Il profumo dell’unità cristiana nel matrimonio tra un dottore cattolico e un'infermiera anglicana
di Fabio Vitucci
Siamo nella Cattedrale di Manduria, in Puglia, per il matrimonio di un ragazzo italiano e una ragazza inglese di origini anglo-africane. I due si sono conosciuti durante una comune esperienza di “Medici senza Frontiere” in Africa, dove hanno prestato servizio alle popolazioni indigene falcidiate da povertà e malattie. Il loro rapporto è cresciuto fino a sfociare nell’amore, favorito anche dalla frequentazione a Londra, dove lui, ennesimo cervello italiano in fuga, è andato a studiare in una Scuola di Medicina dopo la laurea e la specializzazione in Italia (ora lavora in Galles), mentre lei nella capitale britannica ci vive (con la famiglia) e ci lavora.
Dopo qualche anno di fidanzamento, ecco il passo fondamentale del matrimonio, e la scelta ricade sulla Puglia, regione originaria dello sposo, perché di facile accesso per la più “giovane” famiglia della sposa (divisa tra Inghilterra e Giamaica). Ed oggi si corona il loro sogno, un sogno fatto di passione e complicità ma anche di integrazione e profondo rispetto fra due culture diverse e soprattutto fra due religioni sorelle ma ancora separate. E così è bellissimo ascoltare, tra la sorpresa dei partecipanti, i canti liturgici preparati dagli amici italiani nelle due lingue; emozionante vedere il padre di lei, pastore anglicano, che prima accompagna la figlia all’altare e poi “scappa” ad indossare i paramenti sacri (e più tardi sarà proprio lui a celebrare il rito matrimoniale!); stupendo ascoltare lo sposo che, in inglese, dice “I, Giuseppe, take you, Jennifer, as my wife…” e lei che, in italiano, risponde “…con la grazia di Cristo, prometto di esserti fedele sempre…”, in questa commistione di lingue che ha permeato tutta la celebrazione, dalle letture all’omelia fino addirittura al libretto. Ma il momento più toccante è forse quello della comunione: Jennifer ha chiesto ed ottenuto il permesso di prendere la comunione come il suo sposo, e un’unica processione composita si avvicina all’altare, con i cattolici che prendono il Corpo di Cristo e gli anglicani insieme che ricevono la benedizione dal sacerdote, mentre il coro intona un “Popoli tutti acclamate al Signore…” che racchiude in pieno il senso di questi segni. Si respira a pieni polmoni un’aria di unità che rende ancora più sacro e solenne il matrimonio.
E all’uscita dalla chiesa, gli sposi rispondono con delle piccole pistole ad acqua (tirate fuori da chissà dove) al “fuoco nemico” di riso e confetti, dando così il via ai festeggiamenti per una nuova vita insieme, che, viste le premesse, non potrà che essere feconda e piena di testimonianza: qui l’insegnamento di Gesù “i due saranno una sola carne” trova pieno compimento proprio nel suo invito per l’unità dei cristiani “ut unum sint”.
Siamo nella Cattedrale di Manduria, in Puglia, per il matrimonio di un ragazzo italiano e una ragazza inglese di origini anglo-africane. I due si sono conosciuti durante una comune esperienza di “Medici senza Frontiere” in Africa, dove hanno prestato servizio alle popolazioni indigene falcidiate da povertà e malattie. Il loro rapporto è cresciuto fino a sfociare nell’amore, favorito anche dalla frequentazione a Londra, dove lui, ennesimo cervello italiano in fuga, è andato a studiare in una Scuola di Medicina dopo la laurea e la specializzazione in Italia (ora lavora in Galles), mentre lei nella capitale britannica ci vive (con la famiglia) e ci lavora.
Dopo qualche anno di fidanzamento, ecco il passo fondamentale del matrimonio, e la scelta ricade sulla Puglia, regione originaria dello sposo, perché di facile accesso per la più “giovane” famiglia della sposa (divisa tra Inghilterra e Giamaica). Ed oggi si corona il loro sogno, un sogno fatto di passione e complicità ma anche di integrazione e profondo rispetto fra due culture diverse e soprattutto fra due religioni sorelle ma ancora separate. E così è bellissimo ascoltare, tra la sorpresa dei partecipanti, i canti liturgici preparati dagli amici italiani nelle due lingue; emozionante vedere il padre di lei, pastore anglicano, che prima accompagna la figlia all’altare e poi “scappa” ad indossare i paramenti sacri (e più tardi sarà proprio lui a celebrare il rito matrimoniale!); stupendo ascoltare lo sposo che, in inglese, dice “I, Giuseppe, take you, Jennifer, as my wife…” e lei che, in italiano, risponde “…con la grazia di Cristo, prometto di esserti fedele sempre…”, in questa commistione di lingue che ha permeato tutta la celebrazione, dalle letture all’omelia fino addirittura al libretto. Ma il momento più toccante è forse quello della comunione: Jennifer ha chiesto ed ottenuto il permesso di prendere la comunione come il suo sposo, e un’unica processione composita si avvicina all’altare, con i cattolici che prendono il Corpo di Cristo e gli anglicani insieme che ricevono la benedizione dal sacerdote, mentre il coro intona un “Popoli tutti acclamate al Signore…” che racchiude in pieno il senso di questi segni. Si respira a pieni polmoni un’aria di unità che rende ancora più sacro e solenne il matrimonio.
E all’uscita dalla chiesa, gli sposi rispondono con delle piccole pistole ad acqua (tirate fuori da chissà dove) al “fuoco nemico” di riso e confetti, dando così il via ai festeggiamenti per una nuova vita insieme, che, viste le premesse, non potrà che essere feconda e piena di testimonianza: qui l’insegnamento di Gesù “i due saranno una sola carne” trova pieno compimento proprio nel suo invito per l’unità dei cristiani “ut unum sint”.
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Bello l'articolo! Bellissimo aver condiviso questa esperienza! :)
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