Le rinnovabili, internet e una tecnologia che potrebbe cambiare i modi di produzione come le stampanti tridimensionali, per realizzare oggetti reali a partire da file digitali. Ecco gli ingredienti di una “terza rivoluzione industriale” imperniata su decentramento ed efficienza energetica, secondo la visione di Jeremy Rifkin.
Qualenergia - Le rinnovabili, internet e una tecnologia come quella delle stampanti tridimensionali che potrebbe cambiare i modi di produzione. Ecco gli ingredienti della “terza rivoluzione industriale”, come sostiene Jeremy Rifkin economista e guru della transizione energetica. “Le grandi rivoluzioni economiche della storia si verificano quando nuove tecnologie della comunicazione convergono con nuovi sistemi energetici”, spiega in un suo recente contributo per l'Huffington Post. “Le rivoluzioni energetiche permettono di espandere e integrare gli scambi commerciali. Le rivoluzioni della comunicazione che le accompagnano permettono di gestire le nuove complesse attività commerciali rese possibili dai flussi di energia.”
Per Rifkin, come sappiamo, le due rivoluzioni in questione sono le rinnovabili - associate a sistemi di accumulo e smart grid - e internet: la sua visone per il futuro è quella di una sorta di web dell'energia in cui milioni di piccoli produttori da rinnovabili producono e scambiano energia allo stesso modo di quel che accade per le informazioni con internet. Una internet dell'energia in cui hanno un loro ruolo gli edifici che producono energia, la smart grid e i sistemi di accumulo tra cui l'idrogeno e una mobilità a zero emissioni.
Ora però l'attenzione di Rifkin è anche per un'altra possibile svolta tecnologica che, spiega, potrà essere il terzo ingrediente della “terza rivoluzione industriale” che lo studioso da tempo profetizza. Si tratta delle stampanti 3D, tecnologia che esiste già da qualche anno ma che promette grandi sviluppi.
Queste stampanti, per chi non le conosca, permettono di creare oggetti reali in tre dimensioni a partire da file digitali. Finora sono state usate soprattutto per produrre prototipi. Tra i limiti che attualmente ne frenano la penetrazione nei processi industriali veri e propri, invece, i tempi di realizzazione dell'oggetto, molto più lunghi che nei processi industriali attuali, e i problemi a monitorare la qualità. Ma le evoluzioni in corso rendono la tecnologia molto promettente: macchinari e “inchiostro” (in realtà il più delle volte è un materiale plastico) costano sempre meno, la tipologia di materiali utilizzabili si sta ampliando (ora si possono stampare anche oggetti in titanio), le funzioni sono sempre più evolute e la qualità migliorata.
La stampa in 3D permette di ottenere strutture e forme prima inconcepibili, permette di forgiare oggetti con materiali più leggeri di quelli solitamente utilizzati, spreca pochissima materia prima ma, soprattutto, permette di produrre oggetti senza bisogno delle strutture tradizionali che devono essere presenti nelle fabbriche e nei laboratori: torni, stampi, forni, ecc.
Chiaro come una tecnologia del genere entri a pennello nella visone del futuro di Rifkin: “Mentre l'economia della terza rivoluzione industriale permette a milioni di persone di produrre la propria energia e la propria informazione, la nuova rivoluzione digitale della manifattura apre la possibilità che questo accada anche per la produzione di beni.”
“Allo stesso modo in cui internet ha ridotto radicalmente i costi del generare e disseminare informazioni, facendo nascere nuovi business come Google e Facebook, la stampa in 3D ha il potenziale di ridurre enormemente i costi di produzione dei beni fisici, permettendo l'entrata sul mercato di centinaia di migliaia di mini-produttori”. Una “democratizzazione della produzione”, spiega, possibile anche grazie alle potenzialità in termini di marketing date da internet e che – grazie alla possibilità di produrre sul luogo e on demand - darebbe anche grossi vantaggi in termini di logistica.
L'energia e la materia risparmiata con questo nuovo modo di produrre concorrerebbe a livello globale a migliorare l'efficienza, che è il vero tratto distintivo della “terza rivoluzione industriale” che da tempo predica l'economista. Tanto più se l'energia per far funzionare queste stampanti verrà dalle rinnovabili. “Dato che l'84% degli aumenti di produttività in industria e servizi è attribuibile a miglioramenti delle efficienze termodinamiche e solo il 14% al capitale investito per lavoratore, iniziamo a capire l'enorme aumento di produttività che accompagnerà la terza rivoluzione industriale”.
Una visione forse troppo ottimistica di come potranno andare le cose, ma sicuramente interessante; staremo a vedere: risparmiare materia ed energia è sicuramente l'unica strada possibile per avere un futuro.
