Riflessione e drammatizzazione della Passione del Signore con una scuola cattolica inglese
Una musica eterea, quasi da film, tragica e sorprendente, invade le navate della cattedrale di Westminster e come una brezza ti passa sul volto. A piedi scalzi, con i vestiti, i turbanti e le toghe di Palestina, eccoli uscire dalla folla seduta, avanzare a passo lento, uguale e cadenzato come seguissero un funerale. Sono una ventina di piccoli attori di 10-13 anni. La scuola cattolica St. Vincent de Paul, infatti, presenta oggi la Via Crucis, mentre centinaia di occhietti osservano la scena come magicamente catturati: sono gli altri studenti, tutti in divisa blu e cravatta, come da sempre si costuma qui.
Tre giovanissimi lettori si alternano al microfono per dettare le stazioni, le preghiere, le invocazioni comuni, alla consolle musicale due bambine fanno intervenire i pezzi di musica di intervallo tra una stazione e l’altra. Musica struggente quella di Morricone, che sorprende in questo inedito contesto degli ultimi passi del Cristo.
Tutto è costruito dai bambini, mentre Kyle, un Gesù filippino serio e concentrato di 10 anni, commuove solo a vederlo vestito così. William, il piccolo cireneo, ha un bel colore cioccolata, alcune donne di Gerusalemme invece i tratti orientali, i due soldati provengono dai Caraibi, Louis, cioè Ponzio Pilato, seduto proprio sul trono del vescovo in costume rosso da procuratore romano, ha la fisionomia tipica dell’inglese. Una serietà grande, bella e contemplativa impregna l’atmosfera e accompagna questi bambini di ogni nazionalità. Potremmo chiamarla la via crucis dei migranti: le loro differenti culture sono testimonianza concreta dell’universalità di un dramma.
I testi brevi, significativi, sono stati curati dagli insegnanti, ora semplici ascoltatori. Gli adulti presenti li vedi come magnetizzati, mentre i bambini, seduti ovunque, sembrano statue. Melodie e corali palpitano di un mix di compassione, di tragedia e di pietà, mentre i sentimenti che accompagnano i passi di ogni migrante investono in pieno il Profeta di Nazaret: isolamento, odio, scherno, gesti persecutori, condanna. La via crucis di una parte della nostra società sembra, allora, interpellarci. Quando si capirà mai che la via crucis è uscita dalle nostre chiese ed è diventata realtà quotidiana nelle nostre piazze?
Così, ancora oggi l’Uomo è crocefisso. Quello misteriosamente inviato da Dio, che viene da altrove, assetato di speranza o di illusioni, che chiede umanità, che si incarna nell’altro, nel differente, in colui che soffre. “Dobbiamo imparare a valutare gli uomini più per quello che soffrono che per quello che fanno o non fanno” raccomandava Bonhoeffer. Sì, questi bambini di Westminster fanno oggi rivivere sentimenti più grandi di loro, ma la loro coscienza contrasta con l’incoscienza degli adulti delle nostra società cristiane.
“Behold the wood of the cross...” (Ecco il legno della croce) senti poi intonare per tre volte da Calder, un bambino solista al microfono: lamentevole e splendido canto che riecheggia nella cattedrale e fa venire un brivido ai presenti. È il momento della morte del Cristo. La croce, le umiliazioni vissute diventano qui storia di salvezza! Alla fine, però,“He’s alive” un musical sulla resurrezione impregnato della gioia intrattenibile della piccola Victoria (la nostra Maria Maddalena) conclude il tutto. Ed è come un canto di speranza per un domani differente e più umano. Alleluia!
Una musica eterea, quasi da film, tragica e sorprendente, invade le navate della cattedrale di Westminster e come una brezza ti passa sul volto. A piedi scalzi, con i vestiti, i turbanti e le toghe di Palestina, eccoli uscire dalla folla seduta, avanzare a passo lento, uguale e cadenzato come seguissero un funerale. Sono una ventina di piccoli attori di 10-13 anni. La scuola cattolica St. Vincent de Paul, infatti, presenta oggi la Via Crucis, mentre centinaia di occhietti osservano la scena come magicamente catturati: sono gli altri studenti, tutti in divisa blu e cravatta, come da sempre si costuma qui.
Tre giovanissimi lettori si alternano al microfono per dettare le stazioni, le preghiere, le invocazioni comuni, alla consolle musicale due bambine fanno intervenire i pezzi di musica di intervallo tra una stazione e l’altra. Musica struggente quella di Morricone, che sorprende in questo inedito contesto degli ultimi passi del Cristo.
Tutto è costruito dai bambini, mentre Kyle, un Gesù filippino serio e concentrato di 10 anni, commuove solo a vederlo vestito così. William, il piccolo cireneo, ha un bel colore cioccolata, alcune donne di Gerusalemme invece i tratti orientali, i due soldati provengono dai Caraibi, Louis, cioè Ponzio Pilato, seduto proprio sul trono del vescovo in costume rosso da procuratore romano, ha la fisionomia tipica dell’inglese. Una serietà grande, bella e contemplativa impregna l’atmosfera e accompagna questi bambini di ogni nazionalità. Potremmo chiamarla la via crucis dei migranti: le loro differenti culture sono testimonianza concreta dell’universalità di un dramma.
I testi brevi, significativi, sono stati curati dagli insegnanti, ora semplici ascoltatori. Gli adulti presenti li vedi come magnetizzati, mentre i bambini, seduti ovunque, sembrano statue. Melodie e corali palpitano di un mix di compassione, di tragedia e di pietà, mentre i sentimenti che accompagnano i passi di ogni migrante investono in pieno il Profeta di Nazaret: isolamento, odio, scherno, gesti persecutori, condanna. La via crucis di una parte della nostra società sembra, allora, interpellarci. Quando si capirà mai che la via crucis è uscita dalle nostre chiese ed è diventata realtà quotidiana nelle nostre piazze?
Così, ancora oggi l’Uomo è crocefisso. Quello misteriosamente inviato da Dio, che viene da altrove, assetato di speranza o di illusioni, che chiede umanità, che si incarna nell’altro, nel differente, in colui che soffre. “Dobbiamo imparare a valutare gli uomini più per quello che soffrono che per quello che fanno o non fanno” raccomandava Bonhoeffer. Sì, questi bambini di Westminster fanno oggi rivivere sentimenti più grandi di loro, ma la loro coscienza contrasta con l’incoscienza degli adulti delle nostra società cristiane.
“Behold the wood of the cross...” (Ecco il legno della croce) senti poi intonare per tre volte da Calder, un bambino solista al microfono: lamentevole e splendido canto che riecheggia nella cattedrale e fa venire un brivido ai presenti. È il momento della morte del Cristo. La croce, le umiliazioni vissute diventano qui storia di salvezza! Alla fine, però,“He’s alive” un musical sulla resurrezione impregnato della gioia intrattenibile della piccola Victoria (la nostra Maria Maddalena) conclude il tutto. Ed è come un canto di speranza per un domani differente e più umano. Alleluia!
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