Lettera aperta di Legambiente al ministro dell'Ambiente Corrado Clini
Gre
enReport -Egregio ministro Clini, benvenuto a Livorno e benvenuto davanti al mare toscano segnato dai tragici avvenimenti degli ultimi giorni. Questa visita le fa onore dal momento che non eravamo più abituati a incontrare un Ministro dell'Ambiente sui luoghi dei disastri ambientali. Sia che si trattasse di disastri reali, come quelli dei giorni di novembre in Lunigiana, all'Isola d'Elba, in Val di Vara e alle Cinque Terre, sia che si tratti di disastri ambientali potenziali, come quelli che minacciano il nostro mare in questi giorni. E siamo certi anche che la sua visita non sarà cerimonia e basta, ma l'occasione per riprendere finalmente in mano il bandolo di una matassa colpevolmente abbandonata per troppi anni.
Ci riferiamo alle politiche di tutela del mare per le quali da tempo non registriamo alcun avanzamento, semmai clamorosi passi indietro. Già, perché questo mare dovrebbe essere anche un mare protetto. Protetto da accordi internazionali, come quelli che hanno dato vita a Pelagos, il Santuario dei cetacei, protetto da decreti del Presidente della Repubblica, come quello che ha voluto il Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano e protetto anche da decreti del suo ministero come quello che ha istituito l'area marina protetta delle Secche delle Meloria.
Tanti provvedimenti, tante misure di protezione che non hanno impedito gli eventi di questi giorni, firmati peraltro da due fra i più grossi gruppi navali italiani. C'è una nave del gruppo Grimaldi che trasporta sostanze pericolosissime che può decidere di navigare con una mare forza 10 sfidando la sorte. E c'è una nave da crociera del gruppo Costa che può avventurarsi a poche decine di metri dalla costa, laddove sarebbe proibito navigare anche a un gozzetto. E' probabile addirittura, signor Ministro, che lo scoglio incastrato nella chiglia della Costa Concordia sia un pezzo della zona A del Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano, la zona più delicata e, di conseguenza, quella a protezione integrale.
E poi ci sono i bracconieri del mare che praticano la pesca illegale, ci sono i pirati dei giorni nostri che lavano abusivamente le cisterne in navigazione, c'è il tentativo di realizzare trivellazioni petrolifere fra le isole di Pianosa e Montecristo, e ancora chi pretende di organizzare in queste acque gare di offshore (è successo quest'estate a La Maddalena e qualche tempo fa proprio tra l'Elba e il Giglio!).
E' evidente che qualcosa non funziona, che è arrivato il momento di decidere se abbandonare il santuario Pelagos al suo destino, con una sede a Genova ancora chiusa e dodici anni di inattività alle spalle, o riprendere con determinazione la strada per una tutela attiva di questo territorio, per un rilancio delle sue aree protette e delle politiche del mare che facciano leva sulle migliori maestranze e competenze che il nostro Paese, e questa regione in particolare, possiedono.
Solo da qualche mese il suo Ministero ha ripristinato il servizio di prevenzione e intervento contro i rischi di inquinamento dopo anni di cancellazione, anni in cui ci siamo affidati alla buona sorte piuttosto che a un serio lavoro di pronto intervento. Ecco una strada interessante che consente di presidiare questi luoghi, di creare occasione di lavoro pulito per molti marittimi, ma ancora non si hanno certezze sulla copertura finanziaria del servizio per i prossimi anni.
Se i fusti tossici si dovessero aprire o se il carburante della Costa Concordia cominciasse a fuoriuscire dai serbatoi i costi connessi ai rischi per la salute dei cittadini e per l'economia turistica della zona sarebbero incalcolabili. Un paese civile non può permettersi di incrociare le dita e scommettere sulla buona sorte, ma deve individuare strade reali, indicare prospettive di sviluppo concreto e assumere scelte coerenti in questa direzione. Cogliamo la crisi di questi giorni per dare un futuro al nostro mare. Buon lavoro, signor Ministro.
