I vescovi europei e americani dell’Incontro di Coordinamento della Terra Santa si trovano oggi ad Haifa per un incontro con la comunità cattolica locale, in particolare con i sacerdoti di tradizione latina, melkita e maronita.
Radio Vaticana -Intanto, notevole eco ha suscitato l’incontro avuto ieri della delegazione dei presuli con le autorità israeliane, che ha permesso di affrontare alcune delle questioni riguardanti la presenza della Chiesa nei luoghi santi. La nostra inviata Philippa Hitchen ne ha parlato con il patriarca latino di Gerusalemme, mons. Fouad Twal:
R. – Siamo felici di avere la visita di questo Coordinamento, come ogni anno. E’ un segno di comunione con la Chiesa internazionale, è un segno di solidarietà. Siamo molto grati per il loro arrivo. Questa è la comunione che anche il Sinodo ha tanto predicato, la comunione tra tutte le Chiese del mondo. Il Santo Padre ne parla spesso.
D. – Una delle urgenze maggiori per la comunità cristiana in Terra Santa è quella delle case per le famiglie...
R. – E’ vero. Tra i nostri bisogni, i progetti delle case e delle abitazioni sono i più urgenti ed è la cosa che costa di più. Una famiglia, da sola, non avrà mai la possibilità di avere una casa e faccio di nuovo un appello a quelli che possono dare un aiuto. Non possiamo mettere tutto il progetto a carico di una persona, di una chiesa, di una diocesi… Ma se ogni diocesi si prendesse l'impegno di dotare di un appartamento una famiglia cristiana, questo sarebbe più facile e certamente daremo la possibilità a tante giovani famiglie cristiane di rimanere e di evitare la tentazione di emigrare. Ci vuole però una sensibilità chiara, un senso di responsabilità, un senso di comunione tra noi e voi, saremo molto grati.
D. - Qualcuno ha però definito la creazione di palazzi abitati solo da cristiani come una specie di ghetto. Qual è il suo pensiero?
R. – Il fatto che ci siano case per i cristiani non rappresenta un ghetto, perché anche gli altri ricevono tanti aiuti - dall’Arabia Saudita, dai loro rispettivi governi. Aiutiamo i cristiani perché ne hanno bisogno. Del resto, la Chiesa cattolica gestisce 14 ospedali nel Patriarcato e noi cattolici siamo il 2-3 per cento: non credo quindi che tutti gli ospedali lavorino con i cristiani, la maggioranza sono gli altri. E noi siamo felici di dare il nostro servizio, la nostra carità, la nostra testimonianza agli altri.
D. – Oltre ai bisogni concreti, la Terra Santa ha anche un bisogno spirituale, quello di una vera e propria integrazione tra le diverse religioni, nel segno del rispetto. Cosa manca a questo traguardo?
R. – Togliamo i muri visibili, togliamo i muri nei cuori degli uomini: i muri della paura, dell’odio, dell’ignoranza. Speriamo che un giorno questa integrazione possa arrivare. (bf)
Radio Vaticana -Intanto, notevole eco ha suscitato l’incontro avuto ieri della delegazione dei presuli con le autorità israeliane, che ha permesso di affrontare alcune delle questioni riguardanti la presenza della Chiesa nei luoghi santi. La nostra inviata Philippa Hitchen ne ha parlato con il patriarca latino di Gerusalemme, mons. Fouad Twal:R. – Siamo felici di avere la visita di questo Coordinamento, come ogni anno. E’ un segno di comunione con la Chiesa internazionale, è un segno di solidarietà. Siamo molto grati per il loro arrivo. Questa è la comunione che anche il Sinodo ha tanto predicato, la comunione tra tutte le Chiese del mondo. Il Santo Padre ne parla spesso.
D. – Una delle urgenze maggiori per la comunità cristiana in Terra Santa è quella delle case per le famiglie...
R. – E’ vero. Tra i nostri bisogni, i progetti delle case e delle abitazioni sono i più urgenti ed è la cosa che costa di più. Una famiglia, da sola, non avrà mai la possibilità di avere una casa e faccio di nuovo un appello a quelli che possono dare un aiuto. Non possiamo mettere tutto il progetto a carico di una persona, di una chiesa, di una diocesi… Ma se ogni diocesi si prendesse l'impegno di dotare di un appartamento una famiglia cristiana, questo sarebbe più facile e certamente daremo la possibilità a tante giovani famiglie cristiane di rimanere e di evitare la tentazione di emigrare. Ci vuole però una sensibilità chiara, un senso di responsabilità, un senso di comunione tra noi e voi, saremo molto grati.
D. - Qualcuno ha però definito la creazione di palazzi abitati solo da cristiani come una specie di ghetto. Qual è il suo pensiero?
R. – Il fatto che ci siano case per i cristiani non rappresenta un ghetto, perché anche gli altri ricevono tanti aiuti - dall’Arabia Saudita, dai loro rispettivi governi. Aiutiamo i cristiani perché ne hanno bisogno. Del resto, la Chiesa cattolica gestisce 14 ospedali nel Patriarcato e noi cattolici siamo il 2-3 per cento: non credo quindi che tutti gli ospedali lavorino con i cristiani, la maggioranza sono gli altri. E noi siamo felici di dare il nostro servizio, la nostra carità, la nostra testimonianza agli altri.
D. – Oltre ai bisogni concreti, la Terra Santa ha anche un bisogno spirituale, quello di una vera e propria integrazione tra le diverse religioni, nel segno del rispetto. Cosa manca a questo traguardo?
R. – Togliamo i muri visibili, togliamo i muri nei cuori degli uomini: i muri della paura, dell’odio, dell’ignoranza. Speriamo che un giorno questa integrazione possa arrivare. (bf)
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