Padre Giancarlo Bossi, il missionario del Pime che nel 2007 era stato rapito a Mindanao, nelle Filippine, è morto stanotte all’età di 62 anni in una clinica di Rozzano sul Naviglio nel milanese.
RadioVaticana - Da oltre un anno, informa l'agenzia AsiaNews, padre Bossi era malato di tumore ai polmoni. Dopo la liberazione, il missionario aveva incontrato il Papa in occasione del raduno con i giovani a Loreto del 2007. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Per tutti, cristiani e musulmani, padre Bossi era il “gigante buono”. La sua imponente statura, infatti, era direttamente proporzionale all’amore per il prossimo, senza distinzione di credo. In Italia e nel mondo, padre Bossi era divenuto noto quando nel giugno del 2007 era stato rapito, per 40 giorni, da un gruppo di miliziani musulmani a Mindanao nelle Filippine, la sua terra d’adozione dove ha prestato servizio missionario per 32 anni. Ecco la sua toccante testimonianza al microfono di Fabio Colagrande, poco dopo la liberazione:
R. – La gioia più grande della liberazione è essere tornato alla mia parrocchia a salutare i miei parrocchiani. Dovevo ritornare - perché a Payao di per sé nella grande maggioranza sono cristiani, però il centro di Payao è al 50 per cento musulmano e al 50 per cento cristiano - proprio per evitare, chiamiamolo così, uno scontro di civiltà o una guerra di religione. E quando ho detto loro che quelli che hanno rapito me in fondo erano solo grandi criminali e quindi sono criminali solo quei pochi che mi hanno rapito - non è che i musulmani sono tutti criminali! Come quando un cristiano ruba: non è che tutti i cristiani siano ladri! - credo che la gente di Payao abbia capito ...
D. – Lei ha detto che ha pregato con i suoi rapitori: come è successo?
R. – Perché loro pregavano tre volte al giorno, e quando pregavano loro pregavo anch’io, e dentro di me, l’idea che mi facevo, le prime volte, sai, vedere loro pregare e pregare io ... la mia idea, la mia domanda era: ma stiamo pregando lo stesso Dio? Perché se è un Dio della pace e della misericordia, vuol dire: come mai loro pregano, che hanno un fucile alla destra e me prigioniero alla sinistra? Mi sembrava una grande contraddizione, no? Per cui, io chiedevo loro informazioni e la loro risposta è stata molto semplice: loro mi hanno detto che Allah è nel loro cuore ma non nel loro lavoro. E questo anche per molti cristiani è uguale: cioè, Dio esiste, però nelle nostre scelte quotidiane siamo noi che prendiamo le decisioni: Dio non c’entra niente! E questa è una cosa sulla quale dobbiamo riflettere ...
Tornato in Italia dopo il suo sequestro, padre Bossi ha avuto la possibilità di incontrare Benedetto XVI durante un raduno del Pontefice con i giovani italiani a Loreto. Qui il missionario del Pime ha dato la sua testimonianza sul modo in cui ha vissuto il sequestro insieme ai suoi rapitori. “Durante i 40 giorni del mio deserto nella foresta – ha affermato davanti a 300mila giovani - mi sono sentito rinnovare. La mia preghiera è diventata più essenziale e forte. La mia disponibilità a Dio più incisiva. Nelle difficoltà con forza si sperimenta la tenerezza di Dio”.
R. – La gioia più grande della liberazione è essere tornato alla mia parrocchia a salutare i miei parrocchiani. Dovevo ritornare - perché a Payao di per sé nella grande maggioranza sono cristiani, però il centro di Payao è al 50 per cento musulmano e al 50 per cento cristiano - proprio per evitare, chiamiamolo così, uno scontro di civiltà o una guerra di religione. E quando ho detto loro che quelli che hanno rapito me in fondo erano solo grandi criminali e quindi sono criminali solo quei pochi che mi hanno rapito - non è che i musulmani sono tutti criminali! Come quando un cristiano ruba: non è che tutti i cristiani siano ladri! - credo che la gente di Payao abbia capito ...
D. – Lei ha detto che ha pregato con i suoi rapitori: come è successo?
R. – Perché loro pregavano tre volte al giorno, e quando pregavano loro pregavo anch’io, e dentro di me, l’idea che mi facevo, le prime volte, sai, vedere loro pregare e pregare io ... la mia idea, la mia domanda era: ma stiamo pregando lo stesso Dio? Perché se è un Dio della pace e della misericordia, vuol dire: come mai loro pregano, che hanno un fucile alla destra e me prigioniero alla sinistra? Mi sembrava una grande contraddizione, no? Per cui, io chiedevo loro informazioni e la loro risposta è stata molto semplice: loro mi hanno detto che Allah è nel loro cuore ma non nel loro lavoro. E questo anche per molti cristiani è uguale: cioè, Dio esiste, però nelle nostre scelte quotidiane siamo noi che prendiamo le decisioni: Dio non c’entra niente! E questa è una cosa sulla quale dobbiamo riflettere ...
Tornato in Italia dopo il suo sequestro, padre Bossi ha avuto la possibilità di incontrare Benedetto XVI durante un raduno del Pontefice con i giovani italiani a Loreto. Qui il missionario del Pime ha dato la sua testimonianza sul modo in cui ha vissuto il sequestro insieme ai suoi rapitori. “Durante i 40 giorni del mio deserto nella foresta – ha affermato davanti a 300mila giovani - mi sono sentito rinnovare. La mia preghiera è diventata più essenziale e forte. La mia disponibilità a Dio più incisiva. Nelle difficoltà con forza si sperimenta la tenerezza di Dio”.
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