venerdì, gennaio 27, 2012
La giornata mondiale dei migranti vissuta in un’accogliente parrocchia veneta provenendo da una metropoli, ora una prima linea dell’emigrazione dei nostri giovani italiani

di Renato Zilio

Partito dalla multiculturale e stressante Londra, dove vivo in una parrocchia italiana animata anche da una comunità di portoghesi e di filippini, sono atterrato qualche giorno fa nel bel territorio trevigiano. Mi sono trovato in una chiesa parrocchiale dal campanile slanciato accanto a un castello signorile dall'aspetto antico e dalle superbe mura merlate: Roncade. Ho celebrato allora, con don Filippo e il parroco don Valeriano, la messa della giornata mondiale dei migranti.

Ricordare in questa assemblea che qualche anno prima ero sceso in un paese vicino, a Casale, con un giovane prete brasiliano alla ricerca del documento di battesimo del bisnonno partito nel 1889 per il Brasile mi ha commosso ancora. Si era poi intestardito questo giovane a cercare in paese una casa vecchia, ma veramente vecchia, di almeno cent’anni e, contemplandola, mi ricordava come allora il bisnonno, come tantissimi altri, vendeva casa e campi e prendeva il barcone a Genova. Era quella la fede di Abramo. Di chi partendo si fida solo in Dio, avendo ormai perduto tutto. Fede antica, che continua nei migranti ancora oggi. Alla fine non mancavo di presentare il libro “Dio attende alla frontiera”, diario appassionante di tanti incontri con emigranti e “persone di frontiera”: occasione di aprire la mente e il cuore all’altro, a chi è diverso da noi.

Alla fine il gruppo missionario di S. Cipriano mi invitava in una pizzeria. Bella maniera nostrana di continuare lo slancio missionario dell’eucarestia appena celebrata. Mi trovavo attorniato così da una dozzina di donne, capitanate dalla mamma di una giovane, Marianna, emigrata recentemente a Londra per i suoi studi. Hanno letto con emozione le ultime lettere dei missionari trevigiani nel mondo e abbiamo continuato lo scambio e la preghiera missionaria. Mi domandavo a che cosa paragonare questo gruppo così attento, sensibile e motivato alle sorti del mondo, del vangelo e dei suoi testimoni. Forse, a quel piccolo seme di senape che divenne poi una grande pianta, tanto da accogliere e proteggere gli uccelli del cielo. Parabola deliziosa, che ci insegna la grandezza di cuore dei veri discepoli del vangelo. God bless you.

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