“Macerie, timori, città fantasma, povertà”: di ritorno da un viaggio che lo ha portato a Sirte e Bani Walid, ultime due roccaforti del deposto regime di Muammar Gheddafi, padre Allan Arcebuche descrive un paese ancora spaccato tra chi ha sostenuto fino alla fine Gheddafi, pagandone gravi conseguenze, e chi si trovava dall’altra parte del fronte
Agenzia Misna - "A Sirte l’uni
ca istituzione funzionante è l’ospedale grazie anche alla presenza di personale medico straniero, in particolare dalle Filippine e da altri paesi asiatici” dice il missionario francescano che è anche responsabile dei progetti Caritas in Libia. “A Sirte come a Bani Walid manca tutto, dall’acqua alla corrente elettrica, e questo sta incidendo anche sul ritorno di chi è fuggito. Il rientro degli sfollati sta procedendo lentamente, ma anche perché molti hanno paura di essere tacciati come sostenitori di Gheddafi”.
Più disastrosa per molti versi la situazione a Bani Walid dove, continua padre Allan, “anche l’ospedale è stato seriamente danneggiato durante i combattimenti. Tawergha poi sembra una città fantasma”. A Tawergha, città da dove le truppe leali a Gheddafi portavano i loro attacchi contro Misurata, la rappresaglia degli insorti è stata particolarmente violenta. Secondo un rapporto pubblicato a novembre dall’organizzazione non governativa americana Human rights watch (Hrw) la città che prima della guerra contava 30.000 abitanti circa – in gran parte di pelle scura per motivi legati alla storia stessa della città e al fatto di essere stata in passato un centro collegato alla tratta degli schiavi – è stata abbandonata, molti abitanti uccisi, una parte della città saccheggiata. “E’ l’altra faccia del conflitto – conclude padre Allan – quella di cui si parla meno e che ha subito le conseguenze più gravi degli scontri”.
Agenzia Misna - "A Sirte l’uni
ca istituzione funzionante è l’ospedale grazie anche alla presenza di personale medico straniero, in particolare dalle Filippine e da altri paesi asiatici” dice il missionario francescano che è anche responsabile dei progetti Caritas in Libia. “A Sirte come a Bani Walid manca tutto, dall’acqua alla corrente elettrica, e questo sta incidendo anche sul ritorno di chi è fuggito. Il rientro degli sfollati sta procedendo lentamente, ma anche perché molti hanno paura di essere tacciati come sostenitori di Gheddafi”.Più disastrosa per molti versi la situazione a Bani Walid dove, continua padre Allan, “anche l’ospedale è stato seriamente danneggiato durante i combattimenti. Tawergha poi sembra una città fantasma”. A Tawergha, città da dove le truppe leali a Gheddafi portavano i loro attacchi contro Misurata, la rappresaglia degli insorti è stata particolarmente violenta. Secondo un rapporto pubblicato a novembre dall’organizzazione non governativa americana Human rights watch (Hrw) la città che prima della guerra contava 30.000 abitanti circa – in gran parte di pelle scura per motivi legati alla storia stessa della città e al fatto di essere stata in passato un centro collegato alla tratta degli schiavi – è stata abbandonata, molti abitanti uccisi, una parte della città saccheggiata. “E’ l’altra faccia del conflitto – conclude padre Allan – quella di cui si parla meno e che ha subito le conseguenze più gravi degli scontri”.
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È presente 1 commento
ma cosa mi viene a dire questo qua? a sirte e bani walid stanno ancora combattendo, per questo non torna nessuno!
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