Le autorità cinesi hanno diffuso una nota in cui minacciano di “licenziare in tronco” quanti professano una fede o partecipano a feste e funzioni. Punizioni “severe” per i “colpevoli”. Il Dalai Lama resta una “minaccia per l’unità nazionale”, da combattere assieme alle “forze separatiste”.
Asia
News - Le autorità cinesi della Regione autonoma tibetana (Tar) hanno emesso una notifica, in cui proibiscono ai membri del partito comunista locale, ai dirigenti, ai funzionari amministrativi e persino agli studenti di partecipare ad attività religiose, fra cui la festa di Saga Dawa (il Vesak, in cui si celebra la nascita, l'illuminazione e l'abbandono della vita terrena del Buddha). La nota, rilanciata il 24 maggio scorso dal quotidiano ufficiale Tibet Daily, ed emessa dal Comitato per la disciplina, l'ispezione e il controllo dei dipartimenti del Tar, sottolinea che la partecipazione a funzioni o eventi religiosi implica "gravi violazioni alla disciplina politica e alla stabilità del lavoro" e annuncia "punizioni severe" per i colpevoli.
Nella direttiva della leadership comunista cinese viene riservata una particolare attenzione verso "alcuni membri del Partito", "dirigenti" di punta e "personale in pensione" che "credono ancora" nelle religioni, partecipano alle funzioni e varcano i confini per "assistere agli insegnamenti del Dalai Lama". Questo mostra che la "fede politica" dei dirigenti "non è forte" e "non è nemmeno chiara" l'importanza della lotta contro forze "separatiste", così come è percepito il leader spirituale dei tibetani del mondo. Il Dalai Lama, infatti, resta una "minaccia per l'unità nazionale" secondo Pechino.
La nota chiarisce inoltre che "non conta" quanto credito abbiano conquistato sino a oggi i funzionari governativi o i membri del partito nel loro lavoro, perché se sorpresi a professare una religione che "mette a rischio la stabilità" sono passibili di "licenziamento in tronco". Il Comitato del Tar auspica al contempo una maggiore sorveglianza e un rafforzamento della disciplina sui luoghi di lavoro, come emerge da una direttiva in 18 punti diffusa nel febbraio di quest'anno.
Dall'inizio del 2012 almeno 19 funzionari di alto livello - tibetani e cinesi - sono stati degradati o cacciati per non aver saputo mantenere l'ordine e la stabilità nella regione. Il Tibet, infatti, è stato teatro di numerose proteste di piazza e diversi casi di suicidi di monaci e persone comuni, che hanno voluto rivendicare con un gesto estremo il desiderio di libertà e la possibilità di professare la propria religione senza vincoli o imposizioni.
Per questo la leadership del Partito comunista e il governo di Pechino pongono con particolare attenzione l'accento sulla stabilità, l'unità nazionale, la lotta alle religioni incuranti dei sentimenti popolari e della stessa volontà di molti quadri e funzionari interni all'amministrazione.
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News - Le autorità cinesi della Regione autonoma tibetana (Tar) hanno emesso una notifica, in cui proibiscono ai membri del partito comunista locale, ai dirigenti, ai funzionari amministrativi e persino agli studenti di partecipare ad attività religiose, fra cui la festa di Saga Dawa (il Vesak, in cui si celebra la nascita, l'illuminazione e l'abbandono della vita terrena del Buddha). La nota, rilanciata il 24 maggio scorso dal quotidiano ufficiale Tibet Daily, ed emessa dal Comitato per la disciplina, l'ispezione e il controllo dei dipartimenti del Tar, sottolinea che la partecipazione a funzioni o eventi religiosi implica "gravi violazioni alla disciplina politica e alla stabilità del lavoro" e annuncia "punizioni severe" per i colpevoli.Nella direttiva della leadership comunista cinese viene riservata una particolare attenzione verso "alcuni membri del Partito", "dirigenti" di punta e "personale in pensione" che "credono ancora" nelle religioni, partecipano alle funzioni e varcano i confini per "assistere agli insegnamenti del Dalai Lama". Questo mostra che la "fede politica" dei dirigenti "non è forte" e "non è nemmeno chiara" l'importanza della lotta contro forze "separatiste", così come è percepito il leader spirituale dei tibetani del mondo. Il Dalai Lama, infatti, resta una "minaccia per l'unità nazionale" secondo Pechino.
La nota chiarisce inoltre che "non conta" quanto credito abbiano conquistato sino a oggi i funzionari governativi o i membri del partito nel loro lavoro, perché se sorpresi a professare una religione che "mette a rischio la stabilità" sono passibili di "licenziamento in tronco". Il Comitato del Tar auspica al contempo una maggiore sorveglianza e un rafforzamento della disciplina sui luoghi di lavoro, come emerge da una direttiva in 18 punti diffusa nel febbraio di quest'anno.
Dall'inizio del 2012 almeno 19 funzionari di alto livello - tibetani e cinesi - sono stati degradati o cacciati per non aver saputo mantenere l'ordine e la stabilità nella regione. Il Tibet, infatti, è stato teatro di numerose proteste di piazza e diversi casi di suicidi di monaci e persone comuni, che hanno voluto rivendicare con un gesto estremo il desiderio di libertà e la possibilità di professare la propria religione senza vincoli o imposizioni.
Per questo la leadership del Partito comunista e il governo di Pechino pongono con particolare attenzione l'accento sulla stabilità, l'unità nazionale, la lotta alle religioni incuranti dei sentimenti popolari e della stessa volontà di molti quadri e funzionari interni all'amministrazione.
di Nirmala Carvalho
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