Qualenergia - Le rinnovabili, internet e una tecnologia come quella delle stampanti tridimensionali che potrebbe cambiare i modi di produzione. Ecco gli ingredienti della “terza rivoluzione industriale”, come sostiene Jeremy Rifkin economista e guru della transizione energetica. “Le grandi rivoluzioni economiche della storia si verificano quando nuove tecnologie della comunicazione convergono con nuovi sistemi energetici”, spiega in un suo recente contributo per l'Huffington Post. “Le rivoluzioni energetiche permettono di espandere e integrare gli scambi commerciali. Le rivoluzioni della comunicazione che le accompagnano permettono di gestire le nuove complesse attività commerciali rese possibili dai flussi di energia.”Per Rifkin, come sappiamo, le due rivoluzioni in questione sono le rinnovabili - associate a sistemi di accumulo e smart grid - e internet: la sua visone per il futuro è quella di una sorta di web dell'energia in cui milioni di piccoli produttori da rinnovabili producono e scambiano energia allo stesso modo di quel che accade per le informazioni con internet. Una internet dell'energia in cui hanno un loro ruolo gli edifici che producono energia, la smart grid e i sistemi di accumulo tra cui l'idrogeno e una mobilità a zero emissioni.
Ora però l'attenzione di Rifkin è anche per un'altra possibile svolta tecnologica che, spiega, potrà essere il terzo ingrediente della “terza rivoluzione industriale” che lo studioso da tempo profetizza. Si tratta delle stampanti 3D, tecnologia che esiste già da qualche anno ma che promette grandi sviluppi.
Queste stampanti, per chi non le conosca, permettono di creare oggetti reali in tre dimensioni a partire da file digitali. Finora sono state usate soprattutto per produrre prototipi. Tra i limiti che attualmente ne frenano la penetrazione nei processi industriali veri e propri, invece, i tempi di realizzazione dell'oggetto, molto più lunghi che nei processi industriali attuali, e i problemi a monitorare la qualità. Ma le evoluzioni in corso rendono la tecnologia molto promettente: macchinari e “inchiostro” (in realtà il più delle volte è un materiale plastico) costano sempre meno, la tipologia di materiali utilizzabili si sta ampliando (ora si possono stampare anche oggetti in titanio), le funzioni sono sempre più evolute e la qualità migliorata.
La stampa in 3D permette di ottenere strutture e forme prima inconcepibili, permette di forgiare oggetti con materiali più leggeri di quelli solitamente utilizzati, spreca pochissima materia prima ma, soprattutto, permette di produrre oggetti senza bisogno delle strutture tradizionali che devono essere presenti nelle fabbriche e nei laboratori: torni, stampi, forni, ecc.
Chiaro come una tecnologia del genere entri a pennello nella visone del futuro di Rifkin: “Mentre l'economia della terza rivoluzione industriale permette a milioni di persone di produrre la propria energia e la propria informazione, la nuova rivoluzione digitale della manifattura apre la possibilità che questo accada anche per la produzione di beni.”
“Allo stesso modo in cui internet ha ridotto radicalmente i costi del generare e disseminare informazioni, facendo nascere nuovi business come Google e Facebook, la stampa in 3D ha il potenziale di ridurre enormemente i costi di produzione dei beni fisici, permettendo l'entrata sul mercato di centinaia di migliaia di mini-produttori”. Una “democratizzazione della produzione”, spiega, possibile anche grazie alle potenzialità in termini di marketing date da internet e che – grazie alla possibilità di produrre sul luogo e on demand - darebbe anche grossi vantaggi in termini di logistica.
L'energia e la materia risparmiata con questo nuovo modo di produrre concorrerebbe a livello globale a migliorare l'efficienza, che è il vero tratto distintivo della “terza rivoluzione industriale” che da tempo predica l'economista. Tanto più se l'energia per far funzionare queste stampanti verrà dalle rinnovabili. “Dato che l'84% degli aumenti di produttività in industria e servizi è attribuibile a miglioramenti delle efficienze termodinamiche e solo il 14% al capitale investito per lavoratore, iniziamo a capire l'enorme aumento di produttività che accompagnerà la terza rivoluzione industriale”.
Una visione forse troppo ottimistica di come potranno andare le cose, ma sicuramente interessante; staremo a vedere: risparmiare materia ed energia è sicuramente l'unica strada possibile per avere un futuro.
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È presente 1 commento
Stampa 3: al di là dei costi credo che una miriade di microproduttori incrementerebbe inquinamento, consumo energetico, rischi igienico-sanitari connessi ai materiali utilizzati (senza opportuni controlli) e a loro smaltimento.
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