In Spagna giornata di “riflessione” e di silenzio dei partiti, alla vigilia del voto politico anticipato di domani che, in ogni caso, chiuderà oltre sette anni di “era Zapatero”. Tuttavia, stamane a Madrid e Barcellona sono tornati in piazza i giovani indignati, invitando tutti gli elettori all’astensione come forma di protesta contro la classe politica.
Radio Vaticana - Ultimi appelli alle urne, ieri sera, per la chiusura della campagna elettorale. I due principali candidati alla presidenza del governo, Mariano Rajoy del centrodestra e il socialista Alfredo Perez Rubalcaba, hanno concluso a Madrid il loro tour elettorale. Oggi giornata di riflessione, in attesa del voto: domani quasi 36 milioni di persone dovranno scegliere 350 deputati e 208 senatori. Le elezioni si celebrano in un momento molto delicato per l’economia spagnola. I riflettori restano accesi sul paese iberico, la pressione dei mercati è pesante. Ieri mattina il differenziale fra il Bono spagnolo a 10 anni e il bund tedesco ha raggiunto quota 500 punti, per poi riassestarsi a 441. Durante tutta la campagna – e anche nelle sue ultime battute – si è parlato soprattutto di economia, deficit, debito pubblico, tagli alla spesa e lavoro, la principale preoccupazione degli spagnoli: il tasso di disoccupazione ha ormai superato il 21%. Gli ultimi sondaggi pronosticano un chiaro vantaggio del Partito popolare, che domani potrebbe ottenere la maggioranza assoluta, guadagnando terreno anche in Andalusia e in Catalogna. Per i socialisti invece potrebbe essere una durissima sconfitta.
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