martedì, giugno 26, 2012
La Fratellanza Musulmana conquista la presidenza del più importante e sovrappopolato dei Paesi arabi

di Mariangela Laviano

Ormai è ufficiale, il nuovo presidente dell’Egitto è Muhammad Mursi, già presidente del partito islamista Libertà e Giustizia (in arabo, حزب الحرية والعدالةḤizb al-ḥurriyya wa l-ʿadāla), braccio politico del movimento religioso dei Fratelli Musulmani che, dopo averlo costituito ufficialmente il 30 aprile 2011, decisero di affidarne la segreteria a Muhammad Sa’d al-Katatni. Anche se inizialmente il movimento aveva assicurato che non si sarebbe presentato alle elezioni presidenziali egiziane per mantenere un profilo più defilato e non destare troppi allarmismi tra militari e laici, la Fratellanza è tornata sui suoi passi... e oggi possiamo dire che ci aveva visto giusto!

Ma perché tanto successo? Qual è la strategia della Fratellanza e perché sta riscuotendo grande consenso nei paesi protagonisti dell’ondata rivoluzionaria? Gli Ikhwan al-Muslimun, o Fratelli musulmani, rappresentano una delle più importanti organizzazioni islamiche nel mondo. Nati in Egitto nel 1928, per mano di Hasan al-Banna, il loro approccio all’Islam è di tipo politico, anche se professano una stretta osservanza dei precetti islamici e più in generale del “jihad”. La Fratellanza ha adottato inizialmente una strategia di tipo sociale, ma proprio questa l’ha portata poi a riappropriarsi del suo ruolo più propriamente politico. La sua carta vincente è stata il radicamento sul territorio attraverso la valorizzazione di attività sociali come l’istruzione e la sanità, rivolte a tutti indistintamente, senza tralasciare la preghiera e un’intensa attività di proselitismo svolta dai militanti porta a porta. Questa strategia è oggi condensata nel programma politico di Mursi, che si definisce il presidente di tutti gli egiziani e, nonostante la sua campagna elettorale sia stata condotta senza incertezze all’insegna dell’Islam, ha sempre cercato appoggio anche tra le fasce più liberali della popolazione, mostrando in questo modo un profilo appunto più “liberal” rispetto al partito di provenienza. Nel suo discorso da neopresidente ribadisce la sua intenzione di creare un leadership inclusiva, con uno sguardo alle minoranze religiose (tra tutti, i copti) e una volontà, almeno annunciata, di voler valorizzare la posizione della donna. Anche se rimane in sospeso un interrogativo: come coniugare queste promesse, e soprattutto i principi della rivoluzione (libertà, giustizia, democrazia e uguaglianza), con la legge islamica da tutti conosciuta come Sha’ria?

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