Gre
enReport -Egregio ministro Clini, benvenuto a Livorno e benvenuto davanti al mare toscano segnato dai tragici avvenimenti degli ultimi giorni. Questa visita le fa onore dal momento che non eravamo più abituati a incontrare un Ministro dell'Ambiente sui luoghi dei disastri ambientali. Sia che si trattasse di disastri reali, come quelli dei giorni di novembre in Lunigiana, all'Isola d'Elba, in Val di Vara e alle Cinque Terre, sia che si tratti di disastri ambientali potenziali, come quelli che minacciano il nostro mare in questi giorni. E siamo certi anche che la sua visita non sarà cerimonia e basta, ma l'occasione per riprendere finalmente in mano il bandolo di una matassa colpevolmente abbandonata per troppi anni.Ci riferiamo alle politiche di tutela del mare per le quali da tempo non registriamo alcun avanzamento, semmai clamorosi passi indietro. Già, perché questo mare dovrebbe essere anche un mare protetto. Protetto da accordi internazionali, come quelli che hanno dato vita a Pelagos, il Santuario dei cetacei, protetto da decreti del Presidente della Repubblica, come quello che ha voluto il Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano e protetto anche da decreti del suo ministero come quello che ha istituito l'area marina protetta delle Secche delle Meloria.
Tanti provvedimenti, tante misure di protezione che non hanno impedito gli eventi di questi giorni, firmati peraltro da due fra i più grossi gruppi navali italiani. C'è una nave del gruppo Grimaldi che trasporta sostanze pericolosissime che può decidere di navigare con una mare forza 10 sfidando la sorte. E c'è una nave da crociera del gruppo Costa che può avventurarsi a poche decine di metri dalla costa, laddove sarebbe proibito navigare anche a un gozzetto. E' probabile addirittura, signor Ministro, che lo scoglio incastrato nella chiglia della Costa Concordia sia un pezzo della zona A del Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano, la zona più delicata e, di conseguenza, quella a protezione integrale.
E poi ci sono i bracconieri del mare che praticano la pesca illegale, ci sono i pirati dei giorni nostri che lavano abusivamente le cisterne in navigazione, c'è il tentativo di realizzare trivellazioni petrolifere fra le isole di Pianosa e Montecristo, e ancora chi pretende di organizzare in queste acque gare di offshore (è successo quest'estate a La Maddalena e qualche tempo fa proprio tra l'Elba e il Giglio!).
E' evidente che qualcosa non funziona, che è arrivato il momento di decidere se abbandonare il santuario Pelagos al suo destino, con una sede a Genova ancora chiusa e dodici anni di inattività alle spalle, o riprendere con determinazione la strada per una tutela attiva di questo territorio, per un rilancio delle sue aree protette e delle politiche del mare che facciano leva sulle migliori maestranze e competenze che il nostro Paese, e questa regione in particolare, possiedono.
Solo da qualche mese il suo Ministero ha ripristinato il servizio di prevenzione e intervento contro i rischi di inquinamento dopo anni di cancellazione, anni in cui ci siamo affidati alla buona sorte piuttosto che a un serio lavoro di pronto intervento. Ecco una strada interessante che consente di presidiare questi luoghi, di creare occasione di lavoro pulito per molti marittimi, ma ancora non si hanno certezze sulla copertura finanziaria del servizio per i prossimi anni.
Se i fusti tossici si dovessero aprire o se il carburante della Costa Concordia cominciasse a fuoriuscire dai serbatoi i costi connessi ai rischi per la salute dei cittadini e per l'economia turistica della zona sarebbero incalcolabili. Un paese civile non può permettersi di incrociare le dita e scommettere sulla buona sorte, ma deve individuare strade reali, indicare prospettive di sviluppo concreto e assumere scelte coerenti in questa direzione. Cogliamo la crisi di questi giorni per dare un futuro al nostro mare. Buon lavoro, signor Ministro.
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