi tra i politici si è battuto per un suo miglioramento, per esempio chiedendo la grazia per Asia Bibi, la madre di cinque figli da quasi due anni in carcere con una condanna a morte con la falsa accusa di aver insultato Maometto, non ha avuto grandi successi pratici: l’anno scorso Salmaan Taseer, governatore della provincia del Punjab, e il ministro per le Minoranze, Shahbaz Bhatti, sono stati entrambi assassinati e il ministero delle minoranze addirittura cancellato.
Intanto la piccola Rimsha, affetta da ritardo mentale (certificata dalla perizia del medico nominato dal Tribunale, che il giudice ha però deciso di non tener in conto), continua ad essere detenuta in cella nel carcere di massima sicurezza di Islamabad. Venerdì il giudice ha esteso l’arresto per altre due settimane, ma si spera che lunedì sia deciso il rilascio su cauzione, come richiesto dalla difesa. La mamma della quattordicenne ieri aveva diffuso un appello al presidente Zardari: “La scorsa settimana una folla inferocita ha minacciato di bruciare viva mia figlia, e tra 24 ore un giudice deciderà se potrà tornare in libertà o restare in carcere. Rimsha è una minore che soffre di ritardo mentale e spesso non controlla le sue azioni. Nonostante ciò la polizia locale in Pakistan l’accusa di aver dissacrato il Corano, e abbiamo paura per la sua vita”. L’appello, che si conclude con la richiesta di scarcerazione e di protezione, è stato pubblicato dal sito Avaaz e ha già raccolto un milione di firme. Numerose raccolte di firme sono state aperte anche da siti cattolici, tra i quali segnaliamo il sito ‘Cultura Cattolica’, che per primo aveva fatto l’ipotesi che le prove potessero essere state costruite dagli stessi accusatori.
Intanto, il presidente del Consiglio degli ulema pachistani, Tahir Ashrafi, ha chiesto al presidente Zardari di intervenire immediatamente per sottrarre il caso alla giustizia ordinaria e di avocarlo alla Corte Suprema, e di togliere Rimsha dalla custodia in carcere e di darle protezione. Ciononostante occorre tenere alta l’attenzione internazionale su quanto sta avvenendo perché se è vero che è stato arrestato il principale accusatore, ne esiste ancora uno: un bambino di una famiglia con cui conviveva nella stessa abitazione. L’imputazione così rimane e l’episodio rischia solo di aprire solo un altro filone di indagine, in un paese dove le violenze extragiudiziali sono assai frequenti, anche in caso di assoluzione piena.
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