venerdì, giugno 01, 2012
La pace è diventata solo un’opzione tra le altre e non l’unica, per questo le iniziative a suo favore hanno perso di autorevolezza

di Patrizio Ricci

Pochi sparuti osservatori, disarmati, tra stuoli di folle urlanti: questo è quanto la comunità internazionale ha messo a disposizione dell’ONU per la Siria, fra l’altro con esasperante lentezza. Le forze antagoniste se li sono contesi per tutto il tempo, ognuna per avvalorare e costruire prove a proprio vantaggio. Il veto di Russia e Cina ha impedito l’intervento armato, ma i governi occidentali dimostrano che non vi hanno mai rinunciato: senza fornire alcun sostegno al fragile tentativo di Kofi Annan, l’occidente e le petrol-monarchie del golfo, insieme alla Turchia, hanno alimentato e sovvenzionato la guerriglia, politicamente ma anche materialmente con denaro, armi, equipaggiamenti.

Alle esortazioni alla moderazione dell’ONU, per tutto il tempo si sono sovrapposte impazienza, cannonate e stragi, tanto che il nunzio apostolico a Damasco Mario Zenari ha dichiarato in una recente intervista ad AsiaNews: "Onu e Paesi occidentali guardino i frutti del dialogo fra sunniti, alawiti e cristiani, non solo le cannonate, i massacri e le violenze compiuti da regime e ribelli". L’appello più volte lanciato dai patriarcati di Siria è caduto sempre nel vuoto, mentre l’embargo ha inopinatamente aggravato la situazione di un paese in guerra e con un’economia ferma, esasperandone così la situazione.

Il malcelato fastidio verso la debole iniziativa di pace ha trovato nel massacro di Hula la legittimazione al definitivo abbandono di qualsiasi iniziativa diplomatica. Prima ancora che fossero resi noti i risultati della commissione d’inchiesta, in soli due giorni sono state rotte le relazioni diplomatiche con il governo siriano, espulsi gli ambasciatori accreditati presso le principali capitali europee e di quelle di Australia, Canada e Giappone . Infine, il neo-presidente francese Hollande ha apertamente sollecitato l’intervento armato occidentale. E’ questa la sintesi di un impegno per la pace non sincero, dalle conseguenze drammatiche, che da anni si va ripetendo in diversi scenari.

Dispiace dirlo, ma in questo contesto anche l’Italia non ha mai assunto una posizione originale, coerente con la sua costituzione e con la sua vocazione di ponte tra i popoli del mediterraneo. La crisi economica alimenta la paura, la diffidenza, l’interesse personale e gli egoismi; l’instabilità rende gli stati interdipendenti, più ricattabili dal grande potere finanziario e dalle economie più forti, cosicché la politica italiana è stata del tutto assente. Il nostro paese si è limitato a sposare la mutata politica statunitense che mira a esercitare la sua egemonia ridisegnando, in maniera più consona ai propri interessi, l’Africa e il Medioriente.

L’ONU è nato a San Francisco, due mesi dopo la fine della 2^ guerra mondiale, con lo scopo di porre fine alle guerre e ad ogni altra forma di violenza. La posizione assunta negli ultimi conflitti disattende il motivo della sua fondazione: perciò è esatto dire che la risoluzione dei conflitti tramite l’autorizzazione dell’intervento armato (anche se ‘giustificato’ dalla difesa dei diritti umani e permesso da sillogismi funambolici) è in realtà un fallimento. L’osservazione delle ultime crisi mondiali in Iraq, in Kosovo, in Libia e adesso in Siria fa rilevare che la principale organizzazione mondiale per la difesa della pace e dei diritti umani si è adattata a un mondo unipolare dove prevale la supremazia militare, economica e finanziaria. Tale deriva ha un punto d’inizio preciso: la guerra in Iraq. E’ significativo ricordare che durante il discorso di Colin Powel all’ONU che giustificava l’inizio dei bombardamenti, il grande arazzo di Picasso ‘Guernica’ che campeggiava nella sala fu coperto da un telo azzurro. Il quadro mostrava le vittime del bombardamento compiuto dalla Luwtaffe a Guernica, un villaggio della Spagna, con lo scopo di piegare il popolo basco e sostenere il governo di Franco. Annunciare i bombardamenti in Iraq con quel quadro raffigurante le vittime alle spalle era imbarazzante ed il quadro fu coperto per il tempo ‘strettamente necessario’. Fu l’inizio dell’abbandono della valorizzazione e del rispetto delle realtà nazionali a favore di una idea di umanità propria dell’organizzazione da realizzare in ogni caso, tanto da soprassedere alla violazione del diritto di territorialità, dell’autodeterminazione dei popoli e dei singoli processi storici. Spesso il pronunciamento dell’ONU è stato ‘aiutato’ fornendo e creando le prove della violazione dei diritti umani, rivelatesi poi false, come nel caso dell’Iraq, del Kosovo e della Libia, che poco prima del conflitto era alla presidenza della Commissione ONU per la difesa dei diritti umani.

L’interventismo militare e la pretesa moralizzatrice sono oggi tutt’uno: l’ attività del ‘palazzo di vetro’ è indirizzata anche al di fuori delle prevenzioni dei conflitti, negli aspetti più particolari della vita umana . Senza addentrarci ulteriormente, basti sapere che ci sono organismi come l’International Planned Parenthood Federation (IPPF) che perseguono sempre più strenuamente la pratica abortista nel mondo. Le ‘linee guida’ diffuse enfatizzano il collegamento fra popolazione e sviluppo, concentrandosi sulla pianificazione familiare e il controllo demografico. Tutto questo spesso diventa addirittura il presupposto per ricevere aiuti e sovvenzioni da parte degli stati, com’è accaduto recentemente con i governi del Nicaragua, dell’Uruguay e di altri paesi del Sudamerica.

Non resta che sperare che l’Italia e i paesi europei ritrovino nella propria tradizione cristiana la propria ricchezza e i propri fondamenti senza i quali l’ONU diventa un involucro vuoto e incapace di assicurare la pace.